martedì 26 marzo 2013

Lezioni di stile da Charles.


Della mia ossessione adolescenziale per Baudelaire, a questo punto, dovreste essere già abbondantemente informati. Beh, a meno che non capitiate oggi sul blog per la prima volta.  In questo  caso: “Ciao, tanto piacere, mi chiamo Ilaria e sono un po' schizzata”. Niente che non si risolva con un cd nello stereo, ad ogni modo. Per il resto, vi basterà sapere che amo la Spagna. Che ho una vena groupie. E che a diciassette anni leggevo sotto banco Le Fleurs du Mal. Anche se, a parte i Fleurs, chiunque direbbe che con me c'entra poco. 



Ma, ora che siamo tutti più o meno aggiornati, direi che posso anche proseguire. L'elemento di novità – apparentemente insignificante – è che Domenica scorsa ho fatto un po' di pulizie di Primavera. Un modo come un altro per ricordarmi che stagione è, presumo. E, insomma: sposta un libro di qui, metti un libro di là, mi sono ritrovata per le mani “Il mio cuore messo a nudo”. Che detta così fa anche un po' cinema horror di infima categoria. Invece, non è che una delle letture che più sono state importanti nel corso della mia vita. Una raccolta di bozze e progetti di Charles, attuale oggi più che mai in quel suo essere frammentaria. Perchè magari io sarò anche un po' fissata, ma tutta quell'assenza di consequenzialità logico-narrativa a me ricorda tanto la comunicazione nell'era dei social network. Quella in cui parliamo di noi su facebook o twitter, affrontando su uno stesso spazio tematiche e linguaggi diversi. E se sfogliamo quei (neanche tanto) metaforici diari riusciamo a riviverci a tutto tondo. A rileggere la nostra storia, pur non avendo mai avuto in mente di scriverla.

Ecco, “Il mio cuore messo a nudo” è un po' così, come se fosse una sorta di profilo facebook di Baudelaire. E' un insieme di incipit senza conclusioni; di aforismi isolati dal contesto; di scalette dei temi da affrontare.  

E da lì, ormai molti anni addietro, ho tratto i migliori insegnamenti letterari che qualcuno mi potesse mai dare. Non che li abbia necessariamente messi in pratica nel modo corretto, intendiamoci. Di certo non l'ho fatto come avrebbe fatto lui. Anzi, probabilmente molti diranno che l'ho fatto male. Eppure, dall'età di diciassette anni, ogni volta che scrivo una frase pensando con cura alle parole da usare mi ripeto come un mantra:“sii sempre poeta, anche in prosa”. Ogni volta che mi assalgono i dubbi e mi chiedo perchè diavolo dovrei continuare a parlare di me, mi ricordo delle asserzioni sul conoscere se stessi per farne il soggetto più sincero che esista. Ed è tutto lì, tutto nero su bianco ne “Il mio cuore messo a nudo”. 

L'ho riaperto, facendo le pulizie. Ho accarezzato le vecchie sottolineature fatte con una matita evidentemente spuntata. E ho constatato incredula, una volta in più, come quelle frasi scritte a fine ottocento riescano ad essere ancor'oggi un ottimo corso di scrittura creativa. 

Le principali, le riporto a seguire.


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venerdì 22 marzo 2013

LOL.

Appurato che “I Negrita rotolano un sacco” (poi un giorno ve la spiego) e lungamente interrogatami sull'origine etimologica dell'espressione “zitto e mosca”, esco quasi illesa da due giorni di febbre. Alta, la febbre, come avrete dedotto. Adesso, però, vengo a parlarvi d'altro. 

Dei gusti di nicchia, per la precisione. Quelli di un'italiana che ascolta musica spagnola, in effetti, lo sono di per sé. Figuriamoci poi se la musica in questione è pure indie. Sì, beh... così la definiscono, almeno. Perchè, per quanto mi riguarda, fatico ancora a capire come si possa giudicare tale un lavoro alle cui spalle c'é comunque la distribuzione di una major. Ma forse sono puntigliosa io.

