lunedì 30 dicembre 2013

Il solito post con i propositi.

Devo averlo letto da qualche parte. O magari, invece, l'ho solo sentito pronunciare. Il punto è che c'è questo concetto, a girarmi nella testa da un po' in qua: dice che un anno può considerarsi vissuto se ti ha portato a conoscere almeno un posto e una persona nuova. Metrica ragionevole, al momento dei bilanci. Perchè se l'utilizzo (di più: se mi ci baso) non posso non pensare a Bilbao. Ad Arezzo. All'Albufera, persino a qualche scorcio di Parigi. Alle nuove amicizie che si sono intrufolate a riempirmi di più la vita. Non contenta, ci aggiungo i re-incontri. Le Grandi Svolte di cui sono stata alternativamente spettatrice o partecipe. I concerti, ancora: mai così tanti, mai così vari. E scopro che il 2013, malgrado le scarse aspettative del suo esordio, alla fine é davvero valso la pena.


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I nuovi luoghi del mio 2013

Me lo ricordano i soliti riepiloghi: piattaforme social, apposite app, video riassuntivi che faccio ma non condivido solamente per differenziarmi un po'. Hanno ragione, nel loro mero assemblaggio di statistiche. Chè questo è stato l'anno dei cupcake. Della promozione di #Odissea. Del lavoro. Ma anche l'anno dei live. Delle passioni musicali nuove e ritrovate. Dei viaggi. Dei matrimoni. Della sensazione, al contempo spaventosa e elettrizzante, che sia giunto il momento di crescere davvero.


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I concerti del mio 2013

Ancora una volta, come é ormai tradizione, sono andata a ripescarmi i propositi di cui andavo cianciando lo scorso Gennaio. Ne ho rispettati due su sei. Non grandi cose, visto che due dei quattro rimanenti me li trascino dietro come una zavorra da tempi ormai immemori. Eppure, se penso a quel che é stato, sono soddisfatta lo stesso. E, giusto perchè va fatto, propongo con gli auguri le mie ambizioni per il 2014: anno già troppo gonfio di aspettative in virtù dei miei trent'anni, dei dischi in uscita e- soprattutto-  del suo essere pari.  

PROPOSITI PER IL 2014

1. Scrivere un nuovo libro. 
L'idea c'è, la voglia pure. Non resta che rimboccarsi le maniche. 

2. Organizzare la famosa Bella Festa per Capodanno. 
Lo dico da anni, e non lo faccio mai. Il fatto che il 31 Dicembre 2014 io compia i fatidici trenta mi fornisce, questa volta, il pretesto ideale. Ho già in mente chi invitare. Ho già ben chiaro il programma. Mi manca solo la location. Ma, se mi organizzo per tempo, potrebbe non essere un problema. 

3. Tornare a Madrid
Che diamine, ci sono rientrata una volta all'anno dal 2007 al 2012: non mi perdono la mia assenza dalla Capital per più di dodici mesi! Ad ogni modo, ho già comprato il biglietto per il concerto di Dani Martín al Palacio de Los Deportes, quindi inserirlo nei propositi sa molto di “ti piace vincere facile?!” potsi potsi popopo.

4. Cercare un modo per rendermi economicamente indipendente. 
Perché é vero che rientrare nella categoria “bamboccioni” non é quasi mai una scelta; é vero che stare a casa dei genitori comporta svariati vantaggi, ma la crisi non puó durare per sempre, né per sempre puó valermi come scusa. 

5. Pensare un po' piú a me, e un po' meno agli altri [Reprise] 
La seconda parte della frase si puó anche leggere come: fregatene degli altrui malumori, delle critiche, di ogni dubbio che non avevi e poi ti é stato infuso. Intendiamoci: inizio a credere di esserne fisicamente incapace. Peró tentar non nuoce. E, come la festa di Capodanno, questo proposito é un grande classico a cui inizio ad essere persino affezionata. 

6. Conoscere almeno un posto e una persona nuova. 
Perché quella metrica mi ha soddisfatta troppo per non utilizzarla ancora.

Ovviamente, se volete svelarmi i vostri propositi, siete i benvenuti. Tanto si sa, che sono patologicamente curiosa. 

venerdì 27 dicembre 2013

La Suerte de mi Vida [Reprise]: cronaca di un doblete, Parte II

[Continua da qui]

"Grazie". Gli dico soltanto questo.

C'è una quantità di gente mai vista, fuori dal suo hotel di Valencia. Qualcuno dev'essere stato troppo generoso nel diffondere l'informazione, e ora ragazzine munite di flash mi sgomitano tutt'attorno. 



“Ma chi c'è, i uan dairecsion?”, ci scherzerà su lui, arrivato alla millesima firma sotto lo sguardo compassionevole del suo road manager. 
Una biondina, al mio fianco, sfoggia una mise finto grunge in tartan e borchie a metà tra Camden Town e il cartone animato giapponese. E' talmente surreale che non riesco a toglierle gli occhi di dosso.  Dall'altra parte, una signora che passava per caso prende a sberle il braccio del consorte. “C'è Dani Martín”, gli urla. “Qui! Adesso! Qué fuerte!”. Il marito, in tono molto piú pacato, esprime tutto il suo disinteresse in un “CHIIII?!”
“Massí, Dani Martín, non so esattamente cosa faccia peró si vede alla tele”. 

Dopo di che, passa davanti a tutti e gli si piazza accanto per una foto. Dalla reception dell'albergo, un dipendente preoccupato ha intanto fatto arrivare sul posto due agenti della polizia. 
“In tutti questi anni non avevo mai visto una cosa del genere”, continuo a ripetere sconvolta in direzione di Alicia. “Cioé, proprio mai”. E intanto penso al reggiseno nero sul palco di Barcellona, alle tizie che la sera prima mi hanno di nuovo schiacciata a una transenna, alle iniziali scritte sulla fronte con il pennarello. La mia anfitriona valenciana, a radice di tutto ció, ha imparato la parola “bimbeminkia”. 

