lunedì 29 settembre 2014

Gli 11 account che ogni italo-spagnolo dovrebbe seguire su Instagram

Non so a voi, ma a me Instagram piace un casino. É rilassante, creativo, perfetto per i tragitti brevi in treno. Puó succedere, però, di aver voglia di aumentare il proprio elenco di follower. Variare le tematiche. Chessó, godersi qualche scatto particolarmente efficace senza che provenga per forza dal lampo di genio di un amico. Così, é capitato che un sito web qualunque mi abbia indirizzata al profilo ufficiale di Barbie. E mentre mi avvio inesorabilmente verso la perdizione (sí, quest'anno compio i trenta, non infierite) mi é capitato di pensare: se io sono riuscita a scoprire qualcosa di originale e insolito grazie a consigli trovati in Rete, perché non elargirne qualcuno anch'io? É per questo che ho messo assieme l'elenco degli 11 account che, secondo me, ogni italo-spagnolo dovrebbe seguire su Instagram. Non vuol dire che siano per forza i migliori. Gli unici. I più innovativi. Semplicemente, tra le mie -sempre troppo limitate - conoscenze iberiche in rete, sono quelli che mi hanno entusiasmata di più. Nel proporli, vi invito anzi a segnalarmene altri: l'unione fa la forza. E, nell'era del visual, é sempre un piacere avere qualcosa di nuovo da ammirare. 


1. Spain. Account ufficiale dell'ente spagnolo del turismo, pubblica le migliori foto dei paesaggi della Penisola Iberica, e ti fa venire una gran voglia di salire sul primo aereo. É anche, a mio avviso, tra gli account iberici che utilizzano meglio il mezzo: non solo invitano gli utenti a postare i propri scatti con l'hashtag #VisitSpain, ma l'utilizzano anche per continui concorsi a mezzo dell'apposita piattaforma. 

Alcune immagini postate sull'account @spain

2. Igers Spain.  Il profilo della comunità degli instagrammers spagnoli non può mancare nel feed  di nessun itañolo che si rispetti. Vi trovate le migliori foto di paesaggi iberici pubblicate dagli utenti con l'hashtag #igerspain e corredate di apposito logo. Ad essere onesti, io lo trovo un po' disomogeneo in qualità; resta, però, in ogni caso imprescindibile.  

Alcune immagini postate sull'account @igersspain

3. Mamá, de Mayor quiero ser flamenca . Account collegato all' omonimo blog di Elena Rivera, fashion designer di abiti flamenchi e in generale appassionata del lato più modaiolo del ballo andaluso. Vi trovate bozzetti delle sue creazioni alternate ad istantanee dalle sfilate di moda flamenca e dettagli di abiti irresistibili per chiunque ami un'arte entrata a far parte del patrimonio culturale dell'Unesco. 

Alcune immagini postate sull'account @mdmqsflamenca


4. Boa Mistura. Collettivo di street artist madrileñi ormai affermatissimi a livello internazionale, condividono su instagram le loro migliori creazioni intorno al mondo, spesso arricchite da materiale "work in progress" e con una qualità fotografica sempre ineccepibile. 

Alcune immagini postate sull'account @boamistura

5. Quijote y Sancho  . Profilo dell'omonimo sito web finalizzato alla divulgazione e apprendimento di lingua e cultura spagnola, Quijote y Sancho posta immagini affascinanti e coloratissime di ogni angolo della penisola iberica, prediligendo soprattutto architettura, gastronomia ed arti figurative. 

Alcune immagini postate sull'account @quijoteysancho

6. Spanish you too . Al sito: spanishyoutoo.com fa capo un gruppo di supporto che offre gratuitamente consigli ai ragazzi di tutto il mondo che volessero studiare nella terra di Cervantes. Sull'account instagram ad esso collegato si trovano foto dei luoghi più emblematici della penisola, alternati a quote e momenti di vita quotidiana in cui chiunque si sia trovato a vivere da straniero in Spagna, inevitabilmente, si ritroverà. 

Alcune immagini postate sull'account @spanishyoutoo

7. Italia.esItalia.es é un'associazione culturale con sede a Barcellona la cui itañolissima peculiarità sta nell'organizzare concerti di cantanti italiani nella Penisola iberica (parentesi: ehi, non é che per caso cercate collaboratori?!). Oltre alle foto degli eventi organizzati e relative attività di divulgazione, sul loro account instagram si può trovare anche qualche quote a tema musicale e vignetta ispirata all'attualitá iberica. 

Alcune immagini postate sull'account @italia.es

8. Phil GonzálezPhil González, spagnolissimo, é nientemeno che il fondatore del brand "instagramers", community che conta attualmente più di 300 gruppi nei distinti Paesi del mondo. Questo lo rende non solo uno degli igers più attivi d'europa, ma anche il cittadino iberico che probabilmente meglio conosce ed utilizza il mezzo. Sul suo account troverete soprattutto foto di paesaggi di Spagna e del mondo, anche se non mancano scatti presi dalla vita quotidiana. Ad accomunarli, tutti, c'é un punto di vista personale ed un dominio assoluto di composizione e filtri. 

Alcune immagini postate sull'account @philgonzalez


9. Kainxs. Con i suoi più di 126.000 follower Gabriel Samper, avvocato di professione, é attualmente uno dei fotografi più seguiti di Spagna. Fa parte di un'associazione denominata FIE (fotografi di iPhone spagnoli) che promuove la fotografia realizzata con telefoni cellulari. In effetti, a giudicare dai suoi scatti, sembra che i mezzi professionali non siano affatto imprescindibili per realizzare scatti di qualità. 

Alcune immagini postate sull'account @kainxs 

10. El Wood . Se cercate immagini insolite e poetiche, questo diventerá in poco tempo uno dei vostri account preferiti. Appartiene a Luis Torres, fotografo spagnolo che ha saputo caratterizzarsi per i suoi scatti in bianco e nero, sempre molto curati e tutti realizzati con iPhone. I soggetti sono vari: si va dalle ville della Galicia a intere serie dedicate alle cittá andaluse, passando per alcuni lavori di studio o particolari insoliti presi direttamente dalla strada. 

Alcune immagini postate sull'account @elwood
11. Visita Valencia Profilo da segnalare soprattutto in virtù del suo itañolissimo primato:  aperto nell'aprile 2014, é infatti il primo account ufficiale del Turismo di Valencia interamente in lingua italiana e pensato per italiani. Oltre a bellissime immagini della cittá, non é raro trovarvi indicazioni turistiche e annunci di feste ed eventi che faranno la gioia di ogni turista. 

