giovedì 30 aprile 2015

Viralità e ansia da prestazione: preludio ai Liebster Awards

22748 visualizzazioni. 49 commenti. Delle condivisioni ho perso il conto ormai da un po'. Da SocialCosa ho sempre guardato alla viralità come alla Madre di Tutte le Conquiste. Il che, se ci si pensa, è buffo. Sì, insomma: nel mondo reale quel concetto ha a che fare con sfoghi rossi sulla pelle, pomeriggi passati ad abbracciare il water, litrate di tachipirina da far fuori come shottini di vodka mentre scaldi un termometro sotto l'ascella. Nella vita di tutti i giorni, quella che non misuri in numeri, la viralità è qualcosa da evitare. Io che i numeri li odio, avrei anche potuto pensarci prima. Per lo meno è questo che mi sono detta, quando la tachicardia ha iniziato a farsi sentire. 




Perchè non sono normale, io. Ve l'ho già detto. L'imprevedibile successo di uno dei miei ultimi post mi ha lasciata interdetta. Impreparata. Contenta, certo, ma con una discreta ansia da prestazione. Ho pensato, davanti ai contatti in aumento, che adesso sarei stata obbligata a scrivere qualcosa di altrettanto figo. Engaging, come dicono i SocialCosi. Mi sono detta che non avrei potuto nè voluto più deludervi. Così ho iniziato a chiedermi cosa vi sareste aspettati di leggere. Cosa vi avrebbe fatti rimanere qui, ora che mi avete trovata. E, niente. Come sempre, sono le troppe domande a distruggere la creatività. 

Se c'è una cosa che il concetto di viralità conserva nel suo passaggio dal reale al virtuale, però, quello è il contatto con le altre persone. Ed è proprio grazie a quel post se ho finito per scoprire, negli ultimi giorni, una varietà incredibile di siti, community e persone interessanti. Gente che, come me, si sente figlia di un altro Paese. Che ci abita, magari, o ci ha abitato. Che lo sente suo anche senza esserci mai stata. Anime che, in tutti i casi, hanno ben più di qualcosa da dire. Ecco: tra loro c'è Nancy, un'italo-spagnola con la passione per il cinema. Ha aperto un blog intitolandolo "Volevo aprire un blog", e di se stessa scrive: "Metto da parte i soldi per poter scappare a Siviglia con l'uomo della mia vita, Colin Firth". Impossibile non trovarla simpatica.





Nancy, rivedendosi nei miei "13 segnali per riconoscere un italiano che ha vissuto in Spagna" mi ha nominata ai Liebster Awards. Per chi non li conoscesse, si tratta di una sorta di catena di S.Antonio (però più appassionante) atta a cimentare le relazioni tra blogger. Il meccanismo è semplice: ti vengono fatte dieci domande; E tu, nel rispondere, sei chiamato a farne altrettante ai dieci blogger che sceglierai di nominare. Autori che segui ed ammiri, o che semplicemente ti senti di consigliare ai tuoi lettori. 

Ho deciso di "accettare la sfida" di Nancy perchè mi è sembrata, in fondo, il miglior modo presentarmi a chi è appena approdato su questa specie di mia confusa isoletta virtuale. Ed è anche un buon contesto, forse, in cui ringraziare tutti voi che in questi giorni avete interagito a vario titolo con me. I vostri messaggi mi hanno ricordato perchè, sul web, quello di viralità non è un concetto negativo. Ma, soprattutto, mi hanno fatto tornare in mente il motivo principale per cui, da ormai così tanti anni, aggiorno il blog. 

Smetterò di farmi domande, ve lo giuro. 
Ricomincerò a scrivere solo perchè mi va. 