Non che dovessi dirgli molto altro, del resto. In fondo, l'ho giá visto il giorno prima, nell'hotel molto meno affollato di un'altra cittá. Ricordo ancora la sua comparsa, a Barcellona. C'era l'urgenza di tornare in fila prima che aprissero i cancelli. C'era l'ingorgo dell'ora di punta. E c'era stata Cris, a farci presente i massacri spazio temporali a cui Céline ed io siamo solite sottoporci per nostra stessa volontá. Era giá passato anche Iñaki, a farci notare l'opera d'arte avanguardistica del telo nero che copriva i lavori di ristrutturazione alle nostre spalle.  “E' avanguardistico anche il casino”. Risate. Un furgoncino che parte in direzione soundcheck. 

Dopo di che, da un corridoio sul fondo, era finalmente comparso lui. Col bavero del cappotto alzato fino alle guance, un paio di occhiali da sole a specchio tutt'altro che discreti e i capelli sparati tutti carichi di gel. La visione – surreale almeno quanto quella della biondina con le borchie - mi ha immediatamente suscitato un attacco di ilaritá per niente carino, che spero lui non abbia notato. Voglio dire: sono giá abbastanza convinta pensi che io mi faccia di qualche droga pesante, non serve aumentare i sospetti. Ad ogni modo, le circostanze sembrano essere dalla mia. Lui sta parlando fitto fitto con sua madre davanti al balcone di larghezza esagerata della reception; ed é soltanto dopo un po' che si gira. Appena mi vede, seminascosta da una finta orchidea - c'é da dire - scenografica, mi saluta con la mano e si avvicina. 



“Hola Ilaria!”, dice prima di stringermi in uno di quei suoi abbracci stretti a cui, malgrado tutto, non credo riusciró ad abituarmi mai. 
Mentre dispensa baci sulle guance anche alle altre, trovo finalmente il tempo di presentargli Michela. 
“Lei é un'altra tua fan italiana, e quello di stasera sará il suo primo concerto, perció...”
Non mi lascia finire. 
“Mi hai portato la pizza?”, le chiede sorridendo.  Quindi si cimenta nel gesto con la mano a papera tipo “ 'azzo vuoi” per cui siamo noti a livello planetario (e, probabilmente, anche in qualche galassia lontana). Non contento, si lancia in tutt'una serie di “bella” e “bella ragazza” che ha l'effetto indesiderato di riaccendere la mia ridarella post-occhiali-a-specchio. 

Michela la pizza non gliel'avrá portata, peró ha con sé i Baci Perugina. Nel darglieli (mentre io continuo a ridere come una cretina per i fatti miei), gli chiede molto saggiamente che ne é stato dell'annunciata uscita del suo disco in Italia. 
“Vediamo questi della Sony...” 
“Sì, cazzo, si dessero una mossa, però!”, mi sfugge con verve inversamente proporzionale all'inedita finezza da camionista. Per tutta risposta, lui mi regala un “uffff” che sa molto di solidarietà,  abbastanza di “hai voglia!” e anche – a dirla tutta- un po' di “ufff”e basta. 

Sentendomi affiancata nella mia battaglia, apro la bocca per lanciarmi in un soliloquio che avrebbe previsto, nella mia testa, una concatenazione di ragioni indignate per cui alla filiale italiana della casa discografica forse quel progetto non sta a cuore quanto a me. Sto per parlargli di come ormai quell'etichetta in concreto sia legata ai Talent. Di come i proventi sicuri, annuali, senza rischio del solo X Factor le permettano di stare in panciolle rinunciando ai rischi di investimenti ulteriori. Di come, tutto sommato, il cantautorato iberico sia ancora un'incognita. Dei vecchi tempi. Del marketing. Del buco nell'Ozono. 

Poi, però, un lume di saggezza mi invade. A infonderlo, fattori molteplici e concomitanti quali: 
A) La consapevolezza che magari, proprio magari, non è il caso di infamare la casa discografica che lo distribuisce. Distribuirebbe. Disitribuirà. A tal proposito, Sony Ti Vi Ti Bi. Sony io e te tre metri sopra il cielo. Sony sei the reason of my life. Eccetera. 

B) Il fatto che, tutto sommato, il palcoscenico di Xfactor potrebbe giocare a mio favore. Voglio dire, potrebbe garantirgli una vetrina in qualità di ospite. E a me, purchè lo vedano, andrà bene. Anzi, per essere chiari a me andrà bene tutto, sempre che non lo facciano duettare con Gigi D'Alessio (in quel caso, mi ritiro in un monastero tibetano e/o mi metto a seguire qualche gruppo indie).

C) L'espressione impaziente della sua assistente, che mentre parliamo gli si è piazzata alle spalle in modalità gufo guardando l'orologio con faccia tirata. Mi sembra anche di vederla saltellare da un piede all'altro. 

Fuori, l'ingorgo dell'ora di punta minaccia ritardi che nessuno di noi si può permettere, ora. 

Infatti. Io chiudo la bocca. Lui “chicas, lo siento, me tengo que ir”. 
Nel dirmi “a dopo, spero che vi divertiate”, mi accarezza i capelli: un altro dei suoi soliti gesti di tenerezza in momenti inattesi. Un'altra cosa a cui non mi abituerò mai. 

Quindi, niente: anche se non ci fosse stata tutta questa calca di ormoni con le gambe, a Valencia non mi sarebbe rimasto da dirgli granchè. 
“Un beso, Ilaria” , si fa largo tra la folla. 
“Gracias”, e sono ancora stretta nel suo abbraccio. 
“A vosotras”. 

Poco dopo, mentre chiacchiero in disparte con Alicia, Céline gli chiede qualcosa che ha a che fare con “una foto” e il mio nome. Siccome mi indica, deduco stia mettendo in atto quanto mi aveva anticipato poco fa: il progetto di uno scatto che ci ritragga entrambe assieme a lui. 
Solo che, mentre mi giro, lui sta rispondendo: “no”. 
Ora: vista la sua espressione serissima e la vena da simpatico umorista che esterna di tanto in tanto, secondo me é una battuta. Voglio dire: lei gli avrá chiesto “possiamo farci una foto” e lui ha risposto “no” per scherzo, come a intendere “ti sembra una domanda?”; come ad alludere al fatto che sta posando per i flash di chiunque passi nel giro di un kilometro. Come a... 
Insomma, scoppio a ridere, punto. 