Alcune immagini postate sull'account @visitavalencia


Parola e cuoricini, adesso, li lascio a voi! 

venerdì 26 settembre 2014

Dolce & Gabbana S/S 2015: il lato italo-spagnolo delle Fashion Week

Dolce e Gabbana, la collezione 2015 fonde Spagna e Sicilia
Sette

Gli addetti ai lavori lo chiamano Fashion Month. Io, vetrina virtuale di vestiti che quasi mai finirò con l'indossare. Il punto è che sono state tante, le collezioni presentate in questi giorni tra New York, Londra, Milano e Parigi. Tra tutte, peró, soltanto una si é guadagnata a pieno titolo un post su questo blog. Parlo di Dolce&Gabbana. Di due stilisti che hanno riassunto nella proposta per la primavera/estate il concetto stesso di itañolitá. Teneri. Li ho visti twittare le bandiere dei due Paesi, l'altro giorno. In mezzo, ci avevano messo un cuore. 


Le loro creazioni si ispirano all'influenza della cultura spagnola nella tradizione siciliana. Ne fondono gli emblemi stilistici in un tripudio di rosso, di nero, e di bianco. Così, i pizzi si abbinano alle rose rosse tra i capelli. Giacche e ricami strizzano l'occhio al traje de luz dei toreri. Gonne lunghe arricchite di pois e balze parlano di flamenco e di tablao. Un successo, quello riscontrato a Milano con Linda Evangelista come special guest star. 















Per quanto mi riguarda, confesso che mi aspettavo qualcosa di estremamente kitsch. Voglio dire, si tratta pur sempre di Dolce&Gabbana: non proprio la massima icona di sobrietà. Qualche modello, invece, in parte mi ha sorpresa. Le vetrine virtuali, tuttavia, per il momento le tengo per me. Qui, piuttosto, mi preme ricalcare  in immagini gli aspetti più propriamente spagnoleggianti della collezione. Le foto che ho usato provengono tutte dalla pagina Facebook dei designer, e le potete trovare anche qui e qui. Allora, cosa ne pensate? 



giovedì 25 settembre 2014

I trentenni in discoteca.


Strana gente, i trentenni. Nostalgici di una nostalgia strana. Ricordano Periodi d'Oro con la distorsione del tempo passato. Chè era bello, scatenarsi in discoteca finchè se ne aveva il fiato. Il sudore appiccicato ai vestiti. I cocktail dal sapore dolciastro. Davvero, accidenti, quanto ci divertivamo! Così ci cascano. Ci caschiamo tutti, prima o poi.

Soffieremo candeline. Cambieremo decennio. E, dopo una pausa ad effetto che fa tanto preludio-al-massacro-da-film- horror, annunceremo: “è tanto, però, che non andiamo a ballare”! Ta-daaaaaan. 



Ci mettiamo quattro ore, a trovare un locale. Consultiamo 324 recensioni su tripadvisor. Cerchiamo app per l'evenienza. Divaghiamo mentalmente pensando alla bellezza delle partite a Risiko. Il tutto per renderci conto che l'unica opzione che davvero ci entusiasma sembra essere la Silent Disco. Avete presente, no? Quel concetto meraviglioso  per cui ti danno delle cuffie, tu scegli di ascoltare la musica che vuoi, e ognuno balla come un indemoniato per conto proprio. Che almeno “se vuoi parlare con qualcuno ti togli gli auricolari”. “Sì, non c'è casino”. “Ma dite che uno può portarsi l'iPod da casa?”. Che siamo irrimediabilmente vecchi, in effetti,  avremmo dovuto capirlo già lì.  A dirla proprio tutta, io mi sono chiesta anche se ci fosse il volume regolabile. Solo che ho deciso di tenermelo per me. Del resto, sto già fantasticando sulla Rivelazione del Secolo: in alcuni di questi posti – è scritto su Tripadvisor- il genere ascoltato viene segnalato da lucine di diversi colori. Voglio dire, ci rendiamo conto dei vantaggi? Con una sola occhiata puoi: 

A) Capire se uno è gay
B) Capire se uno è disadattato 
C) Capire se potrebbe venire ad un concerto con te
D) Capire se insulterebbe pesantemente i tizi che vai a vedere in concerto tu.

Insomma, è il luogo di Rimorchio perfetto! Il Paradiso in Terra! E' geniale! E'... 

“Una vaccata. L'uomo medio guarda quello che ascoltano le tipe e prende le cuffie di conseguenza. Poi l'hard rock se lo ascolterà a casa”. 

Un minuto di silenzio: riposi in pace un'illusione. 

Comunque: la Silent Disco, manco a dirlo, in giro non c'è. Così trangugiamo un grappino, prendiamo il giubbotto, e prendiamo per le corna la nostra affatto perduta gggioventù. 



Nella foga di voler evitare i bimbi (leggi: neo-diciottenni molesti in libera uscita) finiamo in un locale  popolato in via esclusiva da quella rinomata specie autoctona dei locali danzerecci italici meglio nota come: viscidoni. Trattasi, per chi non li conoscesse, di uomini al di sopra dei 40 anni, tendenzialmente sudaticci e molto poco avvenenti, che si dimenano in modo scoordinato in pista lasciando occhiate languide a chiunque sia dotato di un seno. Suona La Copa de La Vida. Oleoleole. La Festeggiata ed io ci guardiamo con aria terrorizzata e il vaghissimo sospetto di essere rimaste incastrate in una brutta copia degli anni novanta. Ci beviamo un mojito, e scappiamo via. 

A questo punto è l'una di notte e io sono già cotta. Dove per "cotta" intendo che devo concentrare tutte le  energie sulle palpebre per imporre loro di non chiudersi. Mi sa che non ci riesco neanche granchè bene, visto che ho ricordi piuttosto vaghi del tragitto per raggiungere il secondo locale. Una discoteca vera e propria, questa volta. Di quelle che per entrare devi sborsare venti euro e sorbirti file epiche. Ma si è in compagnia, siamo gggiovani, si può fare.  

Mi guardo attorno. Una mandria di ragazze si dirige spavalda verso l'entrata, sfidandosi all'evidente gioco di mostrare più parti possibili del corpo senza arrivare al nudo integrale. Ridono contente. Si mantengono in bilico su trampoli che manco al circo. Io, con i collant invernali, la giacca in pelle e gli stivali rasoterra mi stringo in qualche brivido di freddo con un'espressione da imminente patibolo. Poi, un trans supera l'allegra comitiva su tacchi ancora più alti. Indossa una minigonna inguinale giallo fluo ed ha un fisico molto ma molto più bello del mio. Mi viene da piangere. Giuro.