Domani, quindi, le mie risposte, le mie domande, e le mie nomination. 

venerdì 24 aprile 2015

I libri più fotografati dagli spagnoli a Sant Jordi

Io l'adoro, la tradizione di Sant Jordi. E lo so che l'introduzione al post rischia di essere la stessa ormai da anni; però ci sono cose che una deve prevedere. Ad esempio, che qualcuno capiti sul blog per la prima volta. Qualcuno che non sappia nulla dell'usanza catalana di scambiarsi rose e libri nella giornata del 23 Aprile. Che ne ignori, magari, le origini miste, a metà tra la coincidenza nella data della morte di due autori e la leggenda di San Giorgio e il drago. Quel drago, sconfitto, avrebbe generato fiori rossi dal suo stesso sangue, salvando la vita ad una principessa. Ieri, in effetti, sarebbe stata la giornata perfetta per ascoltare gli Imagine Dragons. Solo che poi mi avreste rinfacciato (non a torto) l'ennesima tra le mie fissazioni.

Ma amo Sant Jordi, dicevo. E, se c'è un'altra cosa che l'ignaro visitatore saltuario probabilmente ignora, è che non sono mai stata del tutto normale. Così, ho deciso quest'anno di ampliare una ricerca che, se non erro, già avevo proposto. Munita di pazienza, excel, musica a palla e piattaforme ad hoc, ho visualizzato la bellezza di 100 foto postate su Instagram con gli hashtag #SantJordi, #SantJordi2015, #DíaDelLibro e (valga la ridondanza) #FelizDíaDelLibro. Perché? Perché oltre al fatto che non sono normale, volete dire? Niente, ero curiosa di scoprire quali fossero i volumi piú fotografati dagli spagnoli online nel giorno che, tra tutti, piú celebra la lettura.

Ecco cosa ho scoperto. 


I LIBRI 


- Albert Espinosa- El Mundo Azul. Ama Tu Caos

E' Espinosa, che peraltro gioca in casa, ad aggiudicarsi lo scettro di più instagrammato e – probabilmente – più venduto in occasione della giornata del libro. In Italia abbiamo iniziato a conoscerlo in qualità di autore della fortunata serie “Braccialetti Rossi”, per poi ritrovarcelo in classifica con best seller del calibro di "Se mi chiami mollo tutto...però chiamami" o "Bussole in cerca di sorrisi perduti". A Sant Jordi gli spagnoli hanno scelto, per la maggior parte, di regalarsi il suo ultimo lavoro “El Mundo Azul. Ama tu caos”: una storia che in qualche modo chiude la trilogia aperta proprio da Braccialetti rossi e continuata con "Braccialetti Rossi, Il Mondo Giallo". Il romanzo, ambientato in un mondo onirico e fantastico, narra le peripezie di cinque personaggi in lotta per ribellarsi ad una società che cerca di "ordinare il loro caos".


C'è stato, poi, anche chi ha approfittato di Sant Jordi per aggiudicarsi il precedente “Bussole in cerca di sorrisi perduti”, magari scontato o in edizione economica.


- Antoine De Saint Exupery – Il Piccolo Principe

Si sa: fotografare o citare Il Piccolo Principe fa sempre “cool”. Anche quest'anno gli instagrammers iberici non hanno voluto saperne, di togliergli il titolo di volume più esibito al mondo. Eccolo, quindi, sui social network in tutte le versioni ed edizioni possibili.

- Miguel De Cervantes – Don Chisciotte della Mancia

Un altro classico (in tutti i sensi!) delle foto di Sant Jordi. Non che ci sia da stupirsene, del resto: proprio la data della morte di Cervantes, curiosamente identica a quella di Shakespeare, ha fatto sì che si scegliesse il 23 Aprile per festeggiare i libri. Immortalare la propria copia del Chisciotte, quindi, non è tanto una pose o una banalità quando, nella maggior parte dei casi, il modo dichiarato di onorare le origini tutte spagnole della ricorrenza.

