sabato 31 agosto 2013

Diario di viaggio su cellulare di 8 giorni a Málaga (Parte I)

Si è mai sentito parlare di un diario di viaggio su cellulare? Beh, io in questi giorni a Málaga ne ho tenuto uno. E, vi piaccia o meno, ho scelto di condividerlo con voi. Questa é la prima parte



DÍA 1.

Il finestrino dell'aereo incornicia il più bel tramonto che io abbia mai visto. Anche il più lungo, in effetti, visto che andiamo verso Ovest. La mia contemplazione romantica viene bruscamente interrotta dalla voce gracchiante del Comandante. Si lancia in un discorso accorato e lunghissimo di cui è tanto se capisco “Genova”. Dopo di che, cado in un coma profondo. 
Mi risvegliano, all'atterraggio: le trombette dell'anticipo di Ryan Air, gli applausi sempre inspiegabili degli italiani, i “vamos pa la feriaaa” urlati dagli andalusi e un bimbo di due anni al massimo che esclama orgoglioso “qué viva España”. A rimarcare il concetto, gli ci sarebbe voluto giusto giusto un “cojones”. 
Fuori, la tabellina degli orari mi informa dell'assenza di bus nei prossimi quarantacinque minuti. Data la cappa d'afa insopportabile che mi accoglie, scelgo di ovviare all'inconveniente dividendo il taxi con una sconosciuta. Sí, insomma, una trentenne malagueña che come me sbuffava poca voglia d'aspettare.  
Davanti ai veicoli in attesa, un omaccione sudaticcio cerca di regolare il traffico ripetendo “el siguiente, el siguiente”, come un mantra di tonalitá arrabbiate. Noi rifacciamo la fila tre volte,  inseguendo nell'ordine: A) papabili intenzionati ad arrivare in centro il prima possibile; B) taxisti che accettino carte di credito; e C) una soluzione per dividere il prezzo della corsa non avendo lei contanti e io un biglietto da dieci euro. Ma, soprattutto, non avendo per niente doti matematiche. 
Nell'attesa di una Rivelazione, riusciamo in qualche modo a raccontarci mezza vita. 

DÍA 2.

La Feria di Málaga non si puó descrivere. E, probabilmente, neanche la sbronza di Naza. Lei ridacchia accanto a una bottiglia mezza vuota di tinto de verano. Io, guardandomi attorno, quasi piango di gioia. E' che ovunque ti giri, qualcuno suona musica live. I generi si mischiano, nella cacofonia che amo di piú. Persone. Colori. Bancarelle ricoperte di ventagli e fiori per capelli. Ci sono donne in abiti flamenchi. Donne vestite casual. E poi uomini, anziani, bambini. Tutti ballano sevillanas per strada. Improvvisano passi da bulería ridendo di loro stessi. Si accalcano cantando, e chiacchierando con chi capita. E' la mia cittá. E, mentre si festeggia, oggi é piú bella che mai. 



Ci sediamo attorno a un tavolo del Gato con Botas, dopo aver bivaccato alla grande in Plaza de La Merced. Il plurale é formato da volti conosciuti grazie alla musica. A una manciata di concerti e di canzoni. A una passione che non ho ancora ben chiaro se si stia ravvivando o affievolendo dentro me. Come se il tempo non fosse mai passato, Naza inventa rime col mio nome. “Esa Ila hilando”. E allora “Naza ame-naza amenaza Naza”. E “tú sabe quien e' pepe io?”. Mentre mi scopro poetessa dell'assurdo, Mayte al telefono mi intima di fuggire. “Quelli lí sono fuori, salvati fin che puoi!”. 
La sera, a casa di Grace, il mio palato fa la conoscenza con il Cartojal. Caratteristico vino dolce, viene prodotto solo in occasione della Feria d'Agosto. Un po' somiglia al Vin Santo, un po' al Moscatel. E, se siete a conoscenza del mio amore per entrambi, avrete giá capito come é andata a finire. C'é da dire che la notte, poi, dormo da Dio. 



DÍA 3. 