Un tizio ci prova, infatti, col trans. “Sei bellissima”, gli dice. Sento che vuole offrirgli da bere. Mi chiedo se non abbia capito, se abbia capito e gli vada bene così, se è proprio quello che cercava, se lo sta prendendo in giro. Poi, in uno di quei fastidiosissimi momenti di empatia che mi prendono ogni tanto nei confronti della razza umana, penso a quanto debba essere difficile vivere così. Senza sapere quello che la gente vuole o si aspetta realmente da te. Eppure chi di noi lo sa, in fondo? 

Un'amica interrompe i miei deliri filosofici sottoponendomi una gif sul cellulare in cui un tipo fighissimo si spoglia tra gli urletti femminili. “Ma perchè mi mandano 'ste cose?”, si chiede affranta. A me viene da ridere, e torno alla realtà.

La discoteca – in cui peraltro ero già stata – si rivela popolata di gente varia. Ragazzi carini persi nel loro mondo. Viscidoni. Bimbi. Coetanei più o meno intraprendenti. Tra loro c'è anche una biondina ubriaca che biascica qualcosa sul fatto che è ubriaca (ma va?) ed una tizia che balla scatenata con una testa di cavallo in plastica a coprirle il volto. Sul serio. Che, dico io,  per indossare una maschera equina per ballare devi come minimo: 

- esserti drogata di brutto 
- essere (o credere di essere) brutta 
- fare la comparsa in un video di Cremonini. 

Certo, c'è anche la possibilità che tu sia una celebrità e non voglia farti riconoscere per sfuggire agli autografi, ma il “naaaaaaaaaa, ma va!” con cui viene pubblicamente accolta la mia teoria mi lascia intuire che forse non sia poi tanto plausibile. Io mi immaginavo già Katy Perry. Uffa. 

Comunque: in questo ameno loco ci sono due sale, che dovrebbero differenziarsi per genere musicale. In realtà, quella al piano di sotto è palesemente tecno. Quella al piano di sopra è palesemente tecno, con l'aggiunta di due cubisti palestrati che si dimenano attorno a un palo ed un dj francamente imbranato. Della serie che, nella circostanza già sfortunata di un genere musicale a te avverso (sto ancora sognando le cuffie della silent disco), appena stai per lanciarti nelle danze questo ti tronca senza criterio il brano. Al suo posto, dopo una pausa di qualche secondo, infila  un suono non meglio specificato che in quanto a ritmo starebbe bene in un brano di Alborán. La gente, infatti, si ferma di botto con lo sguardo smarrito. Se non fosse che l'episodio si ripete in loop fino alle quattro del mattino, penserei sinceramente ad un flashmob. 

A metá serata, sul palco al centro della sala viene allestito uno spettacolo di Drag Queen a tema Star Wars. Nelle intenzioni dovrebbe essere comico. Nella pratica Leila canta "Ma la sera a casa di Luca" di Silvia Salemi. Se non altro, c'è da dire che questi sul palco non hanno né un bel fisico né la minigonna giallo fluo. 

"Sai cosa pensavo?" , dice La Festeggiata sulla strada del ritorno.
"No, cosa?"
"Con tutto quello che abbiamo bevuto, non sono ubriaca per niente".
"Ma lo sai che nemmeno io?"

Qualche lato positivo, alla fin fine, i trent'anni ce l'hanno pure.














PS: nonostante la giacca in pelle, sono tornata a casa con il raffreddore. 

sabato 20 settembre 2014

Tre ritorni e una scoperta: il Settembre musicale Made in Spain

Mese di uscite discografiche, Settembre. Lo compongono singoli finalmente non forzati al frivolo; new hit ovunque sintonizzi; antipasti di album da comprare a Natale. In Spagna, ad esempio, l'hanno segnato i grandi ritorni. Fito y Fitipaldis, Pablo Alborán e Melendi (più o meno in ordine di gradimento personale) erano senza dubbio tra i più attesi. 

Li ho ascoltati, i loro lavori. E devo dire che non mi hanno entusiasmata. Gradevoli, certo. Ma privi di quell'insondabile quid che trasforma il "carino" in pelle d'oca. Troppo uguali a se stessi. Troppo accomodati in formule consolidate. Ecco, questa é la mia sensazione. Persino Fito pare essersi ridotto ad una copia di tanti suoi successi, nonostante il verso "Lo contrario de vivir es no arriegarse" sia diventato in poco tempo uno tra i più citati sui social. 



Melendi, dal canto suo, sembra stia seguendo una parabola discendente per cui non intravedo possibilità di riscatto. Negli anni, il flamenquillo pop degli esordi é andato via via lasciando il posto a brani di qualità (a mio avviso) sempre meno convincente e testi sempre meno ingegnosi. Perché? Mi vien da chiedermi ogni volta. Ad ogni nuovo disco che inevitabilmente commento con un "sí, bello, ma era meglio quello prima". Sconforto.



La dice lunga il fatto che, tra i tre, quello che mi convince di più sia il nuovo singolo di Pablo Alborán. Che, insomma, gran bel figliuolo finché vuoi (nonché, in quanto malagueño, anche simpatico a prescindere), ma m'é sempre parso un po' una lagna. Comunque "Por fin" é orecchiabile e struggente al punto giusto. E infatti, non a caso, gli ha fatto superare in soli tre giorni il milione di visualizzazioni su youtube. 




Ad ogni modo, se é vero che dai Ritorni mi aspettavo di più, una scoperta interessante c'é stata. Perció, anche se non si tratta di una novità in senso stretto, mi preme condividerla con voi. A raccomandarla, tramite Twitter, proprio il solito Dani Martín. E, nonostante sia ormai un fatto noto che la mia passione musicale nei suoi confronti stia vacillando pericolosamente, i suoi consigli hanno quasi sempre incontrato il mio gusto. Questi qui, poi, mi intrigavano non poco. Voglio dire, dai: un gruppo che si chiama "La Maravillosa Orquestra del Alcohol", un po' di curiosità te la mette a prescindere. Soprattutto se vai a cercarne l'ultimo disco su Spotify e scopri che contiene tutta una serie di brani intitolati "vasos vacíos" (bicchieri vuoti), "Amoxicilina" e simili. Il mio preferito é, senza ombra di dubbio, proprio quel "Quién nos va a salvar?" che all'LP dá il titolo. Una domanda che é tutta una dichiarazione di intenti. L'unica pecca? Farsi abbreviare in M.O.D.A. L'accento, vi prego, non metteteglielo mai. 


giovedì 18 settembre 2014

Catene per quando non sapete dove mangiare in Spagna.


