martedì 4 dicembre 2012

Episodi surreali tra Venezia e Madrid.


“Ho visto cose che voi umani” eccetera. E stavolta è proprio il caso di dirlo. Sì, insomma, sono stata inseguita da un Winnie The Pooh strafatto. Passo strascinato e zampe tra i capelli, parecchio inquietante da Plaza Mayor in giù. Ho assistito a una rissa tra un bambino e SpongeBob in piena puerta del Sol. Cattivo, il bambino. Gli ha sferrato un pugno in pieno stomaco. Così, senza un perchè. Davanti alle rimostranze del pupazzo, la madre lo difendeva insistendo sul fatto che non fosse colpa sua. Eccerto. D'altronde sono rinomate le irresistibili doti provocatorie di una spugna che vive sul fondo del mar.

Mercatini di Natale in Plaza Mayor 


Dai, sembrava già tutto abbastanza surreale. Serviva mica esagerare, dico io. Chè ho dormito per un totale di tredici ore in tre notti. Due in quella appena trascorsa. Col profumo di Dani Martìn appiccicato ai capelli e i coriandoli sparsi per tutta la stanza, giusto per puntualizzare. Le ho calcolate, le ore di sonno, proprio poco fa sul boeing dell'Easy Jet. D'altronde, sarebbe stato troppo bello trovare dei vicini di posto con una vescica resistente. Murphy non l'avrebbe permesso. E prima si alza lui. E dopo si alza lei. E permesso, e mi scusi. Per l'amor del cielo, ma questi lo sanno che a Barajas i bagni ci sono?! Della serie: Keep Calm and pensa ai momenti trascorsi. Ai componenti de El Canto del Loco riuniti in una sola stanza, per esempio. Con l'intero micro-mondo che vi ruota attorno in mezzo ai palloncini. A David Summers degli Hombres G che mi fissa proprio quando non conosco le canzoni, in quella prima fila raggiunta con fin troppa facilità. 

Un video del concerto degli Hombres G di Venerdí 30 alla Sala Riviera



Oppure al Mercado de San Miguel. L'altro punto da eliminare su una lista; l'incarnazione perfetta della mia immagine di Paradiso. Con la sola differenza che in Paradiso le tapas non le pagheresti nemmeno. Pensa, magari, alla colonna sonora che un delirio di entusiasmo ti ha fatto affibbiare al viaggio. A quel Gannastyle che gioca sul cognome di un'amica. Al “ci vorrebbe Danito”, cantato sulle note di “ci vorrebbe un amico” con cui Micky mi prende vagamente in giro. Alle centoventisei volte in cui mi sono innamorata di ragazzi bellissimi con la barbetta di tre giorni. A tutti gli incontri, in definitiva. Agli abbracci e i ricordi che dalla tua mente non se ne andranno mai più. In ogni caso, comunque, Keep Calm.



Chè la Venezia che mi accoglie è cupa come il mio umore. Ha un cielo gonfio di pioggia e aspettative di acqua alta mentre a me sembra di galleggiare in un sogno. Uno di quelli assurdi, per lo più.



“Quando passa il primo autobus disponibile per Piazzale Roma?”, chiedo al ragazzo della biglietteria ACTV. Ha più o meno la mia età, eppure non riesco a non dargli del Lei. Sarà che sono di nuovo in Italia. Sarà che le distanze, qui, riusciamo ad aumentarle sempre di un bel po'. Io ho la voce impastata. Lui, l'espressione d'uno che si è appena svegliato.

“All'una e cinque del mattino”.

Lo fisso intensamente, cercando invano di dare un senso alle sue parole.

“Ma...e oggi?!”
“Oggi è già passato. All'una e cinque del mattino”.

Rimango lì impalata per altri due minuti circa. Spiazzata, del tutto. Inesorabilmente abbandonata da ogni sorta di capacità cognitiva. Se attorno ci fosse un po' più di silenzio, si avvertirebbe un rumore di ingranaggi provenire dall'interno del mio cervello. Giuro.

“Vabbè, grazie”, borbotto un po' avvilita. Soltanto mentre me ne sto già andando mi viene in mente cosa quel ragazzo potesse aver capito. Torno da lui correndo.

“Intendevo il prossimo. Il primo disponibile nel senso del prossimo, non del primo in assoluto.”
L' “Aaaah” di risposta è quasi un grido di trionfo. Il taglio del traguardo. Il “finalmente” chiuso nel mio sospiro.

