mercoledì 18 gennaio 2012

Cronache catalane, parte II: letture e abbracci in una torre di vetro.


La sagoma di Sil, scura contro il sole del primo pomeriggio, ci appare inconfondibile in fondo alla strada. Davanti a lei, Judith ed Elena stanno già affrontando con aria decisa la porta girevole dell'edificio. E' una torre alta, vestita di quel vetro che non lascia spiare l'interno. Un grattacielo a cinque stelle le cui stanze danno presumibilmente la vista sul mare. Adesso, a guardarlo da qui, mi appare come una sorta di giocoso caleidoscopio: restituisce i raggi in tanti piccoli arcobaleni di riflessi colorati, perdendo tutta l'inquietante possenza che mi sembrava avere nel primo mattino.


Celine ed io acceleriamo il passo, dopo un pranzo trangugiato senza troppo entusiamo. Ho le ossa indolenzite dall'aria gelida del parco in cui ho passeggiato. Inumidite dal sudore del paseo maritimo in cui ho fatto turismo poco fa. Un'aspirina efervescente appena sciolta nel bicchiere previene gli effetti di tutti i miei starnuti. O per lo meno, vivamente ci spero.

“Ma ciao! Anche voi qui?!”

Raggiungiamo le altre nella hall di un albergo che fingiamo familiare, pur sapendo a perfezione che non potrà esserlo mai. L'orario l'ha svuotato dai clienti in partenza, lasciato intonso da chi è ancora fuori a pranzare. Resta solo la scelta tra i divani rossi e bianchi, disposti ad incrociarsi attorno a tavolini in vetro. Ordiniamo acqua e Coca Cola, per scioccarci bisbigliando dei quattro e quattro euro e cinquanta che ci vengono richiesti per ogni consumazione.

Sí, peró guarda che quell'acqua lí é proprio buona. Poi é nella bottiglietta di vetro...”
Ho capito, ma con 'sto prezzo me ne compravo tre casse intere al supermercato. Cos'hanno fatto, ci hanno tritato dentro le pepite d'oro?”



La sorseggio lentamente, come fosse un rito religioso. E nel frattempo penso a un vecchio corso seguito tempo addietro all'universitá. Non c'é che dire: qui li hanno seguiti tutti, i principi della comunicazione ambientale. Si respira relax in ogni angolo. Nella musica chill out che inonda l'ambiente a basso volume. Nella luce soffusa. Diffusa, non imposta dall'alto, dai pannelli colorati dietro al bancone del bar, dove un tizio sorride affabile anche se non ha nessuno a cui rivolgere il sorriso. Per cui, se alla comoditá dei cuscini aggiungete la digestione in corso , capirete che l'abbiocco lo schivo per un pelo. Anzi, forse non lo schivo affatto. Perché di fatto ho quasi chiuso gli occhi quando i musicisti fanno il loro ingresso dalla porta principale. Mentre gli altri chiamano l'ascensore, Iñaki ci rivolge un saluto da lontano. Qualche parola scambiata in fretta con Carlos Gamón, poi si dirige verso di noi.

“Hola! Como estáis?”

Bacini dispensati a tutte e cinque, nel momento in cui realizzo che, per la prima volta, ad aspettare Dani ci siamo soltanto noi.

“Come vi é sembrato il concerto, ieri? Si sentiva bene?”
“Benissimo, acustica perfetta!”
“Si sentiva da Dio perfino via cellulare, per cui non immagino dal vivo...”

Elena gli strappa un sorriso.
“Beh, il cellulare non fa testo! Ma tu non c'eri, ieri?”
“No, problemi di studio...solo oggi.”
“Invece voi vi fate tutte e due le sere?”, ci chiede abbracciandoci idealmente con un gesto della mano. Assenso sicuro. Occhi sgranati. E “Madre mía!!”

“...Porque esto costaba, no?”
“50 euro a biglietto”, esclamiamo tutte assieme, in tono grave.

“Caspita! Me l'avevano detto che l'affitto del Palau era caro, ma non avevo idea di quanto costasse...beh, grazie mille, davvero!”
“..comunque non é niente in confronto ai prezzi dei Red Hot Chili Peppers”, interviene Judith.
“Sei andata a vederli?”, si informa il pianista.

“Sí, qui a Barcellona. Concerto stupendo, per caritá, ma il biglietto mi é costato 101 euro tondi. Per una serata sola”
“E non eri in un posto vip, tipo poltronissima o roba del genere, immagino. Giusto?”
“Macché! Gradinate, come tutti.”
“Che esagerazione, per quel prezzo lí avrebbero dovuto come minimo offrirti anche una cena con loro, o un ingresso in camerino con catering e free drink.”

Scoppiamo tutte a ridere, un po' per sdrammatizzare. Nel frattempo, il “ping” dell'ascensore apre la porta ad una breve siesta pre-soundcheck.

“Vabbé, ciao ragazze! Io vado che poi tra un po' dobbiamo provare! Divertitevi stasera! E, allora, a dopo!”