“Aahhahahah no?! Ahahahah!”
Con orrore, scorgo il suo sguardo tra il preoccupato e l'interrogativo oltre ai soliti occhiali a specchio (sono anche pieni di ditate sulle lenti, per dire). 
“No, nel senso che non mi disturbate”, scandisce lento. “Lei mi ha chiesto se mi disturbate...no, é ovvio che non mi disturbate per niente!”. 
Tre secondi di silenzio. 
“Ah. Cioé...Graz...cioé...la foto, va!!”
Dopo di che, scoppio a ridere di nuovo. 
Droghe pesanti. Ormai, che io ne faccia uso, dev'esserne convinto davvero. 



giovedì 26 dicembre 2013

La Suerte de mi Vida [Reprise]: cronaca di un "doblete", Parte I

Avvertenza: post pubblicato in differita.

C'è un che di imperscrutabile, nella musica dal vivo. Come una sorta di scintilla che, nei giorni fortunati, si accende tra il pubblico e il performer. Potrei provare a descriverla per giorni. Riempirci fogli a quadretti o cartelle di word. Cercare di capire da dove viene, come si crea, che cos'è. Ma la verità è che non ci riuscirei. E' stato questo a rendere il concerto di Valencia migliore di quello di Barcellona. Non la dedica, non le emozioni aggiunte di una tappa conclusiva. Solo quello che i flamenchi definirebbero "duende"; l'essenza irrazionale che ha connesso i cuori. Solo le facce accese, sin dal primo accordo, di una gioia pura. Barcellona è stato un compito svolto in maniera impeccabile. Valencia, lo stesso show dopo iniezione d'anima. 




Chè poi, parliamoci chiaro: l'età per un doblete, ormai, non ce l'ho più. Non per viverlo così, almeno. Troppe poche ore di sonno. Troppe ore di fila. Troppi mezzi di trasporto per non svegliarsi nel cuore della notte con l'ansia di non capire in che città ti trovi. 
Oggi, seduta su di un regionale veloce diretto a Venezia Mestre, i postumi li sento tutti insieme. Ho il sedere appiattito dall'asfalto, lo stomaco sconvolto da alimentazioni indegne e irregolari, il retro-coscia provato dalle corse alle transenne. E ancora gli occhi che si chiudono da soli; il mal di collo da prima fila; la concentrazione in fuga perenne, in bilico tra sogni disconnessi fatti con la testa appoggiata a un finestrino. "Chi me lo fa fare?" lo penso ogni volta che imposto la sveglia, e il dannato countdown del vecchio Nokia segna irremovibile numeri inferiori al sei. 
"Chi me lo fare?", quando il diluvio universale sceglie di abbattersi fuori dal Palau Sant Jordi. E non c'è una tettoia dove ripararsi, un k-way giallo sotto cui rifugiarsi, un barbone qualsiasi a cui rubare un cartone. 
"Chi me lo fa fare?", ché sono così stanca da vagare per un'ora attorno a Plaza Tetúan: due metri circa  da uno degli hotel piú belli in cui io abbia alloggiato in tour. Certificato di Eccellenza Tripadvisor. Un hotel che - chissá come - non riesco piú a ritrovare. E la piantina si piega al contrario. Le indicazioni dei passanti scivolano via dai miei ricordi. La frustrazione si sfoga in fastidio ogni volta che un cartello rivendica indipendenza a strisce rosse e gialle verticali. Mannaggia ai catalani. Dove accidenti sono? 
"Chi me lo fa fare?",  mentre corro come una dannata per i corridoi lunghi e bianchi del metro Passeig de Gracia. I tempi sono stretti. Il mio quartiere preferito della cittá vive sopra alla testa, ma non lo riesco a vedere. 
"Chi me lo fa fare?", quando inseguo un atrio a quattro stelle solo per un abbraccio di arrivederci. Lo raggiungo alle nove del mattino. E chi me lo dará sceglie piú saggiamente di dormire. 
La risposta, chissá come, arriva sempre. La trovo in quella scintilla. Nei suoi gesti d'affetto. Nel senso di vuoto che mi prende, improvviso, mentre il punto e a capo di quell'ultimo "grazie" mi riproietta nella realtá. 
"Come siamo zitte, ora..."
"E' che...é finito", e prima ancora di iniziare.
Poi, la malinconia al reparto libri del Corte Inglés. L'urgenza fisica di comprare un altro biglietto. La sensazione - stavolta ancora piú intensa che a Bilbao- di essere tornata a casa mia. Sapete: c'é un rapper spagnolo, invitato da Dani Martin a cantare "Beatles y Stones" a Barcellona. Rayden, si chiama. Ecco: lui dice che la casa sono le persone. Di quanto abbia ragione mi accorgo in circostanze come quelle del fine settimana trascorso, soppesando amicizie lunghe anni che senza la musica non sarebbero nate mai. Godendomi i sorrisi, i volti famigliari di chi mi conosce e mi saluta. Riempiendo di riflessioni esistenzialiste il fatto che le "nuove leve" dicono di aver presente la mia faccia. O il mio nome, magari. Io ci scherzo: "sono famosa, aiuto". Ma forse il punto é che sto qui da troppi anni per potermene andare. 
Forse appartengo a questo. Ci sono condannata. E posso odiare le ragazzine isteriche, ridere del reggiseno nero che piove sul palco della prima delle due date (oddio, da quanti anni non assistevo ad un concerto in cui lanciano reggiseni?!?), nausearmi per le rivalitá tra gruppi e i climi di invidia. Posso, sí, persino desiderare di piú. Perché desiderare di piú fa parte dell'essenza umana; e gli occhi guardano sempre a chi non sei. Eppure, mentre passo il tempo a chiedermi perché non sia ancora tra quelle che vengono invitate nel backstage; mentre mi sento "inferiore" perché non ho suoi commenti alle foto di instagram; qualcuno - dall'esterno- invidia me. 
"Hai tutto", mi dicono. Raccontano a mariti ed amici, come fosse qualcosa di strano, che Dani - "ti giuro!"- ogni volta che si avvicina le fa l'occhiolino, la guarda, le sorride.