- David Martínez Álvarez Rayden – Herido Diario

Sicuramente uno dei maggiori successi letterari dell'ultimo periodo, in territorio iberico, il primo libro del rapper Rayden è apprezzatissimo soprattutto dal pubblico più giovane. Verrebbe da dire che dipenda dalla visibilità mediatica del personaggio, ma – per quanto non ne apprezzi il genere musicale – devo ammettere che Rayden, le parole, le sa usare molto bene. Ben venga, quindi, se un palco e un bel faccino portano le ragazzine a frequentare le librerie.

Herido Diario é una raccolta di poesie presentata come "una vita intera espressa e spalmata nell'arco di un anno con le sue quattro stagioni: la caduta dell'autunno e la sua botta, l'ipotermia dell'inverno e il suo cappotto, il disgelo, l'entusiasmo e l'allergia della primavera e l'estate e il suo distacco".

- Gli altri 

Le proposte più curiose postate a Sant Jordi, tuttavia, stanno secondo me nella quinta posizione ex aequo. Molto regalati e condivisi sono risultati essere, infatti, due volumi un po' insoliti: No sin mi barba di Carlos Suñé e Alfonso Casas e 813. Truffault di Paula Bonet. Nel primo caso si tratta dell'emanazione cartacea dell'omonimo portale di lifestyle maschile, in cui scritti e illustrazioni concorrono a formare quella che viene definita "la prima guida dell'attuale movimento barbuto". Nel secondo, la Bonet rende alla filmografia e alla visione di Francois Truffault un omaggio egregiamente illustrato. 

Molto letti risultano anche Teorema Catherine di John Green e l'immancabile Murakami con “Uomini senza donne”. Incredibile a dirsi, entrambi sono riusciti nel difficile tentativo di superare la sovraesposizione di Coelho, che appare comunque in foto con le copertine di Adulterio e Manuale del Guerriero della Luce.

LE IMMAGINI

Regalo, auto-regalo, lettura in corso o semplice consiglio letterario che fosse, la maggior parte degli utenti (42%) ha scelto di condividere il proprio libro per Sant Jordi limitandosi ad immortalarne la copertina. Il 20% ha, invece, celebrato la tradizione abbinandolo ad una rosa, mentre il 13% si é sbizzarrito con composizioni piú originali e creative. C'é stato, poi, anche chi ha voluto immortalarsi immerso nella lettura (7%) e chi ha approfittato di sconti e promozioni per fare una vera e propria scorta di romanzi: c'hanno anche ragione, vi diró. In fondo, perché limitarsi ad uno solo?!

Segno dei tempi il 5% che ha colto l'occasione per sperimentare la nuova app per i collage di Instagram, e soprattutto quei pochissimi – ma comunque in crescita - che hanno immortalato i libri sui rispettivi kindle.

Per quanto mi riguarda, le mie foto preferite tra tutte quelle che ho avuto modo di osservare sono, peró, sicuramente queste 4:

1. Poesie "stese" in giro per la città di Girona
Una foto pubblicata da Ma Angels (@espiadimonis_cat) in data:

2. I draghetti più dolci del mondo


3. Un collage particolarmente ingegnoso: momenti e ambientazioni diverse, stesso libro.
Una foto pubUna foto pubblicata da Osmar Demanuel Bermúdez (@oz287) in data:
4. San Giorgio, il drago, i libri: Sant Jordi allo stato puro. 

E voi, cosa avete (o avreste volentieri) comprato per la festa del libro?

mercoledì 22 aprile 2015

13 segnali inequivocabili per riconoscere un italiano che ha vissuto in Spagna

Chi ha vissuto in Spagna, inutile, lo sgami subito. Non importa che ci sia stato per tre anni o per tre mesi; certi comportamenti gli restano incollati addosso, che lui lo voglia o meno. É cosí che si rende riconoscibile ai suoi simili: una cricca di accaniti filoispanici col piantino facile che sogna l'importazione del tinto de verano e avverte brividi di sincera emozione ogni volta che qualcuno pronuncia bene “Zara”. Se ancora non li avete identificati, provvedo ad elencarvi i principali:

1. L'italo-spagnolo dice uifi, non uaifai. Non si capisce perchè, la tendenza tutta iberica a “leggere come si scrive” attecchisce meravigliosamente su di noi italiani, quando si parla di connessione wireless. Se vi capiterà di accennarvi utilizzando la corretta pronuncia anglofona, la prima reazione dell'italo-spagnolo sarà con tutta probabilità quella di guardarvi con espressione smarrita urlando contrariato “eeeeehhhh?!”. 



