martedì 9 maggio 2017

La mia top 5 dell'Eurovision Song Contest

Ok gente, sono ufficialmente entrata in clima Eurovision. Il che non vuol dire solo spettegolare sui vestiti ma anche monitorare i social di Gabbani con frequenza da stalking, guardare il red carpet in differita mentre ceno, emozionarmi come una bimba per le prove generali e - soprattutto - stilare una lista delle migliori canzoni. Nel giorno della prima semifinale, mentre la mia vena ultras è ormai del tutto fuori controllo (ho una bandiera nel cassetto, fossi in voi mi preoccuperei) queste sono ufficialmente le mie preferite: 

1. Italia

Perchè Francesco deve vincere, punto. Non è solo questione di pseudo-patriottismo: è che penso sinceramente, dopo averle ascoltate tutte, che la sua sia la miglior canzone in gara. La scenografia coloratissima vista alle prove è un valore aggiunto. 

Video ufficiale: 



Prove: 



2. Ucraina

Gli unici portavoce del rock all'Eurovision si meritano già di per sè tutto il mio supporto. Alle prove sono stati forse un po' penalizzati nella prima parte del brano, ma poi si sono ripresi alla grande. Devono molto (forse troppo) ai Muse, però sono pura adrenalina. Io già li amo alla follia. 

Video Ufficiale:


Prove: 



3. Cipro 

É il secondo anno di fila che Cipro si insinua nella mia top 5 eurovisiva: forse dovrei seriamente indagare un po' più a fondo nella cultura musicale del luogo. Ad ogni modo Gravity è orecchiabile e accattivante, con quel po' di sonorità etniche che non guasta mai. Medaglia di bronzo. 

Video Ufficiale: 



Prove: 





4. Azerbaijan 

Epica. A tratti mi ricorda vagamente la prima Elisa, quella della mia sempre venerata Labirinth. La messa in scena vista alle prove, però, secondo me è un po' troppo teatrale e può avere l'effetto opposto di penalizzarla. Un pezzo così non ha bisogno di orpelli e distrazioni. 

Video ufficiale:



Prove:

5. Francia

Uno di quei brani freschi, allegri ed orecchiabili che ti si insinua in testa e non ti molla più. Unico appunto: lei che era tanto ben vestita nel video ufficiale (nella mia pagella glamour su Euromusica le avevo dato addirittura 9!) si presenta alle prove con quel vestito improponibile. Cioè, porquoi? 

Video Ufficiale: 




Prove: 





Infine, concludo con due menzioni d'onore. La prima va alla mia Spagna, che ha obiettivamente una canzone bruttina, ma ti basta ascoltarla due volte per ritrovarti a canticchiarla per i quattro giorni successivi; e in fondo anche questo è un merito. La seconda all'Austria, non solo perchè il tizio è di origine triestina, ma anche perchè ha un sorriso contagioso che te lo rende subito simpatico (qui le sue prove). 

Buon Festival a tutti, e comunque vada Panta Rei. 

venerdì 5 maggio 2017

Feria de Abril Last Minute

"E se andassimo alla Feria di Siviglia?"


Inizia tutto così, nei corridoi di un centro commerciale. Attorno a noi, abiti flamenchi d'alta sartoria sono esposti come opere d'arte su piccole piattaforme disseminate qua e là.
Guardo Alice un po' interdetta. Voce incerta. Poi, senza voler pensarci oltre, dico sì.



Sono giorni strani. Giorni a mille. Giorni di rientri e di deadline. Di case da cercare, di tacchi battuti in mezzo a una tragedia greca. Di vento forte, pioggia, e poi di nuovo estate, all'improvviso. Perchè Málaga, se vuole, sa essere bipolare più di me. 

Mancano meno di quarantott'ore a quel viaggio improvvisato. E in fondo dovrei capirlo da subito che qualche danno lo combinerò. Invece torno a casa saltellando entusiasmo, mentre farnetico frasi sconnesse in un un messaggio vocale al mio supporto in loco.

Per tutta risposta, Nancy mi parla dell'amica di un'amica; Sì, chessò, forse una tizia francese in Erasmus. Le ha dato il numero di una signora che vende abiti flamenchi per un prezzo ridicolo. Dai 30 ai 60 euro l'uno, roba che neanche noleggiandoli pagheresti così poco. "Se la chiami" - dice - "Vedrai che ne ha ancora". Detto, fatto. Dopo avermi rimbalzata a un altro numero, la voce femminile al di là della cornetta mi dà appuntamento per Domenica ("Puntuale che ho da fare!") in un negozio che aprirà solo per noi. 

Sembra tutto facile. Tutto bellissimo. Non fosse che trovare un posto in cui dormire con così poco anticipo si rivela ben presto un'impresa titanica. Il giorno della vigilia, dopo aver consultato tutti i siti possibili e immaginabili, ho ormai quasi del tutto perso le speranze. In preda alla disperazione, con l'ansia aggiuntiva di dover consegnare un articolo entro un'ora, prenoto in un posto che si rivelerà poi essere un paesino senz'anime sperduto nel nulla. In montagna. In fondo ad una strada coi tornanti. A quasi 50 minuti dal centro città. 

Quando inizio a rendermi conto dell'immensità della cazzata, un messaggio della banca mi impedisce di annullare la prenotazione. Inutile dire che le mie compagne di avventura non mi affideranno mai più nessun compito che richieda maggiori responsabilità del disporre in modo grazioso i piatti di un ristorante per scattare una foto. Anzi, forse neanche quello, perchè effettivamente potrei romperne uno. 

Comunque, quel che fatto è fatto. Le autostrade del Sud, coi loro spazi sterminati e le distese verdi, sanno risvegliarti di inconsueta allegria anche se hai dormito quattro ore. Al posto degli autogrill ci sono le posadas dove una signora di poche parole e tanti lamenti ti serve café con leche e cibo casereccio intanto che passano la messa in tv. Attorno giusto due vecchietti. I bagni di azulejos. E i paesini bianchi, arroccati sulle colline, che scandiscono le tappe del percorso per ricordarti quanto ami l'Andalusia. 



All'appuntamento ci arriviamo con più di un' ora di ritardo, già pronte al pubblico linciaggio da parte della tipa dei vestiti. Ma è andalusa pure lei; e come tale ci accoglie con un sorriso che per quanto mi sforzi continuerà sempre a sembrarmi incredibile. "No pasa nada", ripete mentre ci chiede come sia andato il viaggio, prima di aprire le porte del mio Paradiso. 

Dentro è un'overdose di colori. Le pareti traboccano di abiti di ogni taglia e foggia. Un tripudio di volant, fiori e pois con cartellini del prezzo di sole due cifre. Ben presto il bagno adibito a camerino si riempie di quintali di stoffa e urletti di meraviglia. É tutto un viavai dagli appendini allo specchio, tra giubbotti lasciati in giro per la fretta di provare e scatti da mandare a parenti e fidanzati. 



Ad ogni uscita, le proprietarie del negozio ci circondano per completarci il look con gli accessori giusti. Ci danno consigli. Ci spiegano come portare il mantoncillo. E a me d'un tratto sembra di capire cosa provano le spose. Alla fine scelgo un abito sui toni dell'arancione e fucsia, strettissimo, che mi mette di fronte a problemi di cui le flamenche non parlano mai. Tipo: come diavolo fai a fare pipì nei bagni pubblici con un vestito del genere? Tirare sù la gonna è complicatissimo, e spogliarsi integralmente ogni volta non mi sembra una via percorribile. Poi, come puoi piegarti? E più importante di tutti: com'è possibile salire il gradino del bus con l'aggravante di un paio di bicchierini? Complicao. 



Però ne vale la pena. Oh, eccome. Di quel vestito mi innamoro a tal punto che quando mi propongono le scarpe coordinate a tre euro non ci penso sù due volte. Mi accorgo subito che il tallone batte sulla parte posteriore, ma decido che in certe circostanze un po' di sofferenza si possa tollerare.

Spoiler: mi sbaglio. Dopo 5 minuti mi ritroverò con i piedi ricoperti di vesciche. Dopo 10 sanguinerò. Alle dieci di sera dalle mie scarpe arancioni spunteranno quattro strati di fazzoletti bianchi piazzati ad hoc per ridurre l'attrito. All'una e mezza di notte mi stravaccherò in una caseta, scalza, a gorgogliare di piacere mentre lancio i tacchi a quindici centimetri di distanza sognando di non rivederli mai più. Alle quattro del mattino camminerò come una specie di pinguino zoppo sulle braci ardenti, con le lacrime agli occhi, valutando segretamente la possibilità di accasciarmi a dormire sul marciapiedi pur di non dover camminare più. 

Comunque, rewind. Sto per pagare il mio prezioso vestito quando una delle due proprietarie del negozio scopre del nostro sgangherato alloggio in montagna. "Siete pazze? Non c'è niente lì! É lontanissimo!". Prende talmente a cuore la nostra situazione che inizia a telefonare a mezzo mondo pur di trovarci una stanza in centro. Poi, siccome non ci riesce, spegne il telefono risoluta: "Niente, dormirete da me". Alice ed io ci guardiamo un po' incredule. Non abbiamo il coraggio di dirle che ci sarebbe una terza persona che arriverà in serata. E sono abbastanza sicura che entrambe, in questo preciso istante, abbiamo il dubbio di essere capitate in un film. 

Seguiamo la donna fino ad una casa stupenda su tre piani, dove ci sistema in un divano letto matrimoniale con tanto di terrazzino privato. Non contenta, ci aiuta persino a prepararci. E, quando Alice trova senza difficoltà un ostello in centro a Laura, penso che questo film abbia addirittura il lieto fine. 

La Feria, poi, è come me l'immaginavo. Il ritmo delle sevillanas risuona senza sosta ovunque, condannandoti a trascinartelo in testa per i quattro giorni successivi almeno. Rispetto a quella di Málaga le ragazze sono molto più fashion. La sensazione è che qui non basti vestirsi flamenca, ma si debba farlo seguendo le tendenze di stagione. Gli occhi, posati di striscio gli uni sui vestiti delle altre, sembrano parlare di approvazione e scarti, in una sorta di competizione taciuta per il miglior outfit da postare online.

Per quanto mi riguarda li passo in rassegna tutti, ammirata come se fossi ancora alle sfilate di Febbraio. Rispetto a quanto visto in passerella non è tanto il giallo il colore protagonista ma l'azzurro, con una netta predominanza delle stampe floreali. Naturalmente continuano ad andare alla grande anche i toni classici del bianco e del rosso, mentre chi vuole distinguersi punta spesso su volant e intarsi multicolor. 





Le poche donne in abiti civili indossano in più di un caso pantaloni a zampa d'elefante con le balze laterali, per portare comunque un po' di feria con sé. 

Mentre le carrozze passano e l'ennesima coppia volteggia nell'ultima pasada, respiro una Spagna che è adesso ed è passato insieme. Una Spagna che è sempre. Che vive con tutto il suo cuore e la sua anima la magnificenza unica delle sue tradizioni. E che io, anche per questo, sento di amare ogni giorno di più. 




Questo sì: al rebujito preferisco il cartojal. Ma suppongo che tutto non si possa avere.