Situazione: siete in vacanza in Spagna; belli giulivi, abbronzati e fischiettanti. A voi piacerebbe, sperimentare la gastronomia locale. Davvero, vi piacerebbe un sacco. Aveste tempo ci perdereste delle ore, a passare al setaccio i vicoli piú nascosti. In fondo da qualche parte - lo sapete - c'é il locale perfetto: sufficientemente tipico, economico, e non troppo turistico. Magari con un tavolo suggestivo e abbastanza appartato che s'é giusto giusto appena liberato per voi. Ma la ricerca, si sa, richiede pazienza. E voi siete preda di una fame nera. Una di quelle imbarazzanti, che sembra che ti stiano spostando dei mobili dentro allo stomaco. C'avete le allucinazioni, in quei casi lí. Mangereste un bue intero, se vi capitasse davanti, e vi fermereste solo perché il cannibalismo é illegale. Altro che Paradisi Gastronomici! Volete qualcosa da mettere sotto i denti. Ne avete bisogno. Adesso, subito, senza nemmeno leggere il menú appeso fuori.

Avete varie opzioni, perció:

1. Capitolare rovinosamente in un Mc Dondald's.
2. Puntare sulla pizza (peró, andiamo: andate in Spagna e mangiate una pizza? Daaai. Poi la criticherete anche, ci scommetto).
3. Comprare pane e affettati al primo supermercato e sbafarvi un sandwich tristissimo su una qualche panchina. Per niente chic.

Oppure c'é la quarta, che é scendere a compromessi. E scendere a compromessi significa, spesso, optare per una catena. 

Ce ne sono alcune con cui andrete sul sicuro. La qualitá é buona, il prezzo é ancora meglio, e le troverete piú o meno in ogni angolo della Penisola. Soprattutto, sono Made in Spain. Tutte. Il che vi garantisce, a vario titolo, un campionario gastronomico di provenienza locale. Siccome sono magnanima (e la fame nera mi prende spesso), ho voluto elencarvi le mie preferite.

1. 100 Montaditos. Un classico di questo blog, ora approdato anche a Roma. Fornisce un vasto assortimento di piccoli panini (in totale sono 100, per l'appunto) ripieni di ogni ben di Dio e realizzati con un tipo di pane la cui ricetta é mantenuta top secret. A completare l'offerta gastronomica ci sono olive, patatine, nachos, e stuzzichini quali alette di pollo piccanti la cui disponibilità può dipendere , peró, dalla location. Peculiare la formula di ordinazione: scordatevi i camerieri, e scordatevi i banconi da self service. Al loro posto troverete, ad ogni tavolo, un foglio e una penna. Non dovete fare altro che annotarvi quantità e tipo di panini e bevande desiderati. Poi, consegnate il tutto all'addetto al bancone, specificando il vostro nome. Verrete chiamati non appena il "piatto" sarà pronto.

Ah! Se giá non fosse abbastanza economico di per sé, ogni Mercoledì tutto, ai 100 montaditos, costa soltanto un euro. Le file kilometriche sono garantite, ma vuoi mettere la soddisfazione di un'abbuffata low cost?

Il mio must: il montadito 79, con salmone affumicato, formaggio brie e salsa di senape e miele. 




2. Cervecería Gambrinus. La prima volta che ne ho vista una (credo fosse proprio a Málaga) avevo immaginato fosse un posto carissimo. L'omonimia del noto caffé napoletano, invece, é solo una coincidenza. Il Gambrinus non é altro che una birreria il cui stile vuole ricreare quello della fabbrica della Cruzcampo all'inizio del XX secolo, e dove potete accompagnare le ottime cañas con un buon assortimento delle piú classiche tra le tapas spagnole. 

Il mio must: le lagrimitas de pollo. Se ci sono, ordinatele senza passare dal via. 



3. Cervecería Cruz Blanca. Definibile sostanzialmente come una trattoria informale, ricrea l'ambiente delle taverne tipiche spagnole dell'inizio del XX secolo con una ricca offerta di tapas e raciones che variano in modo anche piuttosto radicale a seconda del luogo in cui vi trovate. A Valencia, per esempio, potete degustare un'ottima Fideuá (sorta di paella fatta con gli spaghetti corti), mentre a Jerez potete trovarvi sapori piú tradizionalmente andalusi.

Il mio must: le crocchette. Siano di carote (le migliori!) di prosciutto o miste, lí non mi hanno mai delusa. 



4. Vips.  L'ambiente, di stampo vagamente americano, mi é sempre sembrato ne giustificasse il nome. Non perché sia particolarmente elegante o raffinato, ma perché - per qualche motivo abbastanza indescrivibile - un VIP, lá dentro, finisci per sentirtici davvero. Sará perché, nella maggior parte dei locali, devi annunciare la tua presenza ad una sorta di "reception", dove il responsabile di turno ti accoglierá con un sorriso per accompagnarti personalmente al tavolo. O forse sará per la presentazione dei piatti stessi, che riescono nella non facile impresa di unire gli ingredienti poveri ad un'elaborazione originale da perfetti gourmet. Consigliabili i menú, che permettono di godere di un pranzo completo e decisamente gustoso per meno di 10 euro bibite comprese.

Il mio must: i brownie. Dio, i brownie del Vips! 


5. Café y tea. Uno di quei luoghi in cui puoi recarti senza remore in ogni momento della giornata. Il vasto assortimento di dolci, tisane e caffé per cui é famoso lo rende perfetto per la colazione o una sosta per la merenda. Ma ci sono anche diverse proposte interessanti per chi voglia, invece, sceglierlo come location per pranzare. Anche qui, sono spesso disponibili menú che vi consentiranno di risparmiare un bel po'. I social media addicted apprezzeranno anche il fatto che in ognuno dei loro locali c'é il wifi gratis. Attenti, peró: se vi sedete all'aperto andrete incontro ad un sovrapprezzo!

Il mio must: il pane. Se vi chiedono se lo volete come accompagnamento al pasto, non esitate. Vi porteranno un cestino (peraltro esteticamente graziosissimo) pieno di pagnotte all'uvetta, al sesamo, ai cereali, e chi piú ne ha piú ne metta. 