Il punto è che i Love of Lesbian li definiscono Indie. E a me, i Love of Lesbian, piacciono mica poco. Anche se tendo a dimenticare che li abbreviano in LOL, scambiarli con l'acronimo anglofono di una risata, e travisare tutti – proprio tutti -  i messaggi che li riguardano. No, sul serio. Immaginate di leggere una cosa tipo: “domani intervistiamo LOL”. Oppure, chessò:  “LOL dal vivo a Salamanca”. Io ci metto sempre un po' a capire. Anzi, in genere l'illuminazione arriva dopo uno specifico decorso rituale in quattro fasi. Si passa per:

- 1. DUBBIO (I.e: “che diavolo c'hanno da ridere, questi?”)
- 2. ANALISI (logica e grammaticale, in genere). 
- 3. RICERCA (di messaggi subliminari, contesti socioculturali altri, ulteriori segnali di abuso di droga)
- 4. DEPRESSIONE (I.e: “ecco, ho dimenticato il castigliano, la mia vita non ha più senso, chisonodadovevengoperchèproprioame”)

Poi, finalmente, ci arrivo. “Ah, già, L.O.L!”. A mia discolpa: potrebbero anche usarli, i puntini!

Comunque. La band catalana mi aveva già entusiasmata a suo tempo con quel “Club de Fans de John Boy” che così bene sembrava ritrarre uno spaccato della mia realtà. Ma l'ultimo -doppio-  lavoro discografico (ancora grazie, Spotify), oltre che una conferma, è ultimamente diventato parte integrante della mia personale colonna sonora. Sarà che il punto di forza sono i testi, e io ho più che mai bisogno di parole al posto giusto. 

Ve ne lascio un piccolo assaggio. Giudicate voi.



"En Londres, Buenos Aires, México,
cada pena y aflicción pueden curarse bailando.

Tango, una ranchera o un charlestón, todo se olvida bailando.

Es como volver a nacer"




Un día me iré, me iré de verdad.
No sé si me ves, del todo capaz.
De cambiar nombre y edad, y si me encuentras decirte:
"¿De quién me estás hablando?"

PS: In tutto ciò, cercando “#Odissea” in giro per il web, mi sono imbattuta nel tweet di una ragazzina. Nano Frangiuto come avatar, lessico rubato alla mia personale versione di NausiKaa. Scriveva: “ Sto shippando, Odisseonelope! OMG!” . Ora, al di là del fatto che non ho la più pallida idea di cosa possa significare il verbo “shippare”, sono piuttosto incazzata. Sì, insomma, com'è possibile che  “Odisseonelope” non sia venuto in mente prima a me? Mannaggia. Ci sarebbe stato da Dio. 

martedì 19 marzo 2013

Crescere sí, ma con un velo fucsia.


Abbiamo fatto un patto, noi amiche della sposa. “What happens in Addio al Nubilato stays in Addio al Nubilato”: una roba così. E mi sembra quasi di vederlo, il vostro sguardo malizioso. Immaginerete scenari in realtà mai accaduti. Rielaborerete senza accorgervene cliché da film americano, come al vostro posto avrei fatto anch'io. Il motivo per cui non vi racconterò di Sabato, invece, è ben diverso. Più banale, forse. Ma, proprio per ciò, mille volte più vero. Il fatto è che un segreto unisce. Sì, è solo questo. E' tutto qui. E' solo che gli eventi epocali lo sono un po' di più, se restano ristretti ad una cerchia selettiva.

E allora guardo il velo color fucsia appeso in bella mostra sul pannello di sughero. L'abbiamo preso dai cinesi, in clamoroso ritardo sulla tabella di marcia. Colpa di Trenitalia, manco a dirlo. Colpa dell'ennesimo tizio che pensa bene di suicidarsi nel peggiore dei modi. Perchè, dico io, come si fa a buttarsi sotto un regionale? A scegliere di finire i propri giorni facendosi odiare da centinaia di sconosciuti? Una decisione simile esige essere stronzi, più che disperati. Masochisti, più che bisognosi d'attenzione.

Però il velo sta lì, con tutte le sue belle margherite in rilievo. E' il gadget che ci siamo scelte, l'emblema stesso del concetto di Kitsch. E se lo guardo, ora, lui non mi ricorda un altro viaggio disastrato. Al contrario, rievoca risate. Di quelle che ti viene il mal di pancia, tanto sono intense. Perché non riesci a smettere, e tantomeno a controllarti. Non c'entra neanche l'alcol, é solo che sono sincere. Traspare anche dalle foto, in fondo. Ce le siamo scambiate in gran segreto, fedeli al motto inedito del nostro personale “Fight Club”. Il flash ha catturato nei sorrisi la sensazione di divertimento spensierato che da troppo sentivo l'esigenza di rivivere. E, Dio, quanto mi ha fatto bene!

