sabato 26 novembre 2016

Il giorno che hanno acceso le luci.


Ci sono momenti, anche se rari, in cui ti senti orgogliosa di te. 

Se appena un anno fa mi avessero detto che avrei fatto la guida turistica, parlato in pubblico a gruppi di persone, e che per giunta - chi, io?- l'avrei fatto in inglese, mi sarei messa a ridere di gusto. 
Guardatemi ora, invece. Dico sul serio, guardatemi: avrei voluto urlarlo, Giovedì, alla fermata dell'uno. Il mio primo food tour mi aveva lasciato addosso quel tipo di stanchezza ovattata che ancora adesso associo agli esami. Persino il sole, ribelle alle previsioni, sembrava scappato alle nuvole solo per aiutarmi nello scopo. 

Mercado de Atarazanas


Era partito tutto da una telefonata, meno di ventiquattro ore prima.
Avevano detto che potevo prendermela comoda. Avrei fatto un giro di prova per i capi, senza impegno, quando sarei stata pronta. Mi avrebbero dato del materiale scritto da studiare, mi sarei esercitata con la pronuncia camminando sù e giù nel salotto di casa.

Poi, all'improvviso, un rumore melodico mi squarcia il vuoto e i piani. Se te la senti. Domattina. Dicci tu.
L'altra me, quella che viveva nel Remoto Nord Est, si sarebbe fatta prendere dal panico. Avrebbe declinato l'offerta, rimandato, addotto qualche bizzarro tipo di scusa.
Invece ho detto sì. Senza pensarci. Senza avere neanche il tempo o le forze di preoccuparmi un po'. Ho letto il pdf alle sei di sera, in piedi, mentre mangiavo una banana. Dieci minuti scarsi tra un post di lavoro, un questionario, la lavatrice e il corso di flamenco. In mezzo ai dolori acutissimi del primo giorno del ciclo. Lo "studio" è consistito nella ripetizione mentale di un paio di concetti alle due di notte, già distesa sul letto, prima che un sonno più simile al coma lo interrompesse dopo tre minuti. 

Eppure è andata bene. L'ho fatto. E la felicità di quella donna giapponese davanti a un piatto di paella non è stata in fondo che il riflesso della mia.

Perchè, lasciatemelo dire, io sono questa. Lo ero e lo sono di nuovo. Sono una che si butta nelle situazioni. Che improvvisa all'ultimo minuto. Una che chiacchiera di gusto con le signore sull'autobus o gli autisti che escono a fumare.  Sono una che in una giornata, come sedendosi su una valigia colma, riesce a far entrare più vita di quella che avrebbe creduto possibile. Ed è questa l'Ilaria che mi piace: quella che un giorno, dal nulla, si mette in testa di rispolverare l'inglese; e in poco più di un anno, senza corsi e libri di grammatica, riesce in qualche modo a parlarlo - facendosi capire - per tutte le tre ore di un tour gastronomico.

In fondo è soprattutto per questo che sono venuta qui: perchè quella persona l'avevo smarrita. Perchè sapevo che in nessun altro posto al mondo l'avrei saputa ritrovare. 

Calle Larios, Alumbrado de Navidad


Nel giorno del Ringraziamento, opportuna come quasi mai, mi sono sentita grata a me stessa. E quando é scesa la sera, seduta a un tavolo con delle altre italiane espatriate, ho brindato ai cambi di vita sentendo che nessun altro mi avrebbe mai capita così. Sono una di loro, adesso. Una di quelle trentenni che mi sono sempre parse straordinariamente coraggiose.

Quelle che mollano certezze, amici e posti fissi solo per cercare di essere un po' più felici. E fanno scelte avventate, irrazionali ad occhi altrui, spinte soltanto dall'amore di un luogo che per motivi insondabili sentono essere casa. Perchè "si vive una volta sola". Perchè "se una situazione non ti piace devi muoverti e provare a cambiarla". Perchè mentre le amiche che si sposano e fanno figli, tu che non hai legami devi darti una mossa a cercarti un posto nel mondo. Avrai il ruolo di quella che nei romanzi chick-lit è l'amica del cuore spiantata e indipendente, che poi è sempre il personaggio che ami di più.

Quelle ragazze, come me, sanno cosa vuol dire vivere mille vite in una. Sentire il tempo dilatarsi, e poi restringersi, e poi andare in un senso tutto suo. Ché tutto é più accelerato, qui. Tutto ti scivola addosso più veloce, compresi i sentimenti, il dolore e la nostalgia. Eppure, allo stesso tempo, ogni singola emozione è mille volte più intensa, forse perchè sa di dover vivere compressa in un istante che darà il meglio di sè. Vivere qui, vivere all'estero, è abituarsi al vuoto di un'eterna mancanza, sospesa tra doppie identità. É voglia di casa, polenta, pasta al dente. Ma anche smarrimento quando poi ci torni, e scopri l'impazienza di tornare.

Hanno acceso le luci di Natale, a Málaga, Giovedì. E il cuore gonfio di musica e scintille, all'ultimo bicchiere di Moscatel, mi é sembrato sul punto di esplodere di gioia. 

Albero di Natale in Plaza de la Constitución


1 commento:

  1. sei fantastica,come lo è questo straordinario post!BRAVA BRAVISSIMA!!!!!KIT

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