Per me é il secondo giorno di Feria. Ma per tutti é l'ultimo, e si vede. Alle sei di sera, i mercatini d'artigianato di Plaza de la Merced sono giá in fase di smantellamento. Sulle note dell'ultimo spettacolo flamenco del giorno, la festa sta cedendo il passo a un macro-bottelón urbano. 
Poliziotti in divisa gettano occhiatacce a chi beve per strada. Attimi d'indecisione. Poi, lasciano correre. Oggi tutto é lecito, o questa é la sensazione. 


Trascorro il pomeriggio con Carol e i suoi amici. Un gruppo ben nutrito a cui si aggiungono altre persone. Cugine. Amiche delle cugine. 'Somma: ci si trova in venti attorno a un tavolo. E l'aumento del tasso alcolico sembra essere direttamente proporzionale al miglioramento della mia parlata andalusa. Mi pare, a un certo punto, di riuscire a vedermi dall'esterno. Non so se mi spaventi o mi stupisca, quanto io riesca a trasformarmi in funzione del Paese in cui mi trovo. 
Perché sono diversa, dai. Proprio un'altra persona. Parlo in un'altra lingua. Con un altro accento. Le esse assimilate alle t tanto da lasciare interdetto ogni nuovo arrivato a cui dico di essere italiana. 
“Me estás vacilando, no?”. Ho un'altra gestualitá. Diverso linguaggio corporeo. Un altro carattere, persino. Ché in Spagna, come sempre, sorrido di piú. Sono piú aperta, socializzo piú facilmente. Parlo un sacco e inondo l'aria di battute. Faccio ridere, e non solo sulla carta. 
La Spagna, dannazione, tira fuori tutto il meglio di me.
Prima che possa commuovermi al pensiero, la ciurma mi trascina al Tolouse. Andare in discoteca prima di cena era un'esperienza che non vivevo dai miei sedici anni. E, a dirla proprio tutta, non la raccomanderei. Non per gli altri frequentatori (un sold out di trentenni con alte percentuali di esemplari maschili attraenti che non so che darei per trovare piú spesso nel mio paesello natale), e neanche per l'impossibilitá di muovere piú di un braccio. No. Il problema é che ancheggiare a tempo fa  bruciare calorie. E, smaltiti il chupito di Cartojal e il Mojito trangugiati in precedenza, io ci metto poco a morire di fame. 
Rimedio poco piú tardi al Matahambres, uno di quei locali trendy di cui tutti parlano. Aperto molti anni dopo il termine del mio Erasmus, unisce cucina ricercata a prezzi da bar de tapas d'infima categoria. Insomma: una delle grandi scoperte di questo viaggio. 
Anche se l'attesa di un tavolo libero mi induce a progettare T-shirt (a ri-daje!) con sú scritto “soy un usuario activo de Tripadvisor”. Secondo me funzionerebbero come l'imbarco prioritario dei voli low cost. 

DÍA 4. 

Percorro Paseo del Parque in tutta la sua lunghezza, fino alla spiaggia della Malagueta. Da lí, mi spingo oltre. Fino a La Caleta, e ancor piú giú. Pochi attimi di riposo seduta sulla riva del Mediterraneo. Un sorso dalla bottiglietta d'acqua fresca appena comprata a un chiosco. Le onde che mi accarezzano le gambe. Mi invitano. Mi seducono. Mi chiamano. Cedo. Un tuffo senza esitazioni. Qualche bracciata. Il sole ancora caldo e alto delle sette. La felicitá. Lascio asciugare il costume sulla strada del ritorno. Cammino sul bagnasciuga, ché dicono faccia bene. 
Poi non si dica che non faccio sport. 



Non che il costume, poi, si asciughi davvero. Al Muelle Uno ci vado con una vistosa macchia scura sulle chiappe che spero di tutto cuore non venga scambiata per incontinenza. Ché é un posto fighetto, questo, oltretutto. Un posto che scopro ora per la prima volta. Di recente creazione, lo riconosco subito come l'altra grande scoperta del viaggio. Amore a prima vista, ricordo di Cartagena. In sintesi: la ristrutturazione della zona prima spoglia a cui attraccano le navi da crociera. Una passeggiata suggestiva tra palme, ristoranti etnici e boutique d'alto livello, con musica soffusa e profumi nebulizzati fuori dalle vetrine. Cocco. Vaniglia. Oriente. A seconda del target e dei prodotti venduti. C'é anche qualche negozio di souvenir, e una zona dedicata agli artigiani del luogo in cui mi riprometto di comprare qualcosa. 
Non ora, peró, ché le gambe iniziano a farmi male. 