6 Lizarrán. Ispirata alla gastronomia basca, la catena ha tuttavia sede in numerose cittá dentro e fuori dai confini iberici. Per pochi euro, potete perlustrare il banco e servirvi da soli con i vostri Pinxos preferiti. Per chi non lo sapesse, o non avesse seguito a sufficienza il mio blog (male!) si tratta di fette di pane su cui vengono adagiati gli ingredienti piú variegati, e devono il loro nome al fatto che sono trafitti da uno stuzzicadenti. Periodicamente, il suono di una campanella annuncia l'arrivo di nuove prelibatezze calde e appena sfornate, che il cameriere stesso verrá a proporvi al tavolo. Una volta finito il pasto, riportate il piatto in cassa: il conto sará calcolato sulla base del numero e della dimensione degli stuzzicadenti rimasti.

Il mio must: un po' di tutto, ogni pintxo ha il suo perché!




7. Cervecería la Sureña. Dai taglieri di affettati alle cozze, questo franchising che omaggia gastronomia e stile di vita andaluso offre tutto il necessario per accompagnare degnamente una birra. Aperto nel 2010 dallo stesso gruppo responsabile del successo dei 100 montaditos, fa del suo punto di forza la capacitá di offrire ad un prezzo vantaggioso prodotti prestigiosi quali jamón ibérico de bellota e gambas blancas. Come se non bastasse, ci sono offerte imperdibili quali la Doble Manía del Giovedí, che ti permette di ordinare la seconda porzione gratis, o la promozione della Domenica, che per soli sei euro ti garantisce una porzione a tua scelta ed un secchiello pieno di bottiglie di birra: vera e propria peculiaritá del locale, questa del secchiello, peraltro. Gli avventori tendono ad instagrammarlo fino allo sfinimento, sin dai tempi non sospetti in cui l'ice bucket challenge non ne aveva ancora fatto un oggetto virale.

Il mio must: ci credete? Per quanto me ne abbiano detto tutti meraviglie, non ho ancora avuto modo di andarci. Rimedieró presto, peró. E prometto, in quel caso, di aggiornare il post. 



Se avete altre catene iberiche salva- turista affamato da suggerire, beh, i commenti sono tutti per voi! 

domenica 14 settembre 2014

Vivere in Italia: i pro e i contro, secondo una spagnola.

Da un po' in qua, "Desde Milán" è uno dei blog che leggo più volentieri. In lingua spagnola, racconta - spesso con la giusta dose di ironia - le vicissitudini di una madrileña trapiantata in Italia. Anzi, peggio: al Nord Italia. Nella cosiddetta Cittá della Moda. Grigia e cara quanto basta a farle da perfetto antipodo alle origini. É un continuo confrontarsi di scenari culturali, il suo. Lo specchio impietoso che permette di guardarsi con occhi altrui. Per questo mi piace. E per questo ne apprezzo il canale youtube, che non solo lo completa, ma l'arricchisce di umanità. 
Ora: tra i tanti video caricati da SarayT (l'autrice) ce ne sono due che, più di altri, hanno catturato la mia attenzione. Elencano, rispettivamente, i lati negativi e positivi del vivere in Italia per uno spagnolo. Io, manco a dirlo, preferisco il primo. Non per quella sorta di disprezzo tutto italico che ci impone di condannare sempre e comunque la madre patria ma perché, evidenziando le nostre ombre, illumina ulteriormente i pregi dei cugini. Ce ne sono alcuni, tra essi, su cui non mi ero mai soffermata a pensare. Per esempio, la quasi totale assenza di zanzare nel clima meravigliosamente secco della terra di Cervantes: motivo di per sé già sufficiente a fare i bagagli right now. 
Ve li riporto a seguire, i video in questione. E, per chi non capisse lo spagnolo, ne traduco (commentandoli) i punti salienti. Chissà se e in che misura sarete, come me, d'accordo con SarayT

ASPETTI NEGATIVI DELLA VITA IN ITALIA


1. Il Clima. Uno spagnolo trapiantato al Sud d'Italia, magari, tutta questa gran differenza non la noterà. Trasferirsi al Nord, però, ho sempre pensato che debba costituire un trauma per ciascuno di loro. SarayT parla di pioggia incessante ed obliqua, freddo pungente in inverno, afa insopportabile d'estate. Eppure non menziona quello che secondo me è il Grande Dramma dello spostamento verso Est. Parlo della Luce. Quella luce pungente che forse proprio sugli edifici bianchi di Madrid raggiunge il suo acmé di brillantezza. Una luce che rende il cielo d'estate ancora chiaro alle ventuno e trenta, quando nel mio paesello è ormai notte inoltrata. Sposta i ritmi di vita, quel chiarore, e di vita ti inebria. La sua limitatezza, a ogni ritorno, è sempre la maggior causa della mia depressione. Ah, e poi ci sono le zanzare, certo. Gli insettini malefici che approfittano della mia bontà per riempirmi di bolle. Come detto sopra, è proprio grazie a SarayT che ho notato come in Spagna, effettivamente, scarseggino. Beati loro. 


2. I Prezzi.  L'Italia è cara di per sè. Milano, poi, non ne parliamo. Affitti. Benzina. Supermercato. Mentre SarayT racconta, affranta, i suoi trucchi di  risparmio, io non posso non ricordare la prima spesa fatta alla Coop di Parma al ritorno da 10 mesi di Erasmus a Málaga. Avevo riempito il carrello della stessa quantità e varietà di cibarie che mi ero abituata ad acquistare al Mercadona. Al momento di  pagare, giuro che ho quasi pianto davanti alla cassiera. Dice, SarayT, che i vestiti li compra in Spagna. E l'italiano medio avrà un gran bel dire che la qualità delle marche spagnole low cost non è nemmeno lontanamente comparabile alla nostra, e bla bla. Io, personalmente, preferisco comprarmi una maglietta a 10 euro e viaggiare per l'Europa che investire tutti i miei risparmi in un capo d'abbigliamento che duri per la vita. Che poi parliamone, dei miei jeans comprati a 9 euro da Blanco: sono sopravvissuti indenni a più di cinque anni di vita e quattro tour di concerti pop. 
Una delle poche cose che, curiosamente, in Italia costa meno che in Spagna è la telefonia mobile. In effetti, nella terra di Cervantes le uniche offerte veramente vantaggiose (e comunque meno delle nostre) sono quelle legate alle formule a contratto. Aggiungo i libri, che SarayT non cita ma che in base alla mia esperienza sono tra i pochi articoli più convenienti da noi. 

3. I trasporti. Il tasto dolente, filo conduttore di ogni mia indignazione da "confronto con l'estero". Immaginate come debbano sembrare a una che viene da Madrid: la città con uno dei sistemi di metropolitana più puliti ed efficienti del mondo; la Capitale i cui abitanti spesso rinunciano a comprare un'auto (tanto, a che serve?); la Nazione - in generale - dove le stazioni ferroviarie sono sicure, controllate e spesso integrano grandi e meravigliosi centri commerciali. Sì. Dev'essere proprio frustrante, per lo spagnolo medio, adattarsi ad un sistema di trasporti sporco, penalizzato - come ricorda SarayT- da eccessi di scioperi, dove una ragazza sola è meglio non viaggi di sera. 