Una delle mie piú care amiche si sposa,gente. La foto di noi due in tutú, sul palco del teatro comunale, ha spinto entrambe, per un attimo, a sbattere le ciglia un po' piú forte del normale. Strano, oltrettutto, come un gesto definito seduttivo sia anche il piú efficace per mandare via le lacrime. Due bimbe in uno scatto datato anni novanta. Sguardi puntati verso un pubblico che, parzialmente, ci avrebbe poi viste crescere. Diventare ragazze. Condividere un diario rosso con la Luna in copertina che conservavamo a fasi alterne, scherzando sul fatto che l'avremmo un giorno passato ai nostri figli. Scrivevo di voler vivere a Bologna, perché ho sempre avuto quest'urgenza di scappare. La cittá del mio idolo musicale di allora sembrava sul serio la migliore delle opzioni. Ed é strano, stranamente inquietante, che su Rai Due abbiano deciso di dedicare una monografia a Cremonini proprio ieri. Con l'inizio di "qualcosa di Grande" che rimane per me una stilettata al cuore. Scrivevo anche di sognare incontri romantici su di una spiaggia al tramonto, con l'Amore della Vita che tanto disperatamente desideravo incontrare. E poi ci scambiavamo lettere. Lettere lunghe, inchiostro su carte colorate, su cui vomitavamo litigi, paranoie e cotte passeggere. Lei, scherzando, diceva che le avrebbe pubblicate per guadagnarci qualche lira quando fossi diventata una scrittrice famosa. Perché l'ho sempre avuta, quell'ambizione lí.

E adesso lei si sposa. Io non vivo a Bologna, peró ho scritto un libro. E l'Amore della Vita, anche se fingo che non mi importi, forse lo sto aspettando ancora. Ché certi eventi, si sa, ti tirano fuori la vena romantica. E tra le foto del vestito, il dress code, e i discorsi sull'acconciatura io mi sono sorpresa a progettare le mie nozze. Tutte le invitate avranno dei fiori in testa. Balleremo sevillanas. E un complesso pop-rock metterá in scena tutti i brani che mi hanno in qualche modo cambiato la vita.

Peró adesso basta: ché divento melensa, e poi piango da sola a rileggermi il post.

Il punto é che l'Addio al Nubilato – si condivida o meno - io l'ho percepito davvero come una svolta epocale. L'ho visualizzato chiaramente, sulla pista di una qualche discoteca, laddove i brani nuovi comportano coreografie pre-determinate. Li conoscono un po' tutti, a quanto pare, i passi di danza che a me risultano nuovi. E gangnam style. E danza Kuduru. E be re be re be re ba ra ba ra ba ra. In un motto di pseudo-tristezza, ripenso ad una frase di mio padre. A tutti i blog inglesi con la lista numerata delle cose da fare per essere felici. Scrivere un post di successo. Indossare un paio di jeans. Vivere. Perché in fondo é vero: ormai sembra che non riusciamo a fare niente, se non ci danno precise istruzioni. Abbiamo bisogno che ci spieghino tutto. Anche come ballare, Santoddio! E io non lo so mica, se ci sto.

L'ho capito lí, che non frequento le discoteche da troppo. Che ho cambiato interessi. Aspirazioni. Stile. L'ho capito lí, quando ho iniziato a pensare con la logica dell'”ai miei tempi”, quanto veramente siamo ormai cresciute.

E tuttavia, ogni tanto, mi piace ancora fingere di essere quella bimba col tutú. Quella bimba a cui - che strano! - adesso un velo color fucsia mi fa pensare.

giovedì 14 marzo 2013

Eventi salienti.

Tanto per ricapitolare gli eventi salienti degli ultimi giorni:
- Abbiamo un papa ispano-hablante (applausi dalla comunità itañola). 

- L'aria poco sobria del proto-diacono m'induce a dubitare sulla natura della fumata bianca. 
- Un'azienda di moda francese ha inventato delle mutande profumate per uomo (giuro! Dovessi conoscere uno che le indossa scapperei a gambe levate al grido di "piuttosto, lavati"). Oltrettutto, visto il brand di alto rango, mi sa che risulterebbe anche molto più economico.  
- Twitter ha inspiegabilmente deciso che potesse essere una mossa intelligente permettere alle fan del nano frangiuto e/o della band di cotonati dai pantaloni variopinti scrivere
andando
capo
dopo
ogni
singola
parola.


Ma, soprattutto, io domani ri-presento #Odissea. Nel mio paesello, marcondirondirondello. 
Ah no, quello era il castello. Mi sa che ho le idee un po' confuse. 
Che ne dite, ci vediamo lì?



martedì 12 marzo 2013

Il look perfetto per un viaggio in Spagna

Accessori rossi. Shorts. Gonne lunghe in pieno stile gitano. E voi, come vi vestireste per un viaggio in Spagna?