Tornando verso casa di Grace, la rievocazione storica della Riconquista di Málaga da parte dei Re Cattolici conclude ufficialmente la Feria. Un gruppo di signore, ai lati della parata, discute animatamente sull'appropriatezza del termine “riconquista” riferito a qualcosa che prima non si aveva. Poco piú in lá, qualcuno si chiede come facessero, nel 1300, a pisciare con addosso quei vestiti. 
Quattro tizi (ma proprio quattro di numero!) reggono indignatissimi uno striscione. Chiedono urlando slogan che non venga riabilitata la Santa Inquisizione. Tutti quelli che ci passano davanti, immancabilmente, finiscono col chiedersi sottovoce cosa accidenti c'entri, ora. 
Io nel dubbio filmo tutto, cosí poi sono pronta a lavorare a TVE. 



La sera, con Grace, esageriamo nelle ordinazioni. Il cameriere de El Piyayo, portandoci tapas d'ogni genere di fritto, c'informa che “tranquille, tanto siamo aperti fino all'una”. Gli lasciamo la mancia, perché c'ha fatte ridere. Ma parte dei calamari, ahinoi, rimane lí. 



(To be continued...) 

mercoledì 21 agosto 2013

Chiuso per Feria!

Ci ho sempre visto un non so che di epocale, nello scadere della mia SIM Yoigo. Una persona normale si limiterebbe a constatare i fatti: un tour finisce, i viaggi si diradano, la pigrizia congenita induce a rimandare la ricarica online. Cosí finisce che passano sei mesi, e prima che te ne renda conto ti ritrovi senza numero spagnolo. Tutto qui. Niente a cui non si possa rimediare con un avviso agli amici ed una capatina da The Phone House. Io, peró, la vena melodrammatica non la so piú combattere. Scrivo per qualcosa, d'altro canto. No? 

E allora incastro i fatti in un quadro globale. Un quadro in cui ascolto musica italiana. Capisco a cosa si riferisce la gente quando discute di programmi tv. Un quadro che mi ha vista riadattarmi, ormai del tutto, al mio Paese. Ché dopo quasi cinque anni, direte voi, era anche ora. Ma il punto é che io, a quel perenne spaesamento, m' ero ormai abituata. Affezionata, anzi. Ecco, l'ho ammesso. Quel sentirmi sempre altrove era diventato talmente parte di me da definirmi. E nella mia italianitá quasi completa, adesso, sento che mi manca qualcosa. 

Per questo sono cosí agitata, all'idea di tornare a Málaga. Nervosa come un'adolescente al primo appuntamento col ragazzo che le piace. Terrorizzata da ipotesi di delusioni, lapsus linguistici, autobus perduti. Impossibile da sedare, in sostanza. Manco con una camomilla strong, o una botta in testa, magari. 



Nel trolley c'é la rosa rossa, un po' ammaccata, del mio primo saggio di flamenco. Nei messaggi privati di facebook, qualche programma appena abbozzato per i giorni a venire. Ho addirittura fatto un elenco dei dischi da comprare alla fnac, sul retro della lista della spesa. Poi, m'é tornata in mente una canzone. "Tu per la strada, coi dischi, la spesa...". Ho sorriso. 

Carte d'imbarco ben piegate e la mia Spagna che mi aspetta. Festeggia, in piena Feria. Lí, sovraccarica di aspettative, con un passato da rivivere e un futuro da riscattare. Capirete: non potevo piú farla aspettare. 

Ci si risente tra una settimana. 


martedì 20 agosto 2013

I look ispirati ai dischi [Feria de Málaga Special Edition]: El Sueño de Morfeo + Chambao

Il countdown è ormai agli sgoccioli. Ma, prima di partire per Málaga, io ho ancora un paio di post da scrivere. D'altronde dovró pur compensare in qualche modo un'intera settimana di assenza, giusto? Giusto.