2. L'italo-spagnolo non sa mai da che parte iniziare a baciare la gente. 
In Spagna, i classici due baci di saluto sulle guance si inizia a darli dal lato opposto rispetto alla convenzione nostrana. Risultato: il povero malcapitato qui in oggetto tenderà ad andare controcorrente in entrambi i Paesi, causando testate, imbarazzo, incidenti diplomatici, risse con amanti gelosi e – in pochi, fortunati, casi – l'inizio di una relazione.


3. L'italo- spagnolo si presenta ad ogni appuntamento con almeno quindici minuti di ritardo. Non lo fa apposta. É che se la prende comoda. Fa la siesta. Ha imparato ad odiare lo stress. E, soprattutto, dimentica che i suoi amici in Patria hanno questa fastidiosissima abitudine di intendere davvero le quattro quando dicono le quattro. Come gli verrá in mente, poi. Bah.


4. L'italo- spagnolo, al ristorante, propone sempre di “ordinare vari piatti e dividere”. La filosofia del “compartir” alla base delle tapas, delle medias raciones e di un po' tutta la gastronomia spagnola gli sembra troppo perfetta per venire abbandonata. Anzi, sappiate che ogni vostro “no” gli causerà un'immensa frustrazione.


5. L'italo-spagnolo veste casual. Cioè, casual è un eufemismo. Diciamo che, dell'apparenza, non gliene frega proprio alcunchè. Il Credo che lo muove è: perchè spendere soldi in abiti firmati e costosi quando puoi usare quei soldi per viaggiare? E soprattutto: perchè qualcuno dovrebbe giudicarti per i tuoi vestiti? Così  compra tutto da H&M, Berska, Cinesi (anzi, chinos!) e, tutt'al più, qualche mercatino qua e là. Gli uomini li riconoscerai dai jeans consunti e le t-shirt. Le donne dalle stampe floreali, i colori accesi e i rossetti rossi che tenderanno ad abbandonare progressivamente man mano che si riadattano al clima modaiolo italiano. Con un bel po' di sospiri ogni qualvolta apriranno l'armadio.




6. L'italo-spagnolo dà del tu a chiunque. 
In Spagna si è abituato a farlo con professori, funzionari pubblici e possibili datori di lavoro, rendendosi conto che ogni rapporto – in questo modo – riusciva ad essere più naturale. Perchè dovrebbe smettere, ora?





7. L'italo-spagnolo si lamenta costantemente del prezzo di alcol, concerti e beni alimentari. 
Sopportatelo. Anche se è la ventitreesima volta che vi ripete che con lo stesso prezzo, in Spagna, faceva la spesa per due settimane. O che un litro di Mojito al suo baretto di fiducia costava la metà di 'sta roba annaquata qui. Quando non glielo offrivano aggratis (se è una donna), chiaro.


8. L'italo-spagnolo regge l'alcol che è una meraviglia. 
Per la ragione, vi rimando al punto precedente. Tranquilli, però: dategli un paio di mesi a ritmi e costi italici e tornerà perfettamente normale.



9. L'italo-spagnolo ama la birra. 
La scienza non è ancora stata in grado di spiegare cos'abbiano di tanto speciale le cañas spagnole, ma sembrano in grado di produrre dipendenza anche tra gli individui piú insospettabili. Magari prima di partire non la bevevano mai. Al ritorno, invece, é l'ordinazione fissa come accompagnamento ad ogni pasto. Se potessero, ci farebbero anche colazione.