Poi sarà che a twittare di moda si finisce giocoforza per restarne un po' invischiati. Sarà che una puntata di Grey's Anatomy m'ha ricordato un abito bellissimo che avrei decisamente dovuto comprare. Resta il fatto – e l'ho già detto – che Pinterest è perfetto, come surrogato di vetrine. Così, basta una navigata pigra tra il lavoro ed un evento pseudo-mondano. Una chiave di ricerca inevitabile. Un paio di click in successione. Et...voilá! La scoperta che segue è degna delle fashion blogger migliori.

Sì. Perchè, per farla breve, alla domanda hanno risposto in tante. L'outfit perfetto per chi è diretto nella Penisola Iberica si declina, a quanto pare, in variabili diversissime. Proposte suddivise per stagione, circostanza e praticità. L'assurdo, però, è che quasi tutte incontrano il mio gusto personale.

Figuratevi che c'è persino chi ha raccolto in una bacheca i look perfetti per ogni destinazione estera. Questa, per esempio, è particolarmente rifornita. E le scelte stilistiche pensate per Santorini valgono da sole tutti quanti i miei “wow”. Quest'altra ne segue l'esempio, seppur con minor varietà di location e maggiori pretese snob nei capi. Ma la migliore è senza dubbio la terza che - a sua insaputa- m'ha dato l'idea per il post.

Tra tutte, aggiungendoci qualche sporadico outsider, ho selezionato le mie combinazioni preferite. Quale vi piace di più? Indovinate cosa risponderei io...
  











                                            
























sabato 9 marzo 2013

Turismo in Musica: i videoclip girati a Madrid

Se devo essere sincera, pensavo che sarebbe stato più facile. Peró la Capital, si sa, è cornice troppo gettonata. Soggetto di canzoni e poesie. Set di film. Pubblicità. Video virali di ogni genere e specie. Amata, amata tanto. Da me e da tutto il mondo con identico ardore. Normale, in fondo, che se la tiri un po'. Sì, perchè è questa l'immagine che mi è venuta in mente mentre cercavo materiale per la mia nuova rubrica: l'immagine di una donna troppo corteggiata per pavoneggiarsi in rete di ogni suo ammiratore. Poi è altamente probabile che io sia semplicemente suonata un bel po'.

Comunque.

Il punto è che ci ho messo più del previsto, a stilare un elenco ragionato dei videoclip musicali girati a Madrid. Per questo ne mancherà senza dubbio qualcuno. Per questo, vi chiedo di aiutarmi a rendere il tutto un po' più completo.
Ma nel frattempo, come già fatto per Málaga, lascio che sia la musica a raccontarvi un'altra delle cittá che hanno messo radici - e ben profonde- nel mio cuore. Buona visione (al solito, ove non siano "incorporati", cliccate sul titolo per visualizzare il video). 


La stazione di Atocha e molte vedute panoramiche in questo video sfarzoso e cinematografico in pieno stile Pittbull. Una rocambolesca fuga in auto ci permette di apprezzare, seppur velocemente, anche alcune delle calles piú emblematiche del centro della Capitale spagnola.

El Sueño de Morfeo – Ven


Allegria contagiosa, quella della band che quest'anno rappresenterá la Spagna all'Eurofestival. Una Raquel del Rosario coi capelli corti sbuca dalla fermata del metro Santo Domingo per guidarci in un'ideale passeggiata lungo le strade del centro, dalla Gran Vía a Calle Preciados passando per il Palacio Real e numerosi altri luoghi simbolo della cittá. 



Ramazzotti – un angelo disteso al sole



Il premio video italo-spagnolo del mese, per quanto i gusti personali se ne dolgano, va di diritto al Ramazzotti Nazionale. Perché, oltre a regalare a Madrid uno spot turistico in piena regola, il clip in sé é davvero molto carino. Spettacolare soprattutto la scena finale, con la cupola dell'edificio Metropolis a luccicare sotto il cielo grigio. Unico consiglio: non guardatelo con le cuffie. La tizia che canticchia a bassa voce sopra i gorgheggi nasali dell'interprete originale puó essere veramente insopportabile.





Al Palacio de Deportes di Madrid, tra le altre cose, ho visto il primo concerto de El canto del Loco di tutta la mia vita. Sempre lí, alla fine di quello stesso anno 2008, ho parlato per la prima volta con Dani Martín. Insomma, capirete quanto quel posto significhi per me. Ecco, il video di questa bellissima canzone dei Muse é stato girato proprio lí.