Quindi, niente. Prima di congedarmi in toni melodrammatici (ho in mente un titolo ad effetto da cinque giorni almeno), mi permetto una puntata extra della mia rubrica modaiola. Dove per “Extra” s'intende due per uno. Che poi tecnicamente sarebbe quattro per due. Beh, insomma, poi vi spiego.
Ma, soprattutto, s'intende che alla base c'é un tema. E il tema, l'avrete giá capito, non potrebbe essere altro che la mia destinazione.

Sí, perché El Sueño de Morfeo e i Chambao sono i nomi di punta dei concerti in programma alla Feria di quest'anno. I primi hanno suonato ieri. Gli altri, con un po' di fortuna e qualcuno che mi accompagni, riusciró a vederli Sabato. A loro sono ispirati i look che vi propongo. Due per ciascuno, quindi quattro in totale. E, tra parentesi, ecco spiegate anche le formule matematiche da offerta speciale a cui accennavo poco fa.

Per El Sueño de Morfeo ho scelto due album. Quello d'esordio, omonimo, in cui é imperativo un look casual e una maglietta nera con le scritte bianche; e “Todos tenemos un sueño” , il piú recente della loro produzione. Ecco, di quest'ultimo sono particolarmente fiera. Greatest hits che raccoglie i maggiori successi della band, con la partecipazione inedita di alcuni colleghi anche nostrani, il disco si presenta con una copertina scanzonata. Ambiente marittimo. Palloncini colorati. Atmosfera d'estate e di felicitá che ho cercato di ricreare per il look abbinato. Il tocco in piú? La collana con la sagoma di una ragazza che proprio dei palloncini ha tra le mani...

El Sueño de Morfeo, "El Sueño de Morfeo"


Music Inspired - El sueño de Morfeo






El Sueño de Morfeo, "Todos Tenemos un Sueño"

Music Inspired!




Per i miei adorati (e malagueñissimi) Chambao, invece, ho optato per due tra le cover che a mio avviso meglio rispecchiano lo stile etnico e gitaneggiante de La Mari. E con lei, in realtá, di tutto il loro mondo musicale. C'é "Pokito a Poko", con il suo scialle/mantón da far volteggiare in aria e la gonna lunga a tinte scure, impreziosita da ricami arabeggianti; E "Con otro aire", dove la gonna resta lunga ma si tinge di rosso, mentre i bracciali, semplici e neri, si fanno irrinunciabili.

Chambao, "Pokito a Poko"

Music Inspired- Chambao





Chambao, "Con Otro Aire"

Music Inspired - Con otro aire, Chambao




Nel ricordarvi che potete rivedere tutti gli outfit anche sull'apposita bacheca Pinterest vi chiedo, allora: quale tra questi quattro preferite? 

lunedì 19 agosto 2013

"I love my Favs!"

Ultimamente sono in fissa con gli slogan da magliette. Non che li indossi o li faccia stampare, che sarebbero due cose per me troppo normali. Macchè. Io li invento e basta. Cosí, senza nemmeno condividerli. Ad esempio, c'é quello per il primo concerto di Dani Martín in Italia: uniforme da Fanclub con punte di delirio. Data e luogo della performance, per non scordare mai. Sotto, nella mia mente malata, le parole “Io CERO”. Senza apostrofo, é ovvio. Ché si giocherebbe sul titolo del singolo per il mercato spagnolo. Capite? Sono troppo avanti. E poi c'é la canotta che avrei sempre voluto avere. Sin da piccola, da quando mio nonno mi ha illustrato il linguaggio marinaresco con l'aiuto di una targhetta tipo quelle con le uscite di emergenza sui sedili degli aerei. Ecco. E' stato allora che ho scoperto l'esistenza di una bandiera che significa: “Sono disorientato, comunicate per me”. Con il senno di poi, sarete d'accordo, ho pensato che mi rappresentasse.

Insomma, sull'onda di questo filone, oggi indosserei volentieri un top nero con sopra una stella gialla. Ci farei ricamare sopra “I Love My Favs!” e, a dispetto della tautologia, lo indicherei in una foto facendo facce orgogliose. 