Si stupiscono del fatto che sia sempre lui a salutarmi e raggiungermi quando lo vedo nelle hall di qualche hotel. "Per i comuni mortali é il contrario", mi fanno presente. E, mentre arrossisco, mi rendo conto d'un tratto di quanto io dia ormai per scontato qualcosa che un tempo mi sembrava irraggiungibile. Ma, anziché gioirne, passo il tempo ad aspettarmi di piú. Come una vera stronza. Una stronzissima ingrata. 
Nel 2009, dal palco di Roses, una versione di Dani Martín con l'apparecchio ai denti e senza gel, chiedeva per la prima volta un applauso a "una RAGAZZA che é venuta dall'Italia". Ora, a Valencia, ultima tappa del tour 2013, l'ovazione a cui incita é per una "DONNA" che si chiama Ilaria. Scherzo sulle parole, che a pochi giorni dal mio ventinovesimo compleanno mi cadono in testa come macigni. "La prossima volta dirá SEÑORA, poi ABUELA". Peró, nel profondo, penso che dietro a quei vocaboli ci sia molto di piú.  Dani Martín ha ragione, in fondo: io, sotto a quel palco, ci sono cresciuta. 




Poi partono gli accordi de La suerte de mi vida. Perché ci sono canzoni che ti imprigionano.  Parole che ti segnano per sempre. E il nodo nella gola non si scioglie in pianto per pura divina bontá. 
Ecco chi me lo fa fare.
[to be continued]

mercoledì 18 dicembre 2013

Città come esseri vivi (destinazione: Barcellona- Valencia)


Da filoispanica mi sento alquanto in colpa per i pensieri di una settimana fa. No, aspetta, forse era meno. 
Ero arrivata a dire - e intendo dire ad alta voce, rendere pubblico alla micro comunità della mia famiglia, conservarlo tramite memorie d'altri - che non sarei più voluta partire. 
"Se non fossero coinvolte altre persone", vaneggiavo; se non sentissi così forte il senso della responsabilità, probabilmente avrei annullato il volo. 



Me ne pentirei, ora. 



Eppure l'avrei fatto, presa com'ero da una frustrazione inedita. Pulsante. In grado di farmi piangere lacrime d'impotenza. Perchè per quanto anticipassi la sveglia, il tempo non bastava mai. Comunque. 
C'erano regali da comprare e da incartare. Ricette da cercare. Articoli da scrivere. 
E ancora video da montare, persone da contattare, idee per decorazioni creative. 

O forse lo stress pre-natalizio non c'entrava proprio nulla, invece. 
Magari era per quel senso di inquietudine, quella sorta di timore reverenziale che mi mette sempre addosso Barcellona. 

Ho un rapporto d'amore e odio, con quella città. Ce l'ho da anni, certo non è un mistero. 
La penso come un essere vivo. Un essere un po' snob, parecchio stronzo. Eppure bello, bello da morire. Uno che un giorno ti dà la Luna, e il giorno dopo ti manda a fanculo. 

Barcellona è l'aeroporto de El Prat, l'unico in cui - chissà perchè- mi perdo sempre. Ma è anche una chiacchierata in spiaggia, le cene con gli amici, il footing al Parc Guell. 


É Il furto del mio portafogli. Le ore passate in una centrale sperduta dei Mossos d'Esquadra. Le telefonate alla banca. I morsi d'angoscia sul treno de cercanías. 

É il piú bello dei miei sorrisi. Il piú lungo degli abbracci. Una carezza sulla schiena. 


É la tempesta di neve che dirotta l'aereo. Il freddo glaciale sullo spiazzo del Sant Jordi. La fine di un'era.
Ma anche un concerto al Palau de La Música. I reincontri con gli amici. L'arte. Le facce nuove. 

É la prima cittá della Spagna Continentale che io abbia mai visitato, e la meno spagnola che abbia mai visto. Una di quelle a cui piú ricordi ho legato, e una di quelle che meno sento mia.

Comunque ci torno, e ne sono felice. 

Oltre a lei, mi aspetta Valencia.
Ho una valigia piena di regali. Due biglietti per concerti. L'immagine di una paella nella testa, e tutto il relax delle cose ormai fatte a mettermi finalmente voglia di partire.
Sono tornata me stessa. E ci si rilegge dopo Natale. 

domenica 15 dicembre 2013

Italo-Spagnola Awards 2013!

Sono in ritardo su tutto. Potevo non esserlo con gli Italo-Spagnola Awards?  
Avrei dovuto indirli il dieci o l'undici, in onore al pretesto che mi ha spinto a crearli. Ma sono anche sempre stata una fervida sostenitrice del "meglio tardi che mai". Quindi, eccoci qui. Per chi mi segue da poco, i premi sono nati l'anno scorso, per celebrare l'anniversario del mio trasloco su blogspot. E anche un po' perchè un web contest, sotto Natale, non lo si nega a nessuno. 





Lo scopo principale - visto che non si vince nulla, se non la gloria e una targhetta handmade anche bruttina- è far conoscere agli utenti alcune tra le principali realtà italo-spagnole presenti sul web. A tal proposito, devo ribadire che non sono Wonder Woman. Sì, insomma: tutte non le posso conoscere. Per le nomination mi sono basata essenzialmente sulle mie ricerche online e sulle segnalazioni che mi sono arrivate, sia in pubblico che in privato, sulla pagina Facebook. Ci saranno dei Grandi Assenti. Delle dimenticanze. Delle ingiustizie, magari. Posso solo discolparmi dichiarandomi mossa dalle migliori intenzioni. E chiedere venia in ginocchio sui ceci col capo cosparso di cenere. 

Tra l'altro  mi sono appena accorta di aver dimenticato d'inserire un brano a me molto caro nella categoria "miglior brano italo-spagnolo dell'anno"; il che è abbastanza sintomatico della mia umana limitatezza. Voglio dire: ci avevo persino dedicato un post, a "Non è facile" de La Pegatina! Eppure. 