Lo guardiamo allontanarsi, discutendo per un paio di minuti sul numero di piani che questo palazzo potrebbe mai avere. Non abbiamo molto tempo, per goderci ancora un po' la morbidezza dei cuscini. Giusto i secondi necessari a commentare l'affabilitá di Iñaki, ed inghiottire un altro sorso di acqua-pepita. Acqua con cui quasi mi strozzo non appena la voce di Elena, tirata ma tranquilla, informa che é terminata l'attesa. “E' arrivato Dani!”.

Sguardi che si girano in silenzio verso l'ingresso, indecisi sul tipo di saluto da lanciare. Decidiamo di rimanere sedute, come se niente fosse. Tanto lo sappiamo, ci speriamo, che si avvicinerá lui. E infatti.

Spalanca appena gli occhi azzurri. Espressione di divertita sorpresa, mentre la camminata svelta si dirige verso di noi.

“Hola Chicas!”

E' allora che mi alzo. “Hola”. E, raggiungendomi per prima, mi stringe in un abbraccio per cui non saprei mai trovare descrizioni. Una stretta morbida in cui mi culla un po'. Una stretta che si chiude un po' di piú attorno a me quando sto per abbandonarla. E mi trattiene ancora, per piú tempo di quanto – almeno credo – abbia fatto mai. Attorno a me la scena viene salutata da un corale “ooooh! Qué bonitoooo”, che mi arriva attutito. Che forse ho immaginato. Che non so mica chi ha pronunciato per prima.

“Gracias”, mi dice poi a voce bassa, quasi nell'orecchio, staccandosi da me.
“A ti”, dico con voce stupida e sorriso a troppi denti, mentre saluta le altre con due baci ciascuna.

Ne approfitto per estrarre dalla borsa il mio famoso libro, decidendo che il momento é ora.

“Dani, esto es para ti.”
Lo afferra, con sguardo interrogativo, iniziando piano a sfogliarne le pagine. Apre la bocca per dire qualcosa e, prima che possa farlo, lo interrompo con le mie spiegazioni.

“...Sono tutti i tuoi messaggi sul forum verde dal 2007 a quando é stato chius...”
L'entusiasmo di Elena, utente assidua di quel vecchio forum, mi coglie in contropiede.

“DAVVEROOOOO?!”
“Sí, tía, io l'ho letto ieri, é una figata, c'é tutto!”, interviene Sil.
“Oooh, io lo voglio! Dani, fammene una copia!”

“No me lo puedo creer!”
Dice allora lui, guardandomi con un'espressione in bilico tra commozione e shock. Prende a sfogliare le pagine piú avidamente, soffermandosi a leggerne qualcuna qua e lá. Guardo i suoi occhi scorrere sulle parole che ho copiato (e commentato), mentre le sue labbra si incrinano di volta in volta in un sorriso, in una smorfia o, piú semplicemente, in un atteggiamento di malinconica riflessione.

“...E poi ci sono altre sorprese qua e lá, e foto...”



Mi guarda fisso per un attimo. “Muchas gracias, de verdad”, poi torna a leggere. E a me inizia a salire un crescente senso d'inquietudine tra gambe e guance. Non c'é cosa al mondo che mi imbarazzi di piú di qualcuno che legge i miei scritti in mia presenza. Non importa che sia Dani o chiunque altro: il punto é che mi ha sempre fatto sentire dannatamente vulnerabile. Non so come spiegarlo, ma é decisamente peggio che parlare in pubblico. E' peggio di qualunque altra cosa. E' come...non lo so, come stare nuda al centro di una stanza piena di gente in smoking che ti fissa senza interruzione. E' terribile.

Cerco di far finta di niente, pur saltellando da un piede all'altro. Maschero il tutto con una parlantina di ritmo crescente, la voce mio malgrado sempre piú acuta.

“...e altre cose che, insomma, vedrai da solo. Quando lo LEGGERAI. In futuro.”

Ma sembra non cogliere. Ed io non ce la faccio piú.

“Peró non farlo giá adesso, che mi da..che mi da...non so...ufff!”
“Si imbarazza, Dani”, corre in mio soccorso Sil.
“Sí, parecchio, a dire il vero.”

Allora mi guarda, ridacchia, e chiude il libro in un tonfo. Dentro di me, sospiro di sollievo. Ma mi basta voltarmi un attimo ad afferrare la macchina fotografica per ritrovarlo con gli occhi sulle pagine. Cioé, chi é che diceva che la curiositá é donna?!

“Pero sigues leyendo?!”
Mi scappa ,in tono un po' indignato, dal profondo dell'anima.

Lo sguardo furbo che mi regala, tuttavia, sembra sufficiente a sciogliermi.

“Ah, ma praticamente sono le cose che scrivevi tu, e quelle che scrivevo io?!”
“No, no. Sono solo quelle che scrivevi tu! Magari avessi ancora le mie...quelle le ho perse!”