10. L'italo-spagnolo non si fa mai mancare patate, uova e olio nella sua cucina. 
Li considera, infatti, il trittico fondamentale alla preparazione del 90 per cento dei pasti. La loro assenza basterà a mandarli in crisi.



11. L'italo-spagnolo va in depressione se piove per più di tre giorni di filadiventando un essere assolutamente apatico e rompicoglioni in grado di stuzzicare i peggiori istinti omicidi del prossimo. Nota bene: vale solo per chi ha vissuto alle Canarie o in Andalusia.

12. L'italo-spagnolo riconosce uno spagnolo autoctono al primo sguardo
, e non sa dirti perchè. Di solito avrebbe anche voglia di correre ad abbracciarlo, ma (ringraziando il cielo) si trattiene.


13. Ora che l'hanno importato in Italia, 'italo-spagnolo vivrebbe al 100 Montaditos
, custode imperituro di buona parte dei suoi ricordi migliori. Che, ovviamente, non esiterà a condividere in ogni minimo dettaglio con voi che l'accompagnerete. Ignoratelo annuendo a fasi periodiche, come si fa coi matti.


Vi riconoscete, cari i miei filo-ispanici? Avete qualche altro segnale inequivocabile da aggiungere? Dai, non fate i timidi: tanto lo so, che ho sicuramente dimenticato qualcosa!  

lunedì 20 aprile 2015

Quello che ho fatto negli ultimi quindici giorni (o del perchè mi perdo sempre Aprile)

É tornato il periodo piú confuso dell'anno. Quello che ti sfugge tra le dita.

I ragazzi bivaccano in piccoli gruppi, i piedi sospesi nel vuoto, seduti ai bordi del molo audace. Cacofonia di stereo accesi, bottiglie di birra mezze vuote, gli sguardi spensierati verso il cielo. Mi rivedo in loro, avida come sono di questo primo sole. Dei pomeriggi all'aria aperta. Della vita che, di nuovo, sembra sgorgare dopo l'inverno da una fonte troppo a lungo ostruita. C'è un tizio elegante, in Piazza Unità. Riarrangia Viva la Vida dei Coldplay con il solo ausilio di un violino. E, senza alcuna ragione apparente, io mi sento davvero felice.

Aprile se lo perdono tutti, da Sabina in poi. Lo ricordo ogni anno, perchè ogni anno è più vero. Si accumulano i bip sul cellulare, raddoppiano i treni da prendere verso orizzonti comunque rinnovati. Dormi poco, o se non altro meno del dovuto, la testa troppo piena di progetti per far posto a un calendario da gestire. Benvenuta Primavera. Benvenuta alla Speranza che si fa stagione.

Negli ultimi quindici giorni, se mai ve lo steste chiedendo (e capisco che sia interessantissimo), sono successe un bel po' di cose.

Ad esempio, ho dato sfoggio del mio ormai ineluttabile spanglish intercalando con “bueno”, “entonces” e “también” ogni singola frase pronunciata in inglese. Ho litigato con le palpebre cercando di evitarlo in macchina. Convenuto, una volta per tutte, sul fatto che restare sveglia su di un mezzo di trasporto in movimento, se fuori è buio, va contro natura. Ancora, ho dimenticato di spegnere il termosifone prima di dormirci accanto, quando fuori imperava una ventina di gradi. Ho sperimentato con (spero) molto anticipo le vampate della menopausa. Rievocato il Terral nel luglio di Málaga. Brevettato il Maxi-Phon definitivo. Fatto un giro all'inferno per decidere di comportarmi bene. Ma tanto poi aprivi la finestra, e c'erano quei tetti. Con tutti quei camini. Con tutto quel sapore di favola e bon ton. C'erano le montagne, a far loro da cornice. E allora tutto poteva anche andarmi bene. 