Sí, perché ormai lo sapete che ho una vena nostalgica mica da ridere. Il problema é che la bastarda tende a far capolino nei momenti meno opportuni. Tipo prima, che avrei dovuto scrivere un post aziendale con i consigli sulla gestione del tempo (Time Management, anzi, ché fa piú figo) e invece mi son persa a rileggermi tutti i miei preferiti su Twitter. Come se non l'avessi mai fatto, poi. La cosa buffa é che la sesta tra le dritte che avrei dovuto dispensare insisteva sul “non perdere tempo prima di iniziare a lavorare”. Ma ormai è chiaro che ho assunto il “predica bene- razzola male” a filosofia di vita. 

Comunque. Un'altra cosa che dovreste sapere é che da anni considero i “FAV” di Twitter il miglior ritratto possibile di una persona. Di quelle che li usano come me, almeno: per ricordare momenti. Per salvarli dal flusso implacabile delle timeline. 

Cosí, invece (anzi, prima, perché poi il post l'ho scritto, non crediate!) di dedicarmi al time management mi sono riscoperta. E, mentre sorridevo malinconica, mi é venuta quest'idea bizzarra di condividere quei momenti anche con voi. 

Li ho raccolti in meno di trenta schermate (non spaventatevi, si leggono in fretta!). Ci sono frasi in cui mi identifico, commenti di amici a cui voglio bene, battute che mi hanno fatta ridere. Ci sono pezzi di conversazione che forse non capirete, ma che a me ricordano attimi concreti almeno quanto un suono, una fotografia o un odore. Tutti assieme, dal piú al meno recente, raccontano in un quadro cronologico inverso la mia vita su twitter. E, con essa, quella che m'é cambiata attorno e dentro anche nel mondo reale. C'é la passione che mi ha spinta ad usare quel social network all'inizio. La Grande Missione che mi sono impegnata ad inseguire. E poi, via via, il riaffiorare sempre piú pressante di altri interessi, parole, lingue ed  avatar. Di altri musicisti, persino. In quelle schermate, se avrete voglia di darci un'occhiata, troverete i miei viaggi, il mio italo-spagnolismo, la pubblicazione del mio libro. 

E, non crediate: per un momento ci ho pensato sul serio, che di tutto ció, a voi, potesse legittimamente non fregare alcunché.  Sono stata quasi sul punto di lasciar perdere. Ma poi mi sono detta: “che diamine!”.  I messaggi che condivido sono comunque giá pubblici e rintracciabili online.  I loro autori sono abbondantemente citati. E, soprattutto, questo blog é mio. Perció, non vi resta che sopportarmi. E, se vi va, leggervi i miei FAV nella slideshow qui sotto (NB: se passate il cursore del mouse sulla schermata, in alto a sinistra trovate il pause; cliccateci per leggere con piú calma e cliccateci di nuovo per far ripartire le slide) 


venerdì 16 agosto 2013

Turismo in Musica: i videoclip girati a Tarifa

Tarifa, ormai dovreste saperlo, è uno di quei posti che mi son rimasti nel cuore. Mi piacerebbe tornarci, in vista del mio prossimo rientro a Málaga. Certo, sempre che esprimere il concetto a chiare lettere non porti ad altre improbabili guerre fredde neocoloniali. Ché, voglio dire: giá gli sbarchi clandestini sono triste routine, lungi da me accumulare altri casini. Nel dubbio, mi aggrappo al condizionale. Faccio la gnorri. E vi presento la localitá nel modo a cui ormai vi ho abituati: eccoli qui, allora, i videoclip che sono stati girati nel punto bianco e ventoso piú meridionale d'Europa! 


1. Macaco – Puerto Presente (ft. Fito Cabrales)




Video di echi surrealisti per quest'inedita (quanto riuscita) collaborazione tra due grandi della scena musicale iberica. Lo scenario é l'immensa spiaggia tarifeña, qui resa ancora piú affascinante dall'assoluta assenza di presenze umane. Unico dubbio: la maga é Carmen Machi - protagonista di Aída- o ci assomiglia soltanto? 

2. Los Rebujitos – Ya no sé qué hacer 

Non si poteva scegliere location piú adatta, per ambientare accenti e ritmi di un brano in cui il flamenco si fonde a sonoritá quasi arabeggianti, come l'Andalusia incontra il Marocco  nella lingua di mare lí davanti. Oltre a Tarifa, nel video compaiono anche alcuni scorci di localitá vicine della Costa della Luz come Bolonia (ricordate? Ne parlavo in un post!) e Utrera. 