El Canto del Loco – Eres Tonto 


Visto che li ho nominati, eccoli qui. O pensavate che vi avessi risparmiati? Ah ah ah! Piú madrileñi del Oso y del Madroño (beh, a parte Chema) ECDL avevano fatto di questo brano il biglietto da visita di quello che sarebbe poi stato il loro ultimo disco di inediti come band. E, per accompagnarlo con immagini, avevano scelto di realizzare ben tre videoclip che raccontassero la stessa storia da diverse prospettive. In questo, che poi é stato forse il piú trasmesso dalle televisioni musicali, si apprezzano i vagoni del metro ligero e alcuni scorci di Plaza de España. 



Dato che l'ho rivisto dopo cosí tanti anni, vorrei peraltro trarne alcune conclusioni. Permettetemelo, vi prego. Anche se esulano dall'argomento del post. Chè, per esempio: io ho una foto con Dani, scattata l'anno scorso, in cui lui indossa quella stessa felpa grigia. Quella con la pantera armata, voglio dire. E pure David, la maglietta con su scritto I Love You,ce l'ha ancora. Poi non so cosa se ne possa dedurre o che importanza abbia, ma mi é saltato all'occhio. All'orecchio, invece, é spettato il rivelarsi di un'identitá. Perché ci faccio caso solo oggi, a quanto quella canzone rifletta, a conti fatti, l'essenza del gruppo. La musica é El Pescao, 100%. Il testo, dalla “falta de cariño” in poi, indiscutibilmente Martín. Che- a proposito di cose inquietanti – con 'sto look Pablo Corso Seconda Stagione continua a risultarmi affascinante mica poco. Non diteglielo, peró. 




A dire il vero, in questo clip, si apprezza piú il consueto disfacimento del personaggione Pete Doherty che la cittá. Ma insomma...dovevo pur far numero,no? In fondo ve l'ho detto, che preparare questo post é stato tutto fuorché facile.

Ergo, ribadisco: confido in voi. E spero in maggior fortuna per il prossimo “episodio”. Si accettano scommesse: di quale cittá mai parleró?

martedì 5 marzo 2013

Lucy, la "groupie" dei Peanuts.

Poche cose garantiscono il sorriso come una striscia dei Peanuts. E, data quest'ineluttabile premessa, m'azzardo a proporre Lucy come Santa Patrona di tutte le  fan e delle groupie del mondo. Allegasi breve (ma significativo) campionario di prove. 





PS: Se vi dovesse capitare sotto agli occhi qualche altra vignetta dall'irresistibile saga amorosa di Lucy e Schroeder, sentitevi ovviamente liberi di condividerla. Io apprezzeró senz'altro. D'altronde, si sa: m'identifico con Snoopy. Ma, nonostante questo, é un po' il mio mito pure lei. 

domenica 3 marzo 2013

Liebster Blog Award: il mio contributo.


Responsabilitá mica da ridere, quella di cui mi ha investita Ernesto cedendomi il testimone ai Liebster Blog Award. Come lui, anch'io arrivo in ritardo. Ma, come lui, volentieri accetto. D'altra parte, se posso tediarvi, perché mai mi dovrei trattenere? Poi il giochino é semplice. Si tratta di : 
A) Elencare 11 cose che mi riguardano; 

B) Rispondere alle 11 domande rivoltemi da Ernesto

C) Rivolgere a mia volta 11 domande alle persone che nomineró (buahahaha)
D) Candidare 11 persone che, se mai vorranno portare avanti 'sta cosa, dovranno rispondere ai miei quesiti sul loro blog. Oltre, ovviamente, ad elencare 11 cose che le riguardano, e bla bla. In realtá, in origine, di persone ne sarebbero bastate 5. Ma, se mi dicono 11, mi adeguo.




Insomma, io vado. Ché magari, con l'esempio pratico, si capisce anche di piú. 

11 COSE CHE MI RIGUARDANO. 

1. Da piccola, mia nonna mi ha insegnato a cantare “Sai perché mi batte el corazón? Ho visto un bel muchacho, ho visto un bel muchacho, y enamorada estoy”. Credo che il mio italo-spagnolismo sia iniziato lí. 

2. Quando mi appassiono a qualcosa devo andare fino in fondo. Lasciarci l'anima. Sapere tutto. Da lí, la mia connaturata predisposizione ai fanclub. 

3. Vivo in un mare di post-it fucsia.


4. Mi irritano: quelli che non rispondono alle mail, quelle che vanno ai concerti coi tacchi a spillo e l'espressione “che schifo!” riferita al cibo.



5. Il mio primo libro, #Odissea, è nato perchè sentivo il bisogno di tornare a divertirmi scrivendo. Finché non riesco a ricreare quella sensazione di gioia, mi sa che il secondo non vedrá la luce. 