Per il resto, le categorie sono in tutto 15, di cui solo le ultime 5 sono relative ai contenuti di questo blog. Il criterio di selezione delle nomination, in questo caso, si è basato sui miei post più letti per ciascuna tematica. 

La vera novità, comunque, resta relativa alle categorie extra-blog: come noterete, sono aumentate e si sono arricchite in modo parallelo alla crescita di siti, blog, account twitter e pagine Facebook dedicate al mondo italo-spagnolo. Ad esempio,  il premio al "miglior hashtag italo-spagnolo su Twitter" è sparito per lasciare posto al "Miglior brand su Twitter", mentre è stata inclusa la possibilità di scegliere un personaggio tecnicamente non italo-spagnolo che però potrebbe meritarsi questa dicitura in virtù di alcuni avvenimenti accaduti quest'anno. 

Ho cercato di dare spazio a tutti, cercando di evitare che una stessa persona, azienda o ente apparisse nominata in troppe categorie. Per includere ciascuna di esse in un settore specifico mi sono, quindi, basata sulla piattaforma (website, blog, Twitter o Facebook) in cui, a mio modo di vedere, da il meglio di sè. 

Ma mi sono già dilungata fin troppo. Per votare basta cliccare qui, e selezionare la vostra opzione preferita in ciascuna categoria. Al termine, cliccate su "next page", in basso a destra et...voilà! Al termine vi apparirà, probabilmente, una finestra in cui verrete invitati in inglese ad inserire nome ed e-mail per iscrivervi al sito di sondaggi che ho utilizzato: non è necessario che lo facciate; il vostro voto, a quel punto, sarà già stato conteggiato. 

E' intuitivo, gratis, e ci si mette non più di cinque minuti. Potete farlo da ora fino al 15 Gennaio. E, se lo volete, qui potete ritrovare i vincitori dell'anno scorso. 
Vi aspetto numerosi! 

giovedì 12 dicembre 2013

...E poi ti trovi ad Arezzo.

C'è del surreale, nel mio primo approccio con Arezzo. Non c'entra il tentativo emulatorio del cielo:  Ricalca l'azzurro della primavera inoltrata, lui. Ci prova, quantomeno. Bello, bellissimo. Anche coi guanti addosso e le occhiaie pronunciate di una notte passata a guardare l'orologio. 



Nei 15 minuti di cammino dalla stazione all'hotel incappo nell'ordine in: 4 persone che parlano da sole, un vecchio col codino da rocker mai arreso che sbraita qualcosa di incomprensibile a proposito di un portafoglio perso e un receptionist troppo entusiasta. 

“Vi stavo aspettando! Ecco la chiave della vostra stanza!”
Saluta me e Marta da dietro il bancone. Mi sembra di vederlo allargare le braccia, oltre allo strato di vapore condensato che mi si è appena formato sulle lenti degli occhiali. 
Il rocker, nel frattempo, ci insulta con voce rauca. 
“Era sul marciapiedi qui fuori! Cazzo, potevate dirmelo, che era sul marciapiedi qui fuori!”
“Io, veramente, non ho visto niente.”
“Ahahah! Scherzavo, scherzavo. Ahahahah! Non dicevo mica sul seri..hic! Sul serio!”
Dopo di che, mi sembra di tradurre il suo avanzato grado di alcolismo in un invito biascicato a seguirlo nella sua camera. E mentre il receptionist tintinna una targhetta con su scritto “3” cerco di incrociare lo sguardo della mia compagna di avventura. Non ci riesco, ovviamente. Il vapore mica se n'è ancora andato! Tuttavia, credo che “dove diavolo siamo capitate?” se lo stia chiedendo pure lei. 

“Le altre due ragazze sono già arrivate?”, riesco a domandare all'omino che, abbandonata la sua postazione, sta già per aiutarci a trasportare le valige. 
Si blocca di colpo. 
“QUALI altre due ragazze?!”
Lo prendo come un no. 
“Sì, abbiamo prenotato una quadrupla”, gli spiega Marta. 
“Ahhhh, ma quindi voi non siete [inserire Cognome a caso]?!”
“Veramente, no.”
Requisisce le chiavi che avevo appena afferrato. 
“Mannaggia, stavo per darvi la stanza sbagliata!”

Ormai le lenti mi hanno ridonato una visibilità sufficiente. Lo sguardo che mi esce è a metà tra “andiamo bene” e “sto morendo dal ridere”. 

Weekend dell'otto dicembre. Ponte raccontato in un presente differito. E almeno due motivi per una destinazione: L'interesse appassionato-accademico di Angela nei confronti di Cimabue, innanzitutto. Poi, magari più inconsciamente, le origini di chi ci ha fatte conoscere. Chè per un attimo ci penso, a quanto ormai sia fregata. Nello specifico, la consapevolezza mi arriva in bagno, tra un sms e l'altro per decidere se, dove e quando pranzare.  Sì, insomma: se inizi a costruire delle amicizie sulle basi di una manciata di canzoni, sai che quelle canzoni ormai ti sono entrate a fondo nella vita. Non puoi più scappare. Strapparle via. Forse non puoi neanche più essere obiettiva nei confronti di chi le ha composte. E' la linea di confine tra ammirare ed essere fan. Perchè se vai ad un concerto lo fai perchè ti piace. Se vai a molti, lo fai anche un po' per reincontrare persone. Noi già facciamo piani, in realtà. Piani attorno a qualcuno di cui un tempo non volevo neanche commentare i post su facebook. “Mantieni le distanze, Ilaria; per una volta mantieni le distanze”. Qualcuno che – come ogni dannatissimo essere umano – può deludere. Eppure ti ritrovi a sperare di no; perchè non si parla più solo di un disco, ormai. Assurdo. A tratti inconcepibile. Anche difficile spiegarlo, a dire il vero. Specie se penso a quelle sensazioni. 

Io mi sentivo identificata in “Siamo Morti a Vent'anni”. Un solo brano. Tre minuti. E tutto è cambiato. Ero io, in quel momento, piú per le atmosfere che per la storia in sé. Ma il tempo, poi, ha smorzato tutto. Io, quelle cose, non le sento più così. 