Ho scoperto, negli ultimi quindici giorni, che Grenoble è una piccola Parigi incastonata tra le Alpi. Che qualsiasi indicazione, lì, può essere riassunta nel “seguire i binari del tram”. Che non importa in quale Paese tu sia cresciuta: se sei nata negli anni '80, sotto al coperchio di un piatto raffinato, ti aspetterai sempre e comunque di trovarci il granchio della Sirenetta.



E poi ho preso un treno. Ho varcato il confine. Guardato il verde farsi sempre più intenso appena superata Bardonecchia. Ho assaporato un gusto d'altri tempi in una vecchia cabina telefonica dismessa ma tenuta bene. Ho visto il Monte Bianco. Ho visto ponti a metà tra i cantieri infiniti dell'Expo. Ho comprato la cena in una sottospecie di take away bio, pensando che un posto così potrebbe esistere soltanto a Milano. 





E allora ho fotografato il Duomo, sotto un cielo che non credevo potesse essere così azzurro. Mi sono vergognata della frangia spettinata in una città sempre troppo perfetta e frenetica. Chè i passanti muovono l'aria, nel loro correre tra i corridoi della metro. Anche di Domenica. E, nonostante tutto, trovano comunque il tempo di badare a te. Dove per “badare” intendo scansionarti con occhio critico, col probabile fine di individuare le tracce di ghiaia depositate sull'orlo del pantalone nero. Una città da ansia da prestazione. Da insicurezza cronica. Assurda nei suoi pseudo “caffè letterari” in cui un antipasto può costarti 40 euro. E tu ti chiedi se lo sanno, che i veri letterati è già tanto se hanno i soldi per arrivare a fine mese. Poi sono tornata a casa. Ho ribadito che comunque può essere bella, a modo suo, persino lei. Che può esserlo l'Italia, che lo è il mondo intero. Ho sognato teletrasporti. Come il peggiore dei drogati, ho già avuto di nuovo voglia di partire.

Ed ho ospitato, invece. Condiviso chiacchiere e risate con un'altra viaggiatrice. Ho visto furgoni in panne e gelate improvvise cercare di mandare a monte – e non riuscirci – un progetto covato da mesi. Ho mangiato dolcetti siciliani. Mi sono rallegrata per un evento riuscito. Mi sono innamorata di una vecchia macchina da scrivere Underwood. Sentito la gente passarci davanti e dire “Frank”.



Mi sono arrampicata, infine, sulla salita impervia per San Giusto, scovandoci dettagli di street art . E, sapete che c'è? Ho saputo meravigliarmene. Ho saputo apprezzare la bellezza di un tramonto da cartolina, di quelli con il sole fatto a palla, appoggiata sulla spalla di James Joyce. 

E' stato il giorno di quei ragazzi sul Molo Audace. Il giorno in cui ho capito che Aprile me lo perdo perchè mi distraggo a forza di essere felice. 





mercoledì 15 aprile 2015

Coscienze Accese.


I fanclub, in qualche strano modo, riflettono il carattere dell'artista che ammirano. É stata la prima cosa che ho pensato quando, ormai tre anni fa, ho iniziato a frequentare la community de Il Cile. É lì che ho conosciuto Angela, tra le mie troppo accurate selezioni di vocaboli e una marea di riflessioni culturali. All'epoca viveva a Los Angeles, e questo mi bastava a renderla interessante da morire.

Poi sono arrivate le chat di gruppo. I forum. I weekend ad Arezzo. Sono arrivati i tavolini di un bar di Cremona, le cheese cake al bar della stazione, i chilometri macinati a piedi (che "assottiglia il girovita") in direzione Artefiera. Ci sono stati, ancora, i 'antucci tra i colori di un mercato di Firenze, i vicoli stretti alle quattro di notte nel cuore di un'Emilia più che mai da canzone. Ne è nata un'amicizia, una di quelle belle. E adesso anche una mostra d'arte contemporanea.