4. Gli Automobilisti. "Pensavo che in Spagna si guidasse male, ma dopo aver passato tanto tempo qui posso dire che in Italia si guida come in Egitto", esordisce l'autrice di Desde Milán. Dal suo punto di vista, gli italiani guidano veloci, spericolati, senza alcun rispetto del codice stradale. I peggiori? Gli uomini arroganti negli enormi SUV, categoria a sé stante ed effettivamente emblematica dell'ecosistema milanese. Prima di quest'ultima affermazione, avrei detto a SarayT che anche il traffico dell'Andalusia non scherza, soprattutto in periodo di feria. Ma la densità di SUV molesti, in effetti, è una nostra assoluta peculiarità. 



5- La vita notturna. C'era uno slogan pubblicitario, qualche tempo fa. Credo fosse del Mc Donald's. Recitava: "in Spagna rientrare alle tre non è uscire; è andare a cena". Ecco, mai descrizione fu più azzeccata. Immaginate un Paese in cui si cena alle dieci. In cui di notte i centri cittadini sono più affollati che di giorno. Un posto in cui puoi stare tranquillamente in giro fino alle sette del mattino, semplicemente uscendo ed entrando da bar e disco pub di ogni sorta. Luoghi in cui c'é musica, si balla, e spesso e volentieri - se sei una donna - ti offrono pure la consumazione. Ecco. Ora immaginate che qualcuno, abituato a tutto ciò, si ritrovi di colpo catapultato nella cosiddetta "movida" (ah ah ah!) italiana. Voglio dire, se non ti suicidi sei da applauso. SarayT, infatti, é comprensibilmente scandalizzata dal fatto che alle due di notte il centro cittadino sia assolutamente deserto. Non capisce come sia possibile che i locali chiudano alle tre. Che, se proprio vuoi fare la notte in bianco, non ti resta alternativa che la discoteca: un posto in cui, per entrare, devi sborsare "un rene e mezzo" e che, peraltro, chiuderà alle cinque per riempirsi se va bene alle due. Che dire? Solidarietá. 



6- I piccioni. Anche in questo caso il video mi ha fatto notare come, effettivamente, i "simpatici" animali degni un film di Hitchcock siano Grandi Assenti nelle città spagnole. Capirete che, da ferrea e storica sostenitrice del progetto: "mettiamo un pannolino ai volatili" non posso che apprezzare la cosa. Per Saray, i piccioni che affollano piazza del Duomo sono "assassini in potenza" o quanto meno "omicidi involontari". Volano basso, si scontrano con la gente, sono a dir poco aggressivi. Lei ne ha il terrore; e in più di un'occasione, lo ammetto, ne ho avuto anch'io. Non per parlare sempre e solo di Málaga, ma lí la minaccia dei 200 euro di multa a chiunque venga beccato a dar da mangiare alle bestiole funziona eccome. Per evitare ulteriori danni d'immagine, propongo di applicarla anche da noi. O quantomeno, rivolgo ai nonni italiani un accorato appello: fate come gli andalusi. I vostri nipoti, per Dio, portateli piuttosto a dar da mangiare ai pesci. 

ASPETTI POSITIVI DELLA VITA IN ITALIA (Ovvero: RINCUORIAMOCI)



1. Il cibo. Sarà anche banale, ma come darle torto? Come spesso accade con i Grandi Amori, è stato proprio in Spagna che mi sono accorta di quanto fosse forte il mio nei confronti della mozzarella. Ricordo vere e proprie crisi di astinenza. Momenti di assoluto sconforto di fronte a bustine gialle dell'Eroski con una roba plasticosa e piccolissima a cui si ostinavano a dare quel nome. L'unica soluzione - nei casi disperati - era ricorrere ai prodotti d'importazione de El Corte Inglés, lasciandoci però (come nelle discoteche italiane) almeno un rene. Quindi sì, anche se la gastronomia spagnola si colloca ad altissimi livelli, la nostra non ha niente da invidiarle. Come dice SarayT, c'è in essa tutta la varietà della dieta mediterranea, un vasto assortimento di affettati e formaggi, verdure, carne, "pomodori che sanno davvero di pomodoro", e tutto quello che l'umana gola possa avvertire, in qualche momento, la necessità di assaggiare. Unica controindicazione: il rischio di trasformarsi in una sorta di mongolfiera. 



2. I luoghi. Milano è universalmente nota come una città brutta, grigia, industriale. Tuttavia, la blogger spagnola fa notare come il centro sia in realtà carino, ed ospiti un Duomo tra i migliori e meglio tenuti d'Europa. Soprattutto, invoglia ad uscire dai confini del capoluogo lombardo per scoprire una regione verde e selvaggia, autentica, con i suoi laghi e la sua natura sterminata. Ancora meglio, a viaggiare per ogni angolo di un Paese ricco di storia e cultura. Vario in scenari che spaziano dal romanticismo acquatico di Venezia, all'arte di Firenze e il sempre ammirato splendore della Toscana, passando per isole con spiagge paradisiache e i mari incantevoli del Sud. Nulla da ridire, davvero. Vivremmo in una Nazione veramente bella, se solo fossimo in grado di valorizzarla e abbassare i costi dei trasporti (vedi sopra) in modo da permettere a noi stessi di conoscerla di più. 



3. Gli uomini. E qui devo aprire una parentesi. Davvero, io non capisco perché le spagnole (la popolazione maschile apprezzerà) siano tutte ossessionate dai ragazzi italiani. Non ne ho ancora trovata nessuna - e dire che ne conosco tante, ormai! - che non mi abbia detto, almeno una volta: "ma tu sei fortunata a vivere in Italia, con tutti gli italiani….mmmm!". Dicono proprio "mmm". Giuro. Con un filo di bavetta alla bocca e lo sguardo adorante. Mmm. 
Davvero, cosa gli fate, a 'ste povere Criste? Sarà magari lo stereotipo del latin lover. L'immagine stilizzata del romanticone un po' assillante. Sarà colpa di Madonna e il suo "italians do it better", che ne so. Resta il fatto che SarayT non fa eccezione, nel dire alle connazionali che la fauna maschile sarà il lato dell'Italia che in assoluto apprezzeranno di più. Bah. 
Per quanto mi riguarda trovo spagnoli ed italiani esteticamente uguali nel fifty fifty che separa i figoni dai meno notevoli. In più, la minor fissazione per moda ed apparenza, l'informalità e l'apertura iberica (oltre all'accento, che la bavetta la fa venire a me) fanno guadagnare parecchi punti ai primi. Ma, in fondo, se le spagnole si accaparrano gli italiani, gli spagnoli restano per le italiane, quindi potrei definirlo uno scambio tutto sommato equo. 