6. Pur senza essere loro intima amica, posso dire di aver pranzato con Cesare Cremonini, bevuto del vino con Giuliano Sangiorgi, assistito a un concerto privato di Dani Martín. E, per quanto il dato possa non interessarvi, a me le tre cose erano sembrate all'epoca alquanto eccezionali.

7. Non so ancora cosa regalare ad una delle mie piú care amiche per il suo imminente matrimonio. E neanche come vestirmi per il suo addio al nubilato. La cosa mi provoca frustrazione.

8. Per colpa di un romanzo di Luca Bianchini, leggo sempre l'ultima riga di un libro prima di iniziarlo. E canto mentalmente quando non riesco a dormire.


9. Il mio ideale di sogno romantico é incontrare per caso l'uomo della mia vita in aeroporto. 



10. Non ho nemmeno una foto del primo concerto a cui sono andata, perché sul retro del biglietto c'era scritto “non fotografare”. 



11. La prima parola che ho imparato in spagnolo é stata piña (ananas).


LE 11 DOMANDE DI “SULLA STRADA” 


1) Pensi che nel 2013, prima o poi, ci sarà un giorno senza pioggia?

Beh, oggi c'è il sole. 


2) Cosa bisogna fare per sopravvivere in/alla italia?

Mmm...emigrare? 


3) La battuta che ripeti più spesso?

Faccio sempre le stesse due o tre battute, in realtá. Peró ci credi, se ti dico che adesso non me ne viene in mente manco una? 

4) Un bel viaggio da fare?

Se é Spagna, andrá comunque bene. 


5) Oscar Giannino recupererà mai il master e le lauree perdute?
Forse, se cerca bene su Ebay...

6) E' giusto concedere il diritto di voto proprio a tutti?

Sí, sempre e nonostante. 


7) Che cosa vorresti inventare?
Il coprinaso in lana per i freddi pomeriggi di inverno. E i pannolini per piccioni. L'umanitá me ne sarebbe grata.

8) In Italia esiste un modo per diventare professore universitario per merito?

Lo spero. 


9) La sera li digerisci i peperoni?

Anche i sassi, se é per quello.


10) Se si bucasse una ruota della tua automobile, sapresti cambiarla?

Per niente. Ma il problema non sussiste: non ho un'automobile. 


11) Visto che il mio cane fa per dispetto sempre la pipì in casa, pensi che abbia bisogno di uno psicologo?

Io direi di un water.


LE MIE 11 DOMANDE (Essendo mie, non stupitevi dei contenuti). 



1. Why Mango? Ma soprattutto: perché la Spagna? 



2. La gaffe linguistica piú grossa che tu abbia mai fatto all'estero.

3. Libro sul comodino? 

4. Prossimo concerto a cui andrai?

5. Social network che ami di piú? 

6. Descrivi il tuo blog in una parola. 

7. Dani Martín o El Pescao?

8. Cesare Cremonini o Il Cile? 

9. Spaghetti alla carbonara o Tortilla de Patatas? 

10. Un metodo infallibile per garantirsi il buon umore.

11. Un italo-spagnolo che ammiri.


LE MIE 11 VITTIME SACRIFICALI (Chiamate a rispondere alle domande suddette):









sabato 2 marzo 2013

(Italo) Spagnoli a Parigi.


Il bello delle grandi città è che, per quanto alienato ti senta, trovarti un micromondo sarà comunque possibile. Facile, addirittura. A ben vedere è per questo che il mio sogno di indipendenza si limita a un monolocale. Altro che ville al mare, ché poi con l'umidità vengono i reumatismi. Basta con le idealizzazioni bucoliche! In fondo la campagna ha odore di letame e troppe zanzare in estate. Senza contare i galli, che tendono a svegliarti ad orari inumani. Naaa, io chiedo solo asfalto. Tanto asfalto. Tonnellate di asfalto condite da luce al neon. Basta che, appena uscita, io abbia sempre qualcosa da fare. 

Sì, insomma: prendi il concerto degli Estopa a Parigi. Mica è stato l'unico, di un gruppo spagnolo. C'è un'intera associazione, nella capitale francese, che si dedica a diffondere la cultura iberica. Contattano band d'oltre Pirenei. Le fanno esibire in sale di piccola o media capienza. E ci aggiungono, a contorno, un sacco di attività collaterali a tema. Hanno anche una radio, fate un po' voi. Ogni Domenica trasmette i maggiori successi pop della penisola iberica. Organizza concorsi. Mette in palio dei premi. Anche essere filo-ispanici è un po' meglio, se vivi in una grande città. 