3. Lineafilms – hacer el amor 

Per quanto si tratti di una produzione di stampo decisamente amatoriale, ho deciso di includere questo video perché presenta una visione di Tarifa un po' piú completa di quelle canoniche. Oltre alla sua spiaggia idilliaca, infatti, il protagonista ci porta alla scoperta di diversi scorci urbani sia in diurna che in notturna, dalla chiesa di San Mateo al lungomare increspato dall'immancabile vento. Alcune riprese sono state fatte anche a Gibilterra.

4. Chambao – duende del sur





E qui ammutolisco. Perché no, davvero, che vi dovrei dire? "Duende del sur" é LA canzone. E' il mio Erasmus. E' la Spagna che ho vissuto. E' lo spirito e l'imprinting che m'é rimasto incollato all'anima. Il mio Sud, insomma, quello che continuo a cercare in ogni dove. Il video lo riflette appieno. Tanto che l'unione di testo e immagini, ogni dannata volta, mi strappa qualche lacrima. Ho pianto anche un minuto fa, riguardandolo. Anche se sul Play ci avró cliccato cento volte almeno. Anche se lo conosco a memoria. Anche se piangere per un videoclip, Dio Mio!, non é normale.

Ecco perché non diró nulla, se non che quella distesa bianca su cui cammina La Mari é sabbia. E no, l'immagine - assicuro - non é affatto filtrata. Capite, adesso, perché dico di amare 'sto posto?


5. The SunClub – Te Te (Shake that heaven)





Dalla Tarifa della natura e della pace, alla Tarifa del divertimento, della gioventú e del surf. Un vero e proprio spot turistico, questo che accompagna le note dance dei The SunClub. In pochi minuti, gli autori del brano riassumono egregiamente una delle tante anime del luogo. 


7. U2-  Moment of surrender 

Concludo con un altro tocco internazionale, questa volta a cura di una delle band piú conosciute del Pianeta. Anton Corbjin ha girato per gli U2 questo bel video in bianco e nero che, nonostante sia nella sua quasi totalitá ambientato a Cadiz, si conclude (come apprendo da svariati fanclub degli irlandesi) proprio sulla spiaggia di Tarifa.

Al solito, se siete a conoscenza di qualche altro video musicale girato sul posto, segnalatemelo!

mercoledì 14 agosto 2013

Adottare parole. E palabras.

In effetti, l'incentivo a riscrivere il Decameron in 100 tweet sarebbe anche potuto bastare. Ma é soprattutto per un'altra iniziativa che la Società Dante Alighieri si è aggiudicata in questi giorni la mia eterna stima. Parlo del progetto "Adotta una parola", nato per tutelare i termini italiani in via d'estinzione. Sí, insomma, per evitare l'appiattimento del linguaggio in un'era digitale sempre più votata a sintesi, immagini e reiterazioni.

L'idea è quella di scegliere un vocabolo tra quelli messi a disposizione da ben quattro dizionari tra i più prestigiosi della nostra Nazione. Se é in grassetto, significa che nessuno si é ancora proposto come suo custode. Farlo - e, cioé, adottarlo- significa incentivarne l'utilizzo. Inserirlo nei propri scritti. Proteggerlo da intemperie e metaforiche ragnatele.

Io poi mi sono sentita piuttosto orgogliosa, devo dirvi la veritá: sfogliavo la versione online del Garzanti, e mi sono accorta che gran parte di quelle parole in grassetto le uso giá di frequente nei miei post. Sul serio, per cinque secondi netti mi sono sentita intelligentissima. Peccato che poi mi sia subito passata.
Comunque. Insistevo nella ricerca perchè pensavo che adottare una parola fosse un po' come prendere in affido un cucciolo in canile. Dicono sia lui a scegliere te, non il contrario. E in effetti, ci crediate o meno, è stato proprio così.



Non ho avuto dubbi, quando ho letto "ispanofono". Ci ho cliccato sopra. Mi sono impegnata ad utilizzarlo ogni volta che capiterà l'occasione. A denunciarne l'uso improprio. Insomma, ad averne cura. Mi stava aspettando, lo capirete anche da voi. 