Foto postata su Instagram dallo scrittore Maxim Huertas. 
Spagnole in primo piano, ed italiani di fondo.


4. La lingua. Ennesimo aspetto che non avevo mai considerato:  l'italiano è una delle lingue più studiate al mondo, eppure si parla solo in Italia. Ci sarà un perché, dice ammirata SarayT. In effetti, la musicalità dell'italiano è apprezzabile almeno quanto quella del castigliano.

5. La musica. E qui non son d'accordo per niente, ma forse è proprio perché non vivo a Milano. SarayT dice che in Italia ci sono ogni due per tre concerti di ogni tipo. Che la musica è valorizzata in tutte le sue infinite sfaccettature, tra locali live e gruppi emergenti da scoprire in ogni dove. A me, al contrario, sembra che qui i biglietti costino troppo e i tour durino troppo poco. Personalmente, ogni volta che trovo una band impegnata ad esibirsi in qualche bar, mi sento quasi di gridare al miracolo. Ma io sono anche quella che, per andare ai concerti, prende un aereo e parte per la Spagna. La visione distorta, perciò, potrebbe alla fin fine anche essere la mia. 


giovedì 11 settembre 2014

Frigiliana, un pueblo blanco da scoprire

Se mai vi capitasse (fortunelli voi!) di andare a Málaga, potrebbe venirvi voglia di organizzare un'escursione fuori porta. Di quelle facili-facili, da fare in giornata senza eccessivo dispendio economico e temporale. Magari la vorreste anche un po' atipica. Al di fuori dagli itinerari consigliati dalle guide. Ecco: io, in quel caso, vi consiglio Frigiliana. 

Paesino di modeste dimensioni e senza troppi monumenti rilevanti, vanta peró quel fascino bianco ed arroccato che comunemente associamo all'Andalusia. Ai suoi piedi, dirupi di rocce e di verde sfumano nel mare. Lá, dove la più nota località di Nerja fa sfoggio di sé al termine di un sentiero percorribile a piedi. Certo, sempre che siate abbastanza allenati da reggere sette chilometri di marcia, e abbastanza saggi da non farlo d'estate. 

Frigiliana é il tocco di colore dei vasi attaccati alle pareti. I 40 gradi d'ombra fuori da un negozio di souvenir col ventilatore attaccato. E' l'incanto tutto mediterraneo delle porte celesti, l'odore dei cavalli ai lati delle strade. É la sorpresa delle bandierine variopinte che, da un tetto all'altro, s'aggrappano ai vicoli in surplus di suggestione. 

É stata la mia ex coinquilina, ad indirizzarmici. Dal centro di Málaga ci si arriva piuttosto comodamente, anche utilizzando i mezzi pubblici. I bus partono dalla stazione o dal Muelle Heredia, nel porto della località. Il costo ammonta a poco più di 4 euro, e ce ne sono all'incirca ogni ora. Se avete la fortuna di imbattervi in una delle corse express, poi, raggiungerete Nerja in appena 50 minuti. Altrimenti vi beccherete la strada panoramica che, costeggiando il mare, vi ci condurrà in un'ora e mezza circa di tragitto piacevole. 

Una volta arrivati nel centro di Nerja, non vi resta che attraversare la strada. Da lí partono i mezzi per Frigiliana (consultate gli orari in anticipo per assicurarvi di riuscire a prendere la corsa del ritorno): il biglietto costa un euro, si fa a bordo della vettura, e vi conduce al pueblo blanco nel giro di appena 15 minuti. Posso garantire: non ne resterete delusi. 


lunedì 8 settembre 2014

In Cile Veritas.

Sensazione strana, quella della fiducia ripagata. 
Ti vien voglia di gridarla ai quattro venti. Condividerla, orgogliosa, negli "avevo ragione". 
Che poi tu mica c'entri. Non hai fatto proprio nulla, se non pagare (e dieci euro, mica un capitale!) per un pre-ordine su Amazon. No. La tua sola parte attiva nel progetto, se mai c'è stata, si è limitata all'assillo dei tuoi rassegnati amici, quelli che ancora si chiedono - poracci! - quand'è che smetterai di vivere laddove un palco muore. 
Eppure eccoti qui, esaltata come le due quindicenni che ami affermare ti compongano i trent'anni. Ridicola, probabilmente. Ma, fuori da ogni dubbio, sollevata. 




Dovevo parlarne, perciò, del nuovo album de Il Cile. Ci ho riservato un primo ascolto febbrile, costruito di attese protratte e curiosità nutrita di commenti positivi. I mezzi erano quelli che erano. Un paio di cuffie intorcigliate. Un vecchio computer ormai talmente scassato da impedirmi di fissare altro che non fosse la schermata di Spotify (alla lunga, interessante quanto la vernice che si asciuga). Si impallava, ad aprire altre finestre. Evitava, da solo, qualsivoglia distrazione. E allora ci ho chiuso gli occhi, su tutto quel nero. 37 minuti di pausa dal mondo. Un incresparsi di brividi che è iniziato ad accentuarsi già al crescendo musicale di ascoltando i tuoi passi.

Dietro a In Cile Veritas c'è, nel complesso, un cantautore più positivo e leggermente meno criptico di quello conosciuto con Siamo Morti a Vent'anni. Di quel disco però conserva e ulteriormente affina le caratteristiche essenziali, in una tensione al miglioramento che - come ho scritto più volte - è in ogni campo artistico la sola cosa in grado di garantirti un futuro. Il timbro vocale, per esempio, resta inconfondibile nel suo spezzarsi arrugginito e roco. Si fa, però, più rotondo e pieno, più sicuro di sé, capace di virtuosismi assenti nell'opera prima. I testi stessi, per quanto sembrasse difficile, eguagliano - se non addirittura superano-  in profondità quelli a cui ci aveva abituati dal 2012 di Cemento Armato. Versi da pelle d'oca sono disseminati qua e là a densità talmente elevata da rendere difficile la scelta ogni volta che vorresti citarne qualcuno. Malinconia, tenerezza ed ironia ci si alternano dentro a comporre un quadro che, come solo Il Cile riesce a fare, racconta una generazione intera semplicemente parlando di sé. Ascoltate Liberi di Vivere e capirete cosa voglio dire. 

A livello tematico, l'alcol è il filo conduttore che lega sottilmente le 10 tracce, giustificando il titolo dell'opera e la scelta (discussa e forse discutibile) del primo singolo estratto. Bicchieri consolatori di Jack Daniel's, tequila, bottiglie vuote ed anime ad alta gradazione sono, a ben vedere, il fondale di un'unica storia che si snocciola poetica e viscerale in collane di parole da perdercisi dentro.  Una volta mi ha detto, Lorenzo Cilembrini, che quando scrive abbonda in "labor limae". Beh, secondo me in questo disco si nota e gli è riuscito più che mai. 

I brani migliori? Personalmente direi "Parlano di te", il momento più alto di tutto l'album. Crepuscolare nei suoi piatti da lavare; visivo nel suo descrivere di oggetti e situazioni comuni la fine di un amore; semplicemente lirico già dalla prima strofa, che anche slegata dalla melodia è un dipinto prezioso a pennellate di parole. 

"Luglio coi suoi passi felpati sulla terra secca e l'asfalto con le rughe, mi prende ogni volta alle spalle come i brividi delle mie paure". 





Per non citare "Parlano di te queste stelle ormeggiate in un mare al contrario di una notte d'estate", una delle mie frasi preferite in assoluto assieme a "Ogni volta che ti osservo nel mio sangue si scioglie la Luna" di Vorrei Chiederti (ribadisco: sono una romantica, che ci volete fare?) 

Poi "L'Amore è un suicidio": la botta di vita del disco, la sferzata di energia rock, l'irrinunciabile parentesi ironica in cui riversare fiato e polmoni. 





Un'Altra Aurora (PS: correggete il booklet, c'è un refuso!) sorprende nel suo rivelare un Cile tutto sommato finalmente sereno. Perché la cerca così tanto che "si ammazzerebbe", sì. Raccoglie i suoi rottami, e lascia le unghie sulla parete. Ma poi ringrazia la sua vita e si perde nell'immenso di ogni suo sorriso. Orecchiabile e destinata ad incollartisi dentro, con quel suo nananananananana che ti condannerà a canticchiarla fino alla perdizione. 




E ancora "Sapevi di Me", il singolo attualmente in rotazione. Quello che mi ha sciolta, conquistata e catturata fino a diventare il mio mantra personale. Il biglietto da visita vero che apre In Cile Veritas con quella che è a conti fatti una sorta di seconda parte del brano, omonimo, che dava il via a "Siamo Morti a Vent'anni". 




A convincermi un po' meno è invece Maryjane. Leggermente modificata in alcune parti del testo rispetto alla versione che ci aveva regalato Il Cile in un video su Facebook. Carina, senza dubbio. Ma, forse anche perché priva del fascino della scoperta, di livello lievemente inferiore alle altre. 

Baron Samedi perde un po' la carica esplosiva che ha nella versione live, la dirompenza di quel video consumato di play. Ma è comunque bello avere finalmente incisa la frase in cui , sin dalla primissimo ascolto, mi sono ritrovata più che in qualunque altra. Perché anche "Il mio cervello è una centrale nucleare con le scorie da smaltire" e ogni volta che l'ascolto mi sento un po' meno sola. 





"Sole, Cuore, Alta Gradazione", infine. Quel singolo che, col senno di poi, forse non era il più adatto ad introdurre l'album. Non per il brano in sé (che a me è piaciuto subito, e continua a piacere) quanto per le reazioni avute. Chè sono stati in molti a non averlo capito. Si sono soffermati all'involucro di sonorità radiofonicamente accattivanti per non arrivare a cogliere la derisione intrinseca, parodica e satirica, del testo. Chi si aspettava il ritorno del tizio di Cemento Armato ne è rimasto a volte un po' deluso, ed è un peccato perché quel tizio, invece, ne "In Cile Veritas" c'è tutto, dal primo all'ultimo di quei trentasette minuti. Ed io, ascoltandolo, riscopro nei suoi confronti quella stessa ammirazione assoluta e  intimidita che provai quando, in auto verso Gorizia, inserii per la prima volta "Siamo Morti a Vent'anni" nello stereo. 

Chè certe parole, non si sa come, ti specchiano. Cambiano. Toccano dentro. E Il Cile, con me, è riuscito a farlo di nuovo. Ha dichiarato, a La Stampa, che scrivere  "è quello che so fare, non so fare altro". Posso solo augurargli di non smettere mai. 


sabato 6 settembre 2014

Settimane impegnative.

Il ritorno al lavoro, col suo corredo aggiuntivo di sveglie inopportune e mail a cui rispondere, sarebbe già abbastanza impegnativo di per sè. Ci si aggiungano, nell'ordine: 

- Esibizione di flamenco con sbrigative prove preparatorie, scrocco coordinato di passaggi, panico da "OddioSiamoSoloInTreELeAltreDueSonoMaestre"e devastante spargimento di bottigliette d'acqua ad opera di borse troppo ingombranti. Una ballerina di tango, con fare cospiratorio, mi giurerà solennemente di non dirlo a nessuno. 



 - Uscita di un disco fortemente atteso (se non lo ritenete impegnativo non avete tenuto conto del dispendio di energie causato dalla Somma Esaltazione, dei preparativi per un tour, e dei 48 messaggi giornalieri su Facebook). 

- Idea per un nuovo libro e/o racconto e/o qualcosa che, dopo un intero mese di vacanza, si palesa giusto giusto la sera della Domenica precedente il rientro in ufficio. Stesura febbrile delle prime tre pagine. Frustrazione da mancato seguito. Mal di testa da sovraesposizione allo schermo di word. 

Insomma, capirete che da questa settimana ci esca alquanto affaticata. Contenta, certo. Chè in fondo l'aggrovigliarsi di eventi rende sempre la vita molto meno noiosa. Ma affaticata. Concedetemelo. Così cado in un coma solo parzialmente reversibile da cui riemergo non prima di mezzogiorno. Passo tutto quel che resta della mattinata sotto una di quelle docce che rimbalzano progetti. Mi scollo i capelli dalla brodaglia di gel che ho testa. E finalmente, di tutto questo, posso annunciarvi lo scoppiettante finale: ché stasera, in barba alle nuvole e agli anni passati, torno a presentare la mia #Odissea. L'appuntamento è alle ore 18.00 presso la Sala DelBianco di Staranzano (Go). Vi consiglio di approfittarne: domani è previsto che rientri in quel coma.