Nello stesso istante in cui pronuncio la frase, mi viene in mente che magari la pagina che stava leggendo era una delle poche in cui avevo riportato un nostro botta e risposta. Per cui é anche probabile che stia pensando che sono del tutto psicopatica. In effetti, lo sguardo perplesso ce l'ha. Ma, oh, insomma, chi se ne frega! In fondo mi conosce, ormai. Finanche nella mia pazzia.

Sfoglia rapidamente tutte le novanta pagine in formato a quattro, come una specie di maxi ventaglio. Poi le richiude in un tonfo.

“Beh, ho scritto un bel po', eh?!”, mi fissa sorridendo.
“...E pensa che magari mi é anche sfuggito qualcosa!”.

Il suo tono si fa serio.
“Io non credo che a te possa essere sfuggito qualcosa”.
“Infatti, proprio no”, gli danno man forte le altre. E io, per un istante, mi sento avvampare.

Judith, nel frattempo, ha preso in mano le redini della conversazione. Gli porge qualcosa da autografare, si complimenta per un programma televisivo andato in onda di recente, e - senza volerlo – dá il via a una discussione sul presentatore Cesar Millan. Ascolto interessata, senza avere molto con cui intervenire. Poi, senza soluzione di continuitá, Dani mi scuote dal mio provvisorio torpore.

“Ilaria, pero tú en qué parte de Italia vives?”
Semplifico adducendo la relativa vicinanza a Venezia, e gli strappo un'esclamazione di meraviglia.
“Venecia! Jo...qué bonito!”
“Devi venirci, lo sai”.
Sorride.
“Anche perché, a parte tutto, mi devi firmare un po' di roba: il libro, l'edizione libro di Pequeño, Arriba el telón, de Personas a Personas...tutte 'ste robe pesano, non le riesco mai a portare in valigia viaggiando con Ryan Air”

Con la coda dell'occhio, scorgo in quel momento la presenza fino ad allora muta del road manager Carlos, che sta osservando i miei deliri con aria a dir poco sconvolta. Devo fare uno sforzo sovraumano per non ridere.

“Mentre César é di Roma, giusto?”

Torno a concentrare l'attenzione su Dani, perplessa. Cesar Millán? Quello di cui stavano parlando poco fa? Ma non era messicano?

“Davvero? Non lo sapevo!”

Dentro ai suoi occhi azzurri, vedo apparire distintamente un altro paio di punti interrogativi. “Come no? Cesar, Cesare”. L'inciampo sulla pronuncia mi svela di colpo l'arcano. Sí, ma allora ditelo, peró, che il soggetto é cambiato!

“Ahhhh Cesare! Cesare Cremonini?”
Annuisce, come se fosse ovvio.
“No, lui é di Bologna”.

“Bologna. Ah.” , ripete con aria pensosa. “Comunque lui adesso sta facendo cinema, vero? Cioé, non sta facendo musica, giusto?”

“No, no, guarda che sta componendo per il disco nuovo!”
“Ah, sí?”.
Per qualche strano motivo, ho come la sensazione di dover aggiungere qualcosa.

“Ma alla fine com'é finita, allora? Collaborate? Vi siete parlati?”
“Mah, guarda...io gli ho scritto, qualche volta. Ma penso che non mi capisca.”
“Scrivigli in inglese!”

Ci pensa sú un attimo, fissandomi.

“E' che il mio inglese non é che sia particolarmente buono...mi sa che capirebbe ancora meno!”

Scoppiamo tutti a ridere. A me resta strozzata in gola la proposta di fungergli da traduttrice. Forse dovrei dirlo, e peró forse é scontato. Forse, soprattutto, sembrerebbe un modo bieco e subdolo per cercare di avvicinarmi di piú a lui. Forse, se non fossi una fan, sarebbe piú facile. O forse sono solo paranoica, che ne so.

“Beh, ragazze, vado a riposare un po'. Ci vediamo stasera”
“Possiamo farci una fotina, prima?”, chiede Elena.
“Certo!”

“Rifalla”, dice all'improvvisata fotografa quando arriva anche il mio turno, “che mi sa che ho chiuso gli occhi”.
“Sí”.



E poi, mentre ormai sto allontanandomi, mi accarezza teneramente la schiena.
“Gracias por venir”, ribadisce mentre mi volto.
Con lo stesso tono stupido di sempre,ancora non posso evitare di rispondergli “a ti”.

Proprio ieri, su twitter, Dani Martín ha chiesto a Cremonini come procede il suo disco. In inglese. Non ero neanche connessa. Peró non so spiegarvela, la mia soddisfazione.  

(to be continued...ma manca poco, lo giuro)

2 commenti:

  1. ohhhhhh...hli hai dato il libro!.-)))e poi,dai,sì che devi fare da traduttrice a quei due!..non farti sfuggire l'occasione!.-))
    besoskit

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  2. Beh, se serve, sono qui...pronta a fare la versione umana e capelluta di google translate! :P

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