D'altronde, come me, ci sono anche tanti vip ad aver aderito all'iniziativa. Giorgia e Javier Zanetti, per esempio, sono diventati custodi di "fuggevolezza". Matteo Renzi ha scelto "propinare", Giuliano Pisapia "dirimere", e Dario Fo  "Gibigiana", termine di origine lombarda che francamente non ricordo di aver mai sentito prima d'ora. 



La cosa migliore, peró (almeno nell'ottica di questo blog), é che anche in Spagna c'é un'iniziativa simile. La Escuela de Escritores de Madrid e la Escola d'Epscriptura del Ateneo Barcelonés hanno, infatti, collaborato per mettere assieme un'autentica Riserva di termini castigliani e catalani ormai in disuso. Ci sono riuscite grazie alla partecipazione di 21.632 persone provenienti da 69 Paesi diversi che, dal 30 Marzo al 21 Aprile scorso, hanno preso sotto la propria ala protettiva piú di diecimila parole.

Tra esse, la piú adottata dalle popolazioni ispanofone (strizzata d'occhio!) é risultata essere "bochinche". Il significato? Una situazione confusa, caotica, senza ordine alcuno. 'Somma, per farla breve, un casino.

Potete consultare l'elenco completo dei quindici vocaboli spagnoli piú custoditi a questo link. E voi, cosa aspettate ad adottarne qualcuno? 

lunedì 12 agosto 2013

I look ispirati ai dischi: "A Las Cinco en el Astoria" de La Oreja de Van Gogh

Se ti danno appuntamento “a las cinco en el Astoria” tu ti metti in tiro. Naturale. Con quel nome lì, l'hotel lo immagini di lusso. Di quelli con la hall immacolata seminata di divani in pelle vera. Quattro stelle minimo. Luci soffuse. Filodiffusione appena percettibile di noiosissima musica lounge. Il personale è senza dubbio incravattato, del genere “troppo affabile” perchè tu non ti senta almeno un po' a disagio. Sì, insomma, l'Astoria è chiaramente uno di quei posti in cui organizzano convention sull'autostima e americanate del genere. Di quelli in cui, appena entri, ti senti quasi in obbligo di sussurrare. Tutto questo sempre che tu non abbia vissuto a Parma, ovvio. Perché in quel caso il nome evocherà immaginari squallidi e del tutto opposti, da arrivo trafelato e sudaticcio alla stazione dei treni. Ma questa è un'altra storia.

I membri de La Oreja de Van Gogh, d'altronde, non credo che a Parma ci siano mai stati. L'album a cui faccio riferimento è il primo che hanno editato con Leire Martinez alla voce, nonché il mio preferito in assoluto tra tutti i loro. Include hit come El último Vals, Inmortal, la bella Más (tra le tante a ricordarmi l'Erasmus) e la sempre commovente Jueves di cui giá tante volte ho scritto.

La copertina trasuda un'atmosfera raffinata sui toni predominanti del nero e dell'arancione. A sdrammatizzarla, gli ombrelli che il gruppo lancia in aria sul retro, che diventano – come é ovvio – accessorio imprescindibile per l'outfit che vi si ispira. Tra l'altro, al ruolo degli ombrelli sulle copertine dei dischi spagnoli, si potrebbe dedicare un trattato. Da “Estados de ánimo” de El Canto del Loco in poi (ma anche in prima, suppongo, per quanto io sinceramente l'ignori) sono usatissimi. Chissá, forse dipende dalla stravaganza insita nell'oggetto per un Paese maggioritariamente baciato dal sole. Ma poi pensi alla Galicia e ti cascan palco e scuse.


Il retro-copertina del cd 


Comunque. Se vi invitano all'Astoria (non quello di Parma) ora sapete come vestirvi. Tubino nero in primis. E, a questo punto, speriamo che...piova.
Music Inspired-la Oreja de Van Gogh






PS: potete consultare gli outfit creati fino ad ora qui o sull'apposita board di Pinterest. E se avete qualche album italiano o spagnolo di cui vi piacerebbe veder creato un look, proponetemelo pure!