Perciò sto lì. Nella mano destra, in formato rettangolare, il mio cimelio duramente conquistato. Non faccio in tempo ad assaporare la vittoria, che una donna asiatica mi si avvicina titubante. Vuole sapere come arrivare a San Marco. Sembra gentile. Spaesata ma gentile. Allora, con mio sommo stupore, faccio sfoggio di un inglese fluente. Di quello che mi scappa dalla bocca solo quando sono stanca, o ho bevuto un bel po'. Le spiego che deve prendere quest'autobus. Scendere al capolinea. Poi, salire su un traghetto. Lei si illumina di troppi grazie. Poi, con sommo orrore, la osservo chiamare i suoi compagni di viaggio mentre mi fa cenno di aspettare lì. Non che del resto possa andare chissà dove, visto che andiamo nella stessa direzione. Morale: nel giro di pochi secondi mi ritrovo attorniata da una decina di giapponesi (o cinesi, o coreani) che mi piazzano davanti ventisette cartine geografiche diverse, parlando concitati nella loro lingua. Tutti assieme. Tutti guardandomi speranzosi. Probabilmente in attesa di risposte a domande che non vedo in che modo potrei capire. I miei occhi sono già da soli una richiesta di aiuto. Riportatemi in Spagna, per Dio!

Uno spritz trangugiato assieme ad Ali in un bar caratteristico, soltanto un'ora dopo, mi stordisce del tutto prima ancora di pranzare. E sì, sono tornata. Sono qui.



Già proiettata in una delle settimane più cruciali della mia esistenza. Pronta a raccontarvi che “ho visto cose che voi umani” eccetera. Pronta, soprattutto, a condividere le Grandi Scoperte fatte in questi giorni a Madrid. Tre, fondamentali.

Tipo l'ubicazione del negozio di dischi più bello del mondo. Beh: di dischi, libri e dvd, in realtà. Ne vende di nuovi e di usati, stipati a migliaia su due piani interi di scaffali e pile. Ci sono vinili da collezionisti. 45 giri e singoli a 1 euro l'uno. Romanzi e cd a tre euro. Offerte speciali “5 euro per tre pezzi”. E simpaticissimi pupazzi dei Beatles da piazzare in salotto. Insomma: un posto in cui passare giornate intere. Un'altra immagine del Paradiso, compendio perfetto al San Miguel.

O la conferma di aver creato un fanclub coi controfiocchi. Composto da persone speciali. Persone con cui ti senti a casa sin dal primo “ciao”, anche se di persona non le avevi mai incontrate prima. Gente che ti asseconda nei tuoi deliri. Che condivide passioni e temi di conversazione. Gente con cui ridere, e gente da abbracciare. Gente di quella a cui davvero puoi dire “sono contenta di averti conosciuto”.

Ma, soprattutto, a Madrid ho scoperto che tipo di locali dovrei frequentare. Finalmente. Alla veneranda età di quasi 28 anni, ché in fondo è meglio tardi che mai. Perchè a La Sal ci siamo andate per “vedere com'era”. Curiose di scoprire cosa attiri così spesso un cantante che ammiriamo ad andarci a suonare cover dei Guns 'n'Roses. Non che avessimo poi molte aspettative. E invece.

Quando mi son decisa a guardare l'ora erano già quasi le tre. Il tempo l'avevo passato a ballare in spazi abbastanza ampi da non ritrovarsi addosso un'ascella sudata altrui. Avevo sorseggiato un gin tonic che era anche riuscito a non darmi alla testa. Cantato a squarciagola i grandi classici del rock, dai Queen ai Led Zeppelin passando per i Nirvana. E attorno – questa è la cosa migliore – neanche una ragazza con tacchi a spillo ed eccessi di glitter. Neanche un eccesso di pose, di trucco, di rifiuti ostentati e facce schifate. Niente. Solo jeans e magliette. Voglia di divertirsi. Di ascoltare buona musica live. Soprattutto, la maggioranza dei presenti era di sesso maschile. Sulla trentina. Con la barbetta di tre giorni e il sorriso divertito. Per caso vi ho già detto delle centoventisei volte in cui mi sono innamorata?

(Continua...) 

5 commenti:

  1. ahahah...bellissimo!mi hai fatto scompisciare dalle risate per molti passi...ma soprattutto..l'autista...i giapponesi....le barbette!:-))
    sei grande!bentornata
    kit!

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  2. "Riportatemi in Spagna...", mi associo! :-) keep writing

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  3. Grazie Ernesto! E Anonimo...io organizzerei un pullmino! :P

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