E allora che cos'è la musica, se non un incontro col Destino? Se quel brano fosse uscito oggi, io avrei pensato “bella canzone”. Punto. Avrei comprato il disco, mi sarebbe piaciuto, ma non sarei fan del Cile. Non conoscerei le altre tre protagoniste di questa piccola storia. E soprattutto, non starei a raccontarvi di un weekend ad Arezzo che è entrato a buon diritto nella lista dei meglio riusciti.
Ne condividiamo, di cose, noi della famosa quadrupla. Le velleità scrittorie. L'amore per l'arte. La tendenza a preferire chi scrive i suoi brani rispetto a chi ne canta di altrui. Ne parliamo davanti a due litri di birra artigianale, o ad una delle crepes più buone che io abbia mai mangiato. Marmellata di fichi e mandorle, che ve lo dico a fare? Ne conveniamo- e in fondo basta questo-  tra l'indignazione per gli onnipresenti di Radio Italia o le E troppo aperte di certi rapper milanesi. Per non parlare delle pillole di saggezza delle Zia Angie, con cui non posso certo sperare di competere. 

Piuttosto, sarà un aforismo a proiettarmi in memorie a posteriori. Mi pesa ancora nei polpacci, tra ciottoli anti-tacco e pendenze medievali. 
“In fondo la salita è solo un altro modo per guardare la discesa”
Lo dicevo mentre arrancavo il mio scarso allenamento verso il Duomo. Poco prima, l'improvviso miraggio di un matrimonio con la percentuale più alta di invitati giovani ed avvenenti che si sia mai vista in circolazione. “Devono aver fatto un casting”. Il perchè degli occhiali da sole in piena sera, ad ogni modo, resta ancora da chiarire.

“Twittala  'sta frase, se la vede Lorenzo potrebbe metterla in una canzone”. 
“E' già online da un pezzo...con chi credete di avere a che fare?”
Risate.

E poi lo shopping frettoloso imitando Carla Gozzi. I reggiseni improbabili di Tezenis. L'amaro offertoci da un certo Giacomo che (a questo punto, devono essere gli ormoni) si guadagna lo status di “uomo della Gita” all'unanimità. 

L'incantevole scritta natalizia “Aggiornare Google Chrome” danza multicolor sulla facciata di una chiesa. Attorno, donne impellicciate si contendono il Sabato pomeriggio con ragazze griffate dalla testa ai piedi. Mi ricorda Parma, questa città. Per l'eleganza di chi la popola. Per il suo essere raccolta, come un paesino un po' troppo cresciuto. E poi per quell'incapacità di apprezzare se stessa, che pare connaturata negli abitanti proprio come nella città emiliana in cui studiavo. 

“Cosa ci siete venute a fare, qui? Non c'è niente”
Io, invece, ci vedo dei negozi splendidamente curati. Un sacco di gallerie d'arte. Tanti piccoli angolini da scoprire. 
“Tanto Arezzo è morta, di sera”. 
E a me sembra affollatissima, dentro e fuori dai locali. 
“Noi aretini siamo freddi e chiusi”
Con me, personalmente, mi sono parsi tutti gentili.

Ci ripenso adesso, ad una settimana di distanza. Mi tornano in mente scene pseudo-apocalittiche, come la scarpinata per salite impervie e buie quando sarebbe bastato girare l'angolo per arrivare a destinazione. Oppure la vista pre- tramonto dal Parco “al Prato”, col panorama da stereotipo toscano che ti fa pensare in automatico ai turisti anglo-americani. 



“Che bella la Natura, la tranquillità, la pace, la...”
“...Pensa a quanta gente si sarà suicidata buttandosi da qui”. 

Mi torna in mente, soprattutto, il silenzio affranto del ritorno. Quella malinconia comune, palpabile, che ti prende inevitabile dopo che sei stata bene. Guidava i passi del ritorno, con il cielo sempre più rosso giù dalla discesa. Sarebbe bastato un brano strumentale in crescendo. Poi, sarebbe diventato un film. 

“Scusate, mi sono persa nei pensieri”.

Ripenso ad Arezzo. Alla Musica. Al Destino. 
“Fate buon viaggio”, diceva l'omino della reception, dietro ai miei occhiali guarda caso di nuovo appannati. Devo averlo già detto, ma lo ripeto volentieri: quelle distanze, poi, sono contenta di non averle mantenute. 

venerdì 6 dicembre 2013

Idee per un Natale filo-ispanico

Ebbene sì, gente. E' ormai tempo di Mercatini. Di nasi congelati. Di odore di Vin Brulé. Tempo di soundtrack del Titanic suonata live dai peruviani, evidentemente troppo pigri per cambiare repertorio entro il prossimo millennio. Celine Dion, ne sono certa, si paga l'affitto grazie a loro. Anzi, ormai l'avranno fatta cittadina onoraria di Lima. Tra l'altro ottima per tagliarsi le vene, volendo rimarcare il mood della canzone. Comunque.
E' anche tempo di pronostici su chi andrá a Sanremo. Di web contest d'ogni genere e specie (a tal proposito, in attesa dei miei, segnalo questi di Onstage Magazine). Di addobbi. Ecco, soprattutto di addobbi. Di quelli che illuminano gli spazi pubblici con alberi sempre troppo piccoli, troppo grandi, troppo moderni, troppo boh. Di quelli che adornano i balconi privati a intermittenze folli, cromaticamente sconnesse, entusiaste o eleganti spesso in modo incompatibile. Babbi Natale che si arrampicano. Oltraggio all'estetica. Pura ode al kitsh. E nonostante tutto... Dio, quanto mi piace il Natale!

Se siete come me, e volete viverlo da veri filo-ispanici, forse posso suggerirvi qualche idea. Per esempio: 

ALBERO

Ci sono molti modi per decorarlo in onore della vostra amata Penisola Iberica. Se non vi sentite poi così creativi, potete cercare di acquistare in giro per il web delle decorazioni patriottiche che richiamino la bandiera spagnola, o più semplicemente rievocarne i colori alternando il giallo e il rosso nelle luci e nelle palline.