Ci riflettevo Venerdì scorso, quando la mia compagna di avventure accennava en passant al ricco programma sull'Andalucía Gitana. Me lo mostrava sullo schermo del pc. Locandina un po' pacchiana,d'insistenza Alhambrica. C'erano mostre fotografiche sul flamenco. C'erano spettacoli di baile. C'era Manuela Carrasco – Manuela Carrasco, capite?!- ad esibirsi quello stesso giorno, obbediente alle leggi di Murphy e al mio scarso dono d'ubiquitá. Mi scapperebbe anche un'imprecazione, ma in un post su Parigi non sta bene. Uh la lá. Mon Dieu. 

In ogni caso, la scelta sarebbe valsa la pena. L'ho capito sin da quando la scritta “Cabaret Sauvage” ha fatto comparsa nel mio campo visivo. Il fiume, sulla mia destra, come un generatore d'aria gelida. L'eco ancora lontana del soundcheck a catapultarmi nell'attesa. Qualcuno che supera a passo svelto, con una qualche non meglio specificata cartellina in mano. E luci al neon. Luci al neon dappertutto. Quasi a ricordarmi – e perché, poi? - il musical del Moulin Rouge. 



Allora non importa, se la fila é molto piú lunga di quanto ci aspettassimo. Se non abbiamo mangiato, e io ho il terrore di svenire. Se, mentre Céline mi abbandona in cerca di surrogati calorici, sento che il sangue, dentro me, é ormai ridotto a ghiaccio tritato. No, nemmeno questo importa. Perché, saró anche a Parigi, ma attorno a me in gran parte parlano spagnolo. E in fondo basta questo, per sentirsi a casa. 

La sala, poi...Dio, la sala é bella davvero! Costruita sulle immagini architettoniche di un circo vecchio stile. Platea circondata da un piano rialzato su cui si ergono tanti, eleganti, tavolini rossi e oro. La marea umana, scopro in un accenno di sorpresa, ci si butterá a pesce. Cosí, senza troppi sforzi, riusciamo a guadagnarci un'altra prima fila. 

E gli spagnoli...ragazzi, a me gli spagnoli mettono sempre allegria. Non parlo dei Muñoz, adesso. Non ancora. Ora mi riferisco al pubblico urlante che, con tutto il rispetto, alza il termometro di tre gradi almeno. Rispetto ai francesi, sí. Ma anche rispetto a noi. Perché allo spagnolo medio non importano le cornici: lui ce l'ha nel DNA, il buonumore. Lui, gli occhi illuminati da un orgoglio patriota (e forse anche da qualche drink) si sa comunque sempre – e meglio d'altri – divertire. Mi ricorda l'eramus, d'un tratto, il Cabaret Sauvage. A dirla tutta, mi ricorda anche un po' i mondiali. L'atmosfera di quel bar di Parma, circondata da quelle stesse bandiere, quando nel 2010 la selección sconfisse l'Olanda. E io, dimentica dei miei natali, stavo per gettarmi dentro a una fontana. 

Come allora, i cori “yo soy español, español español” si alternano ad “Alcol, Alcol, Alcol, hemos venido a emborracharnos y el resultado nos da igual”. E a me viene in mente Grace. Il Carnevale di Cadiz. Le bottiglie di Sandevid col tappo giallo. A me viene da ridere, fondamentalmente, un bel po'. 

Anche se accanto a me, in realtá, c'é un parigino. E mica uno qualunque, no. Un ubriaco. Di quelli molesti, che ogni tre canzoni circa ti scomodano per andarsi a prendere una birra. E piú birre bevono, piú la loro capacitá di coordinamento muscolare diventa difficile. Finendo col rovesciarti un bicchiere sul tuo piumino. E tu, al solito “Keep Calm”. “Lo siento”. “Keep Calm”. E poi un'altra birra. Sposti il piumino. Poco male, la ribaltano sulla sciarpa. Ancora “Keep Calm”. Respirerai Heineken per tutto il giorno e mezzo a venire, ma “Keep Caaaaalm”. E poi, piú birre bevono, piú diventano socievoli. E attaccano bottone. La voce impastata. Una miscela di lingue francamente intellegibile. Sempre la stessa solfa, ripetuta cinque volte. Sempre sulle canzoni che, guarda caso, amo di piú. 

- [Frase misteriosa in francese]
- Lo siento, no entiendo, no hablo francés. 
- Ah, hablas español!?
- Sí. 
- [frase misteriosa in – suppongo – spagnolo ]
- Lo siento, no te he entendido. 
- [frase misteriosa in lingua a caso]
- Eeeeehhh?! 
- Quieres una cerveza? 