Ché Angela, oggi, studia per diventare curatrice d'arte all'Accademia di Belle Arti di Bologna. Ha la curiosità di chi viaggia molto. L'entusiasmo determinato di chi insegue una passione. E ha accettato di metterli al servizio della collettiva di artisti che il prossimo Sabato 18 Aprile, alle ore 18.30, inaugurerà alla Galleria d'Arte La Fortezza di Gradisca d'Isonzo. Ha fatto tutto lei: ha selezionato alcuni tra i più promettenti studenti dell'Accademia, ha studiato con loro il percorso critico e l'allestimento, si è occupata della (bellissima!) immagine coordinata, ha richiesto ed ottenuto il patrocinio dell'istituzione. Il risultato è Coscienze Accese, un compendio di generi e stili che rivendica anche nel titolo le sue profonde radici musicali. Quello di coscienza accesa è infatti un concetto teorizzato da Gino Stefani proprio nel mondo delle sette note. “É uno stato di coscienza dilatata, alta, profonda”, scriveva, dove “si rivelano e sperimentano i potenziali umani […] abitualmente contenuti da convenienze e convenzioni”. Applicabile ad ogni altro ambito della creatività, lega i lavori di Barbara Baroncini, Debora Cavazzoni, Jessica Ferro, Con.Tatto e Daniele Pulze per il modo stesso di intendere l'arte: uno strumento critico di comprensione ed interpretazione della realtà. Un approccio, questo, che a me, personalmente, sembra voler dire “ehi! ci siamo!”; Saremo pure giovani, ci sarà pure toccato vivere in un mondo che ci strappa di dosso le illusioni con la stessa semplicità violenta di una ceretta all'inizio dell'estate; ma sappiamo ancora creare, sappiamo ancora pensare. Le nostre menti sono adesso più che mai al lavoro.






Per Angela Coscienze Accese è la prima occasione importante di mettere a frutto l'esperienza accumulata in anni di studi e di stage. Per gli appassionati d'arte, è un modo per scoprire cosa si sta cuocendo tra le mura delle istituzioni didattiche. Per me, l'ennesima dimostrazione che la musica - o una passione condivisa, una qualunque - può incrociare le strade della gente per dirigerle verso qualcosa di bello. Che Internet porta anche connessioni ed opportunità, oltre che fredde dipendenze di selfie e foodporn, o insulti di estranei a 140 caratteri al colpo. E che in fondo è bellissimo, quando ritrovi un po' di te nell'anima collettiva di un agglomerato di fan.

Se volete scoprire di più su Coscienze Accese, trovate e troverete tutte le informazioni qui.







venerdì 10 aprile 2015

Direzione Grenoble.

C'è un che di inquietante, nel modo in cui la montagna si appoggia agli edifici di Grenoble. La cinge, quasi a proteggerla da chi non ritiene abbastanza degno di lei. E' questo, per lo meno, ciò che scorgo nelle foto. Rituale pigro di ogni pre-partenza, come leggere la trama prima di guardare un film. Non lo so che cosa mi aspetta, in questi due giorni di arte, ovovie e trasporti pubblici transnazionali. So che, a Grenoble, fanno la birra aromatizzata alle noci. (e scusate se è poco!). So che c'è un excursus termico in grado di mettermi in crisi al momento di fare la valigia. E so che ogni viaggio, a me, ingrassa il cuore.





Quest'anno il Destino, nel girare il mappamondo, sembra aver abbondato in destinazioni francofone. Prima di raggiungere la prossima, come in un altro mio rituale pigro, ci tenevo a salutare.

Ci si rilegge tra qualche giorno. Con molte cose in più di cui parlare.




mercoledì 8 aprile 2015

“Vestitini” Reloaded: a volte ritornano.