Se poi amate il folklore e non avete paura dei surplus decorativi, ci sono anche quelle che ricordano  il tradizionale Traje de luces dei toreri. 


Per chi preferisce il tocco personale, un'idea carina da copiare potrebbe essere quella di appendere all'albero i souvenir dei vostri viaggi in Spagna: dalla scarpina flamenca presa a Jerez alle palle di vetro della Sagrada Familia con la neve (ecco, magari se avete dei gatti evitate) passando per il portachiavi del Real Madrid. 



Ma la soluzione in assoluto più originale, se vi piace il fai da te, è quella di rivestire delle normalissime palline monocromatiche con le mappe delle città spagnole che avete visitato per un effetto sobrio e al contempo personalissimo con cui stupire tutti i vostri amici. 



PRESEPE 

Se lo fate, non dimenticate di nascondere da qualche parte un Caganer! La figurina, rappresentata nell'atto di espletare proprio quel bisogno primario a cui state pensando dal momento in cui ne avete letto il nome, è di tradizione catalana. Può essere anonima o ritrarre personaggi famosi, ma l'importante è che ci sia: si dice porti fortuna. E sono abbastanza certa che si possa ordinare online. 

MUSICA 

Basta con il solito Jingle Bells! Quest'anno, allietate il cenone della vigilia con autentici villancicos (canti di Natale) flamenchi! Basta navigare un po' sul sito della Fnac per trovarne in quantità considerevoli. E, se proprio non volete spendere, rimane pur sempre Spotify!

DOLCE 

Perchè non affiancare al panettone un bel torrone fatto in casa? In Spagna è il dolce natalizio per eccellenza, e qui trovate una ricetta che potrebbe fare al caso vostro.
Ottimi anche i Polvorones, di origine andalusa. E per il 6 Gennaio non dimenticate il Roscón de Reyes! 

Se poi la nostalgia della terra del cuore vi cogliesse pure a Capodanno, niente paura! Basta sintonizzare TVE Internacional e mangiarsi i 12 chicchi d'uva allo scoccare della mezzanotte alla Puerta del Sol. Un'idea elegante ed originale per presentarli ai vostri ospiti arriva da Pinterest, ed è quella che vedete nell'immagine qui sotto. 




Niente male, vero? E immaginatela accanto a un piatto di lenticchie: l'italo-spagnolismo ve lo guadagnerete ad honorem!

lunedì 2 dicembre 2013

Coming soon: Italo- Spagnola Awards 2013

Siccome le belle idee non vanno abbandonate - e il concetto di "bello" è notoriamente soggettivo- sto iniziando a raccogliere le nomination per la seconda edizione dei fortunatissimi (?!?) ed acclamatissimi (?!?!) Italo-Spagnola Blog Awards. Per chi non sapesse di cosa sto parlando, l'invito è a cliccare qui.

Agli altri, invece, chiedo di partecipare sin da ora. In che modo? Semplice: se conoscete qualche blog, video, canzone o hashtag italo-spagnolo che secondo voi meriti di essere entrare in nomination, segnalatemelo! Potete farlo entro e non oltre Lunedì 9 Dicembre nei commenti o, se lo preferite, sulla pagina Facebook del blog. 

Per aiutarvi ad indirizzare i vostri consigli, vi riporto la lista delle categorie dello scorso anno. Lo devo premettere, però: potrebbero subire qualche lieve variazione.






- Miglior Hashtag Italo-spagnolo su Twitter

- Miglior vip italo-spagnolo su Twitter 



- Miglior account twitter italo-spagnolo

- Duetto o brano musicale italo-spagnolo dell'anno



- Gruppo o fanpage italo-spagnola su facebook (possibile nuova categoria)

- Evento italo-spagnolo dell'anno


- Miglior sito o blog italo-spagnolo 


- Premio New Entry Italo-spagnola


- Video Italo-spagnolo dell'anno

Grazie a tutti sin da ora! 

sabato 30 novembre 2013

I look ispirati ai dischi: Rosana


Rosana, in Italia, si conosce per El Talisman: traccia numero 1 della compilation Festivalbar Latino 1997 (lo so perché ce l'ho), nonché probabile colonna sonora di qualche film di Pieraccioni. O forse no, ma ci sarebbe stata bene. La cantautrice canaria, peró, di cd ne ha fatti poi moltissimi altri; Tanto che é uscita da poco una raccolta dei suoi piú grandi successi reinterpretati a duetto con alcuni grandi del panorama iberico ( "Con el día tonto", capirete, é la collaborazione a me piú cara). Il progetto si chiama "8 Lunas", festeggia i 17 anni di carriera (1+7=8), ed é una delle tante proposte natalizie sfornate in queste settimane dal mercato discografico in lingua spagnola. L'outfit di oggi, in duplice versione, lo dedico a lei. Al suddetto greatest hits, ovvio. Ma anche al precedente "Buenos días mundo", la cui copertina si adatta a meraviglia al mio stile personale. 


ROSANA, 8 LUNAS [Spain]

NB: l'ho realizzato prima che venisse resa pubblica la cover definitiva dell'album, che credevo sarebbe stata una delle foto promozionali riportate piú di frequente sugli articoli online. Quella foto, invece, é stata usata per le locandine del tour. Per l'artwork del disco ne é stata scelta un'altra che peró, con mio enorme sollievo, stilisticamente non si discosta molto dall'outfit che giá avevo creato. Non l'ho modificato, quindi. Ma, per onor di cronaca, sappiate che la cover é in realtá questa: 


>>> Ascolta il disco su Spotify


HIGHLIGHTS

Il Look é interamente giocato sui colori base del bianco e del nero, con un tocco di rosa acceso negli accessori.

VADO FIERA DE

I braccialetti: imprescindibili, stupendi, e...rock! Abbondate pure.

IL TOCCO IN PIÚ

Un ciondolo semplice ma al contempo vistoso, che richiami quello indossato dalla stessa Rosana (a questo punto, sulla locandina del tour). 

Music Inspired!- Rosana/8 Lunas






ROSANA, BUENOS DÍAS MUNDO [Spain]


HIGHLIGHTS

L'outfit indossato dalla cantautrice sulla copertina dell'album é ricreato in modo quasi didascalico. Cappello, occhiale da sole e sciarpa rossa gli elementi fondamentali. 