Sul serio: non credevo che l'avrei mai detto, ma rimpiango le ragazzine isteriche che mi fracassano i timpani di striduli Guaaaaaaaaaaaaaaaaapoooooooooooo ad ogni concerto di Dani Martín. Tra l'altro, un tizio dello staff indossa la maglietta del tour Pequeño. E a me prende un raptus di nostalgia. Comunque, che vi devo dire? Meno male che Vino Tinto l'hanno giá fatta. Tra le prime in scaletta, a continuare l'esaltazione iniziata con l'incipit di Mañanitas. Meno male che han giá fatto anche “Ya no me acuerdo”, in assoluto il mio brano preferito degli Estopa. Cantato da José tutto cuore, rabbia e polmoni. Mi sono emozionata. Forse anche perché non me l'aspettavo. 





E tutto sommato, dai, non mi posso lamentare. Certo, l'ubriaco, col passare del tempo, si é sempre piú comodamente stravaccato sul palco al grido rauco de “Los chichos, los chichos lalalala los chichos”; ma se non altro mi lascia tranquilla anche per tutta la parte flamenco-rumbera del concerto. Un cambio di sound e formato che spezza il ritmo rock della prima e dell'ultima parte, catapultandomi in una dimensione parallela. Il mio micromondo, per l'appunto. Un micromondo da pelle d'oca. E' una delle parti meglio riuscite del concerto, secondo me. Peccato solo che la naturalezza delle palmas altrui faccia sentire la mia vena da impostora gitaneggiante alquanto fuori luogo. A ben vedere, forse avrei dovuto accettarla, quella cerveza. Anzi, facciamo due. 


Comunque. La vera rivelazione del concerto degli Estopa é stata in realtá Ludovico Vagnone. Nel caso in cui stesse leggendo – non si sa mai- gli faccio ciao ciao con la manina. Spiego: Vagnone suona la chitarra con loro. Se non erro ha un trascorso coi Pooh e con Alejandro Sanz. E- come il nome vi avrá suggerito – é al cento per cento italiano. Un italiano che, stando alle biografie che si trovano online, si é innamorato della Spagna al punto da volerci rimanere. Insomma: un degno rappresentante dello spirito di un blog che, come ho giá piú volte ricordato, proprio sotto la stella degli Estopa é nato. E giuro che la rima non era voluta. Ricordato-Nato, intendo. Vabbé. 

Poi, i Muñoz se ne sono andati. E' successo dopo circa tre bis, tre ovazioni con piedi sbattuti a terra, centoventisei “los chichos, los chichos”, e una stretta di mano per ciascuno. I Muñoz, che giocano sulle loro scarse nozioni di francese e, nonostante un tour mondiale estenuante, su quel palco si divertono davvero. Perché si vede, accidenti. Si vede eccome, in ogni singolo sorriso. 

I due fratelli di Cornellá, sorridenti e affiatatissimi, hanno lasciato il Cabaret Sauvage in una festa appena cominciata. Un dj metteva musica spagnola. Ancora ritmi rumbeggianti. A suon di palmas e accenni di sevillanas, la gente giá iniziava a ballare. Ballare come piace a me, intendo. Senza paranoie. Come, quando e con chi capita. Ballare mentre canti a squarciagola. Ballare per sfogare tutta la gioia che hai in corpo. Ballare muovendo le dita in posture flamenche, e poi prenderti in giro. E poi ordinare un drink. Ballare come ogni fine settimana per i nove mesi di Erasmus, in definitiva. Dio, non so neanche dirvi quanto mi fosse mancato! 

In una grande cittá puoi rivivere l'erasmus, capite cosa intendo? Puoi guardarti gli Estopa dalla prima fila e dopo scatenarti sulle note di Melendi. Dico: puoi forse volere altro, se vivi in una grande cittá? 

Ma, per quanto quella pista attragga il mio corpo come una calamita, resta il fatto che non ho cenato. Perché due biscotti con sopra disegnata una faccina sorridente io non li considero cenare. E vedete: io, se non mangio, non ragiono. Lo stomaco, con i suoi brontolii post adrenalina, finisce sempre e comunque per dettare le sue regole. A Céline, poi, non so nemmeno se andasse, di ballare. In fondo, lei in Erasmus mica c'era. 

Allora infilo il giubbotto. Mi avvolgo attorno al collo la sciarpa gusto Heineken, e saluto mentalmente la possibilitá quasi perfetta delle copie. Un attimo prima di rigettarmi nel freddo, col la coda dell'occhio, scorgo l'ubriaco. Si sta dimenando in modo poco aggraziato di fronte ad una bionda coi capelli corti. Manco a dirlo, ha una birra in mano. 



E sono quasi certa stia cantando “Los Chichos”.