Passare la Pasquetta in un centro commerciale é considerato da molti un peccato mortale. Probabilmente hanno ragione. Anzi, mi prodigo in mea culpa. Se volete, valuto anche l'ipotesi della flagellazione. Però faceva freddo, accidenti. E sono sempre stata contraria all'ibernazione come forma di tortura. Per quale motivo, poi? Raggiungere il coma etilico fingendo sia una gran figata? Inzaccherarsi i jeans sulla riva dell'Isonzo per mostrare a tutti la tua completa inettitudine nelle discipline sportive? Naaa. Meglio, molto meglio, maledire H&M per le gravi minacce apportate ai tuoi risparmi dal lancio della linea Coachella (leggi OH MIO DIO. Leggi VOGLIO. Leggi AAAAAAAAAAAAAHHHHH!) . Provarsi tutte - e dico tutte!- le corone di fiori. Dedicare occhi a cuore alla bandiera spagnola affissa fuori dal negozio Desigual. Magari innamorarsi non corrisposta di un abito che costa quanto un biglietto aereo andata e ritorno per Madrid;  Chessò, completare l'outfit per uno dei prossimi concerti con l'acquisto di una canotta a righe che “fa taaaanto Pescao”. Morale: il delirio consumistico mi ha fatto tornare in mente la vecchia abitudine di creare outfit ispirati alle copertine dei dischi spagnoli e italiani. Così, giusto per restare in tema di rubriche poco apprezzate. Ecco. Io, in realtà, quegli outfit ho continuato a crearli. Certo, li ho condivisi su Pinterest e Polyvore, anziché qui. Ma, a perdite di tempo di tale livello, capirete che non potevo rinunciare. Per questo, con l'approssimarsi della bella stagione, mi è sembrato giunto il momento di ripescarne un paio. Chissà che non troviate anche voi l'ispirazione per rinnovare l'armadio. O, quantomeno, per rimpolpare le vostre playlist.

Ah: il titolo si deve ad un commento che mi era stato fatto all'epoca dinnanzi al mio entusiasmo per questa rubrica molto fescion. Del tipo: “nooo, ancora 'sti post coi vestitini!”. Quindi capirò se mi vorrete picchiare.


L'ho nominato. Potevo non cominciare dal look ispirato alla copertina del suo ultimo album solista? Direi di no. Arancione sgargiante, cuori, colori e il tocco in più: la borsa con il collage di foto, proprio come nell'artwork di Ultramar.



Music Inspired!







Cremonini, lo sapete, è una delle mie poche certezze. In attesa del nuovo, inaspettato, album in uscita a Maggio, vi ripropongo la trasposizione in indumenti del suo Logico: binomio azzurro/rosso, dettagli viola e decori rigorosamente geometrici. Da accompagnare a un bicchierino di Greygoose.






Vi sconsiglio vivamente di andare in giro con le ali. Il resto dell'outfit sulla copertina dell'ultimo ed omonimo cd di Rosario, però, può essere una proposta da non sottovalutare per l'estate. Imprescindibili stivaloni da cowboy, shorts, cintura e bracciali etnici. Quanto al dettaglio angelico, potete sempre trasferirlo sugli orecchini. O sostituirlo – se ne avete il coraggio – con questa specie di (boh?) coprispalle piumato.



Music Inspired - Rosario






Questo è l'anno della Martínez. O, almeno, lo é per me. Alcune tra le sue hit accompagnano i miei esercizi di riscaldamento alle lezioni di flamenco, guadagnandosi un posto di rilievo anche tra le mie playlist. Adiós a España, per esempio, ha il potere di inondarmi gli occhi di lacrime. L'outfit ispirato al suo ultimo lavoro conserva l'essenza flamenca nella gonna lunga, ricreando i fiori e i colori della copertina. Chi mi conosce non avrà neanche bisogno di leggerlo: è, tra tutti, il mio preferito.

Music Inspired! - India Martinez, Dual [Spain]








A voi, invece, quale piace di più?