VADO FIERA DE

La spilla a forma di fiore! Dai: ammetterete che non era facile, trovarne una cosí simile all'originale! 

IL TOCCO IN PIÚ

La canottiera, che ho un po' reinterpretato a mio gusto. Anziché limitarmi alla semplicitá di quelle solitamente indossate da Rosana, ho voluto sceglierne una leggermente impreziosita dal taglio asimmetrico e dalle balze. In sostanza, una che indosserei volentieri anch'io. Il plettro come ciondolo, poi, é la ciliegina sulla torta. 





Music Inspired! - Rosana/Buenos días Mundo




Allora? Quale dei due outfit vi piace di piú? 

martedì 26 novembre 2013

Dicesi Baby Shower.

Baby Shower: usanza americana diffusa in tutto il globo da serie tv di culto e (presumibilmente) qualche film con Jennifer Aniston. In tali frangenti tende ad essere interrotta da eventi di portata drammatica, quali rottura delle acque, risse con tiro-di-capelli tra invitate, irruzioni di vecchi amanti, decorazioni ridotte in disordinati ma esilaranti frantumi. Grazie al cielo, quello di Laura é stato molto piú tranquillo. Strano, lo devo ammettere, considerato che torta di pannolini e cicogna confiabile– altro che Hollywood – li aveva pure lei. 



Per dare il benvenuto alla bimba che porta in grembo, tutto era stato studiato nei minimi dettagli. C'erano tavolate imbandite, regalini per gli ospiti, premi per i vincitori dei giochi a tema. E, c'era, soprattutto, tanto rosa. Sulle tovaglie. Nei piatti. Nei bicchieri in plastica. Nei tovaglioli. Nelle forchette. Nelle sue due splendide composizioni floreali. Erano rosa i palloncini appesi agli angoli della casa, quelli che Veronica ha gonfiato con efficienza impeccabile. Rosa una candela accesa. Rosa i marsh mallow a forma di margherita. Le caramelle per i piú golosi. Persino le decorazioni degli incredibili cupcakes fatti in casa da Daniela, sí, persino quelle erano tutte rosa. Ed era bello a vedersi, contrariamente a quello che forse state pensando. Un modo come un altro per visitare in carne ed ossa la casa di Barbie, o fare del mondo pendant col mio ipod.



Non ve lo dico mica per niente, badate bene. C'é una ragione precisa se ora mi accingo ad elencarvi le idee piú indovinate dell'ennesimo party stupendamente riuscito. Perché l'ho giá detto: le feste di Laura, dacché ne ho memoria, sono sempre state le migliori. Certo, c'é chi vi direbbe che la compagnia influisce. Te ne rendi conto il giorno dopo, davanti al piatto di carne avanzato dal barbecue, quando i discorsi si spostano sull'elencazione dei capodanni piú disastrosi delle nostre vite. Eppure, se anche voi avete degli amici preziosi e divertenti almeno la metá dei miei, forse un tocco di creativitá basta a fare di un pretesto un evento di cui tutti parleranno per un bel po'. E non precisamente per le risse tra invitate. La capirete dopo, la ragione di cui andavo cianciando. Intanto, peró, leggete qui. Dico a voi, future mamme! Leggete. Forse siete giunte qui per caso, ricerca mirata su Google. Avrete digitato “Idee per baby shower”, magari. O “soluzioni creative per party premaman”, qualcosa del genere. Ebbene, eccone qualcuna, direttamente da quanto ho visto e vissuto Sabato scorso a Desenzano:

SULLA TAVOLA:

- Piccole culle realizzate con uova sode e carote

- Antipasti salati a forma di sonaglini



- Ciucci caramellati (di quelli che si comprano all'Autogrill, per capirsi)
- Biscotti con glassa rosa a forma di lettera, disposti in modo da comporre il nome della nascitura (gli stessi biscotti, chiusi in un sacchettino trasparente, diverranno il regalino da dare ai vostri ospiti al momento del congedo)


I GIOCHI:

- Appendete ad una parete le foto dei vostri invitati da neonati (ve le sarete fatte mandare prima), ciascuna abbinata ad un numero. Date ad ognuno degli ospiti un foglietto con tanti numeri quante sono le foto appese e sfidateli a riconoscere gli altri. Il primo che riuscirá ad abbinare nomi e volti si porterá a casa un premio.




- Prendete un gomitolo di lana (nel nostro caso, ovviamente, rosa) e sfidate gli invitati a tagliarne un pezzo della misura secondo loro corrispondente a quella del diametro della vostra pancia (vostra perché mi sto rivolgendo idealmente a voi donne molto incinte, ovvio. Non é che vale per chiunque). Il secondo premio in palio é per chi ci si avvicina di piú.


- Spronate i vostri ospiti ad infilarsi un palloncino sotto il maglione e disponete un bicchiere di carta all'altro lato della stanza. Con una monetina tra le ginocchia, dovranno raggiungere il bicchiere nel minor tempo possibile lasciandovi cadere dentro la monetina stessa. L'idea sarebbe quella di ricreare una circostanza abbastanza frequente nelle donne in stato interessante: dover raggiungere il bagno per fare la pipí con tanto di pancia e camminata un po' “a papera”. Richiesto un alto tasso di ironia e una quantitá di dignitá ad essa inversamente proporzionale.


Il fatto é che non lo so, se dicesse sul serio. Ma da quando Laura, nel mezzo del suo baby shower, ha avanzato la proposta di mettersi ad organizzare eventi in modo professionale...beh, ho pensato che le riuscirebbe da Dio. Quindi, nel dubbio, io inizio a farle pubblicitá. Anche se, qualunque party voi organizziate o le facciate organizzare, una cosa ve la devo premettere: il livello di emozione che ho raggiunto riabbracciando un'amica con cui sono cresciuta al suo ottavo mese di gravidanza, ecco, quello forse non lo eguaglierete mai. E, se sono melodrammatica, scusate: é per adeguarmi al clima di tutte quelle serie tv.