martedì 24 febbraio 2015

Una Bologna in più.

I colori dei murales sulle saracinesche abbassate dei negozi. I concerti. I libri. Le chitarre. Le bottiglie di vino ormai vuote. Vino rosso. Vino caldo. Vino che chissà chi ha lasciato in dispensa. Ed oggi brinda anzichè consolare, in questa casa affollata di sacchi a pelo e di risate. Una casa non tua, che sa di universitario ed informale. Di ricordi. Di Domeniche pigre, passate in casa a smaltire le notti. Con la stanchezza bella che ti pesa sulle palpebre e ancora troppa vita addosso per permetterti una resa. Ho visto canzoni rimbalzare tra scritte sulle pareti. Le ho viste disfarsi per le strade solitarie di un mattino ancora aurora. E poi si sono ricomposte a costruirmi addosso mondi nuovi. Certe hanno acquisito più senso, ricongiunte agli scenari in cui sono nate. Altre hanno preso strade opposte, proteggendo come coperte spesse immagini che forse mai sarebbero passate per la mente dei loro autori. Ci sono state quelle che - potenza dei contesti-  hanno sottolineato una volta in più i moniti di una vita. Altre che - mannaggia ai contesti - m'hanno riproiettata dentro a vecchie situazioni. E la misteriosa telepatia dei like sui social network, quella che non avrà mai spiegazione razionale. 

Bologna. Scenario identico per le mie tante vite. Tante che non sembrano nemmeno tutte mie. Eppure mi si srotolano addosso in questa luce gialla, proiettate sui nomi delle vie come un film che non ti stanchi di guardare. Un deja vù. Un filo rosso. Tutte le volte, sempre diversa e uguale. Ma quasi mai senza colonne sonore. 



Cammino. É la Bologna di Cremonini e della me ragazzina, quella che stava in adorazione davanti al portale di via Montegrappa come fosse una reliquia. E si indignava degli insulti sotto casa di una madre. La Bologna dei vent'anni, delle notti brave al Transilvania e al Tonic. Dei materassi appoggiati in salotto e di chi appena si sveglia mentre vai a dormire. La Bologna dei capodanni coi petardi. Delle discoteche care. Del dolore ai piedi. Delle sessioni di shopping con una compagna di corso, l'anno prima di partire per l'Erasmus. Dei Giardini Margherita e delle confessioni davanti a un camerino. É la Bologna degli spettacoli di Flamenco in teatro. La Bologna dei pianti chiusa in bagno quando tutto sembra andar male. E adesso é anche la Bologna del Cile. Delle brioche al pistacchio formato XXL da mangiare a colazione. La Bologna delle quattro di notte per i vicoli stretti, a coltivare amicizie relativamente recenti che però ad ogni distacco sono già malinconia. Lí, con tutte quelle canzoni in testa che valgono piú di mille post. Piú di tutte le foto non fatte. Persino più della disperazione per l'assenza di un concerto qualunque, un concerto di chiunque, in tempi brevi.

Ché tanto a Bologna, se piove, ci sono i portici. 
E a me è sempre sembrato uno stile di vita più che una descrizione. 

1 commento:

  1. è una caratteristica di Bologna!...ti si incolla per sempre..se ci hai vissuto,resterà per sempre,con le sue malinconie i suoi ricordi...non sò,non credo succeda con nessun'altra città...e solo chi l'ha vissuta,può capire....